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- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina. Vi consiglio di seguire lo spettacolo in omaggio a Pino Daniele al Teatro Savio di Messina il 12 e13 gennaio . Serata indimenticabile

Con interpteti d' eccezione, potrete gustare i migliori brani e canzoni del repertorio d' eccellenza del cantante partenopeo scomparso.

- di Maria Vadalà -

Al Palacultura Antonello da Messina il 6 Gennaio 2019 ha avuto inizio la 98a Stagione concertistica della Filarmonica Laudamo con il Coro polifonico “Luca Marenzio” diretto dal M° Carmine Daniele Lisanti che ha eseguito l’Oratorio “Il Diluvio Universale” di Michelangelo Falvetti secondo l’edizione critica di Nicolò Maccavino. E’stato un evento musicale di grande rilievo perchè dopo secoli di oblio l’opera del musicista calabrese, Maestro della Cappella del Senato di Messina nel 1682, composta su libretto di Vincenzo Giattini e il cui unico manoscritto si trova nella Biblioteca Regionale di Messina, è stata riportata alla luce grazie all’impegno profuso dal M° Carmine Daniele Lisanti, docente presso il Conservatorio “F.Cilea” di Reggio Calabria. “Il Diluvio Universale” è un melodramma spirituale con la struttura dell’opera lirica diviso in quattro sezioni: Cielo, Terra, Il Diluvio, L’arca di Noè. L’opera fa tesoro delle teorie seicentesche sugli affetti ed è caratterizzata da tecniche imitative che danno vita ad un’imponente teatralità sostenuta da un’ intensa espressività. Il musicologo Fabrizio Longo colloca questa composizione fra le opere della Controriforma perchè coniuga le maggiori tendenze del 1600: il teatro e la propaganda cattolica. Si tratta di una perla preziosa del repertorio secentesco che racchiude un articolato dialogo dell’orchestra con il coro ed i solisti che interpretano i quattro elementi: Acqua, Aria, Terra e Fuoco, la Giustizia divina, Noè e la moglie Rad, Dio, l’Humana natura e la Morte. Il pubblico ha molto apprezzato l’interpretazione dei solisti: Alessandra Foti e Santina Tomasello (soprani), Caterina D’Angelo (contralto), Angelo Quartarone (tenore), Simone Lo Castro (controtenore), Daniele Muscolino (basso). Ha impreziosito l’esecuzione la partecipazione dei Cori “Piccoli cantori di Barcellona P.G.” diretti dal M° Salviana Miano e le ”Note colorate” del M° Giovanni Mundo. L’organico strumentale dell’Ensemble “Orpheus” con l’impiego di strumenti storici ha contribuito a ricreare una magica atmosfera secentesca: violini barocchi (Fabio Lisanti e Gianfranco Lisanti), flauti diritti (Alessandro Nasello, Piero Cartosio), viola da braccio (Renato Ambrosino), viola da gamba (Nereo Luigi Dani), violoncello barocco (Pier Paolo Maccarrone), contrabbasso (Rosario Riso), tiorba e chitarra barocca (Silvio Natoli), organo (don Giovanni Lombardo), percussioni (Mariagrazia Armaleo).

 

 - di Marcello Crinò -

Forse il Duomo di Santa Maria Assunta di Pozzo di Gotto era stato da poco completato quando il calabrese Reverendo Michelangelo Falvetti componeva la musica de “Il Diluvio Universale”, eseguito per la prima volta nel Duomo di Messina nel 1682 in occasione del suo insediamento come Maestro della Real Cappella della Città di Messina. Il manoscritto, conservato nella Biblioteca Regionale di Messina, è stato studiato per la prima volta dal musicologo e violinista messinese Salvatore Longo, che nel 2001 ha pubblicato l’edizione critica.

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Quest’opera sacra, un “Dialogo a cinque voci e cinque strumenti”, su libretto di Vincenzo Giattini, è stata eseguita nel Duomo di Pozzo di Gotto sabato 5 gennaio 2019, riscuotendo un grandissimo riscontro di pubblico, nonostate si tratti di un lavoro barocco, con strumenti d’epoca, molto lontano dai gusti musicali correnti, ma ben apprezzato dai veri cultori della musica e del canto. L’edizione critica seguita dal direttore Carmine Daniele Lisanti, che altre volte abbiamo visto dirigere a Barcellona, è quella curata da Nicolò Maccavino pubblicata a Reggio Calabria nel 2002.

L’evento è stato organizzato dalla Filarmonica Laudamo, dall’Associazione Mutamenti Liberi, da Armonie dello Spirito e dall’Associazione “Luca Marenzio”, con il patrocinio del Comune di Barcellona e l’organizzazione artistica curata dalla professoressa Annamaria Puliafito, che ha introdotto il concerto, fornendone le coordinate tecniche, e precisando che si tratta di uno straordinario lavoro riemerso dopo tre secoli di oblio, in prima esecuzione assoluta per la provincia di Messina. Presenti per l’Ammnistrazione Comunale l’assessore Nino Munafò e il consigliere Melangela Scolaro, nonché Padre Santo Colosi che ha concesso l’uso del Duomo.

“Il Diluvio Universale” è la prima opera di grandi dimensioni scritta a Messina e possiede la struttura dell’opera lirica con quattro piccoli atti: In Cielo, In Terra, Il Diluvio, In l’arca di Noè. scritta in siciliano volgare tardo barocco e prevede voci e strumenti che all’epoca erano in uso nella cappella messinese.

Carmine Lisanti ha diretto l’Ensemble di strumenti antichi “Orpheus” (violini, viola, viola da gamba, violoncello, contrabbasso, tiorba, chitarra, flauti, fagotto, organo e percussioni), tre cori: “Luca Marenzio”, “I Piccoli Cantori” (direttore Salvina Miano), “Note Colorate” (direttore Giovanni Mundo), e sei cantanti: Caterina D’Angelo (La Giustizia Divina), Angelo Quartarone (Noè), Alessandra Foti (Rad, moglie di Noè), Daniele Muscolino (Dio), Santina Tomasello (La natura Humana/l’Acqua), Simone Lo Castro (La Morte).

Un plauso!

 6 gennaio 2019

 

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Salerno. Quando le luci natalizie sono luci d'artista, si aggiunge incanto e fascino alla magia del Natale. E' il caso delle lights of art di Salerno in cui l'artista, architetto delle luci di Parigi e del noto boulevard di Champs Elysees, non solo illumina strade vie e viuzze della città  campana ma ne interpreta i luoghi, rafforzandone identità  e memoria storica. Il tema era il mare tra miti e leggende, infatti meduse di luci cangianti accompagnavano il nostro cammino tra delfini guizzanti  in blu e onde che si confindevano con il cielo dando l impressione di essere in fondo al mare e poi le cascate di luci che scorrevano dalle conchiglie a ricordare la famosa conchiglia iacopea e il cammino verso Santiago di Compostela ed ancora l'acquario luminoso  che occupa un'intera piazza, quella dei mercatini dell'Epifania. In particolare, affascina e conquista il Tempio di Poseidone, la scena è immaginata dall'artista immersa nell'acqua, sul nostro capo le onde del mare...il tempio d è  attornoi luci d'oro sorge attorno alla fontana di bronzo dei delfini guizzanti...il fatto di Nettuno Dio del mare come un carro di renne si tinge dei colori del mare, attirando mille fotografi e mille selfies...

E poi fuori giganti e tanti cuori sormontati dai limoni  ...un prelibato pranzo o una ottima pizza da Capri di Umberto Scermino con mille piastrelle di Vietri sul mare...e un soggiorno al b&b Salerno o all'hotel Plaza alla stazione centrale in prossimità del corso principale, renderanno il vostro soggiorno unico ed indimenticabile...trasformandovi in bambini sulla ruota incantata, alta 60 metri da cui si gode uno spettacolo incomparabile sulla costiera.  Anche con la nevicata della notte del 4 gennaio ...tutto è  un piccolo e vero sogno da provare...per credere.

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- di Marcello Crinò - 

Nella giornata dedicata alla presentazione della nuova stagione del Teatro Mandanici si è parlato nuovamente del musicista Placido Mandanici nel Foyer del Teatro a lui intitolato, per fare il punto sulle ricerche in corso, che hanno portato a importanti scoperte biografiche. Dopo i saluti del sindaco Roberto Materia, è intervenuto l’esperto del Sindaco professor Gaetano Mercadante, che ha intrapreso questa ricerca sul musicista barcellonese nei vari archivi parrocchiali e civili di Castroreale e Barcellona. Ha ha mostrato documenti inediti, precisando che sono in corso altre ricerche parallele e autonome da parte di altri studiosi, in corso di pubblicazione. Tutti quelli che si occuparono di Mandanici negli anni Sessanta s’interessarono soprattutto di raccogliere le musiche del Maestro, ma tralasciarono, pur avendo avuto contatti con i discendenti che vivevano a Roma, di approfondire la vicenda biografica e familiare. Vicenda in parte svelata dalla monografia di Gioacchino Grasso, pubblicata nel 1991 assieme alle lettere di Mandanici rintracciabili negli archivi. Da queste si evince che la moglie era Carolina Duchot (emerge anche dal certificato di morte stilato a Genova nel 1852) e i figli si chiamavano Paolo e Giovannina. Anche Salvina Miano, nel libro sulla storia del Teatro Mandanici, pubblicato nel 2011, approfondisce alcune questioni biografiche, riportando la lettera di trasmissione dell’unica foto di Mandanici al Comune di Barcellona da parte del nipote colonnello Barresi Mandanici nel 1930. Ma adesso, con le ultime ricerche, il colpo di scena: dai documenti d’archivio si apprende che Mandanici si sposò a Napoli nel 1832 con Domenica Stracuzzi, e nel 1833 nacque la prima figlia, Giovannina. Questa figlia si sposerà poi a Napoli con Francesco Carlo Barresi, figlio di Rosario Barresi (forse lo stesso Barresi primo librettista di Mandanici per il melodramma Argene), e fratello dell’allora famoso violinista Giuseppe, ricordato nelle cronache del tempo e in diversi libri e mai messo in relazione con Placido Mandanici. Del figlio Paolo invece non si riesce a trovare nulla. Dalle lettere di Mandanici pubblicate da Gioacchino Grasso si evince che probabilmente studiava canto o musica, ma gli archivi tacciono. Così come tacciono sulla figura di Carolina Duchot, probabilmente amica o amante di Mandanici, e non seconda moglie, visto che la Stracuzzi sopravvisse al marito e fu presente alle nozze della figlia a Napoli.

Dopo Mercadante è intervenuto brevemente l’autore di questa nota, per mostrare le varie fonti bibliografiche storiche che hanno tracciato la biografia mandaniciana, che a questo punto dovrà necessariamente essere aggiornata.

Un importante intervento è stato fatto dal signor Eugenio Aimi, che fu componente del Comitato Mandaniciano degli anni Sessanta, il quale ha rievocato la sua attività, consistita soprattutto nel recuperare in fotocopia le musiche di Mandanici custodite a Milano, oggi in possesso della locale Biblioteca Comunale. Ha spiegato pure che il Comitato entrò in crisi nel momento in cui alla presidenza fu nominato un politico locale e non un esponente del mondo culturale.


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La presentazione della stagione del Mandanici è stata curata dal segretario generale Lucio Catania, dirigente dell’ufficio cui è stata affidata la gestione organizzativa del Teatro. Il primo spettacolo sarà il musical “Dirty Dancing” il 26 gennaio; il 16 febbraio sarà la volta del Balletto di Milano con il “Bolero” di Maurice Ravel; il 16 marzo l’operetta “Al Cavallino Bianco”; il 16 aprile sarà la volta di Enrico Ruggeri. Infine la chiusura della prima parte della stagione, che ripartirà a ottobre, con lo spettacolo autoprodotto dal Mandanici, “D’Artagnan e i tre moschettieri”, curato da Sarà Neri, direttore dei laboratori teatrali che inizieranno questo mese, il quale ha spiegato le caratteristiche dello spettacolo che coinvolgerà giovani attori, musicisti, coreografi, scenografi.

 

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Catania. Si è  conclusa  poco prima di Natale, la mostra d'arte di Rizzorco che ha riscosso notevole successo, presso la Galleria d'arte Civita 28 di Catania, vernissage il 9 dicembre.

RIZZORCO ha presentato le sue grandi opere coloratissime e surreali, metafisiche ed evocatorie di quella migliore produzione pittorica di Salvador Dali'. Rizzorco si nutre di messaggi metaforici, profondi e a volte anche in contrasto con le sue  accese Nuances, narra  anche storie di una triste Storia; pertanto, quasi  ritroviamo,  una  sorta di ipallage carducciana,  in trasposizione pittorica, nei suoi accesi contrasti. La mostra da me presentata è  stata introdotta da Angela Vasta.il titolo?Orizzonti perduti che si rifaceva al  libro Orizzonte perduto di Hilton e parafrasava il noto testo di Franco Battiato : La stagione dell'amore. Nelle opere di RIZZORCO la dimensione onirica domina incontrastata la scena pittorica, fantasia e sogno trovano il loro spazio nello spazio canonico, anche se esiguo e insufficiente, della tela, affermando  così la spiccata personalita del pittore siciliano.

- di prof. Giuseppe Rando -

Premessa:

Vogliamo tentare di fare, ognuno di noi, complice l’atmosfera natalizia, un quadro quanto più veritiero della nostra amata – senza meno – città?

Veritiero – si badi – e non già vero in assoluto (solo al Padreterno si potrebbe fare una proposta simile), bensì nel senso di plausibile, convincente, cioè fondato su fatti documentati o documentabili. Un quadro che sia, in altri termini, estraneo a certa sottocultura messinese (“buddace” per definizione, cioè parolaia, impressionistica, velleitaria, astratta, provinciale, quando non fascistoide, paramafiosa ecc.) e del tutto incline, invece, alla cultura europea, che su basi greco-latine, cristiane e sull’Empirismo – cioè sull’esperienza come base della conoscenza – degli illuministi si fonda.

Perché dovremmo? Ma è ovvio: perché la conoscenza è amore e non c’è amore senza conoscenza: lo sapeva già Adamo. Perciò se il nostro “quadro” (anche un rapido schizzo), nasce dalla conoscenza, cioè dall’amore – non dal risentimento, dal preconcetto, dalla chiacchiera, dalla vuota impressione, dal rancore, dall’invidia, dal curtigghiu ecc. – e incrementa la conoscenza effettiva di Messina, è un atto d’amore verso la città dello Stretto, conforme allo spirito del Natale che è la festa dell’amore (di dio per gli uomini e degli uomini per Dio e per il prossimo). Si aggiunga che solo la conoscenza di un male (diagnosi) propizia la cura giusta (terapia), laddove ignorando la presenza e/o l’eziologia del male, non esistono terapie salvifiche: si muore (toccando ferro). Perciò, se fai a una persona cara una diagnosi esatta del suo o dei suoi mali, in vista di una terapia salvifica, vuoi il bene di quella persona, la ami. E noi, Messina, per l’appunto, la amiamo.

Nulla toglie – è anzi auspicabile – che, alla fine, quando avremo raccolto un centinaio di “quadri” (o “schizzi”) di Messina, li si metta insieme, con un minimo di regia, e li si pubblichi in un volumetto collettaneo che si potrebbe intitolare Quadri veritieri della città dello Stretto dalla prima repubblica ai nostri giorni.

Vediamo, dunque, di cominciare: comincio io che, per natura marinaresca e per cultura accademica, sono vissuto a contatto sia con gli strati bassi, popolari della scala sociale di questa provincia sia con i vertici (culturali, politici, economici, religiosi) della società messinese.

Intestazione sito 2017

1.A) Un vescovo antimassone e vicino ai migranti.

 

Calogero La Piana

 

Calogero La Piana, salesiano di Riesi (provincia di Caltanissetta), già vescovo di Mazara del Vallo, fu nominato Arcivescovo di Messina-Lipari e Santa Lucia del Mela da papa Benedetto XVI, nel 2006, ma si fece apprezzare da tutti gli uomini di buona volontà, tre anni dopo, quando lanciò una clamorosa accusa contro la massoneria messinese: «È ora – disse in quello storico intervento – che Messina finalmente si liberi dalla cappa massonica che la opprime». Incredibile, mai sentita, sotto le volte austere e perlopiù silenziose, se non sussiegose, del tempio, una così esplicita, attuale, anticonformistica, antimassonica denuncia. Ma quel che più sorprende è che, nel decennio successivo, l’arcivescovo La Piana non ritornò più sull’argomento né prese più posizione ufficialmente contro ingiustizie e/o errori della classe dirigente messinese. Si fece risentire nel 2014, un anno prima delle sue inattese dimissioni del 26 settembre del 2015, quando aprì le porte della chiesa di San Francesco dell’Addolorata, sul Viale Boccetta, a cinquecento migranti che erano sbarcati a Messina e che il sindaco Accorinti non sapeva dove collocare: un segno di accoglienza cristiana che è poi diventato abituale nella chiesa, dietro la spinta evangelica e umanitaria di papa Francesco.

Certo, l’arcivescovo La Piana non legò mai con i messinesi (nemmeno i cattolici più ferventi lo seguirono nelle sue azioni meritorie contro la massoneria e a favore dei migranti). Se ne andò amareggiato, malato e deluso, inseguito per giunta da accuse infamanti di arricchimenti improvvisi, di dissesto finanziario della Curia, di rapporti omosessuali con un medico benefattore dell’arcidiocesi. Le accuse furono riconosciute false e infondate, nel 2017, dal tribunale di Milano, che ha sottolineato «la volontà scandalistica» del giornalista del settimanale “L’Espresso” che aveva sollevato il caso. Ma tant’è.

1.B) Un vescovo ausiliare stimato e convincente.

 

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Al discusso La Piana succede, dopo due amministratori apostolici (Antonino Raspanti e Benigno Luigi Papa), il 20 ottobre 2016, il siracusano Giovanni Accolla, già parroco di Siracusa, che pare avviato a un ministero accorto, felpato, non dissimile da quello di tanti suoi predecessori. Suscita invece aspettative di rinnovamento, nel solco della migliore tradizione cattolica, Monsignor Cesare Di Pietro, da poco nominato arcivescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Messina- Lipari-Santa Lucia del Mela: parla la lingua diretta di un intellettuale culturalmente aggiornato (è entrato in seminario dopo avere conseguito la laurea in giurisprudenza) e sa toccare il cuore – e non solo l’anima e l’intelligenza – di chi lo ascolta

1.C) Preti “francescani”.

Si assiste, da un trentennio circa, alla proliferazione, nella chiesa cattolica messinese, di preti – parroci di città e di campagna – che si direbbero conformi al modello anti-impiegatizio del sacerdozio, dapprima riproposto da Giovanni XXIII (il papa buono, il papa contadino, quello della carezza ai bambini), ma ribadito e intensamente professato da papa Francesco: «I pastori stiano accanto alle pecore, ricerchino quelle disperse e ne conservino gli odori; siano preti di strada, e non di salotto, dentro una chiesa simile ad un ospedale di campo; curino molto l’accoglienza, la misericordia, l’attenzione dei fedeli (anche con prediche brevi), sulla scorta di Gesù che non si parlava addosso, ma modellava il suo discorso sul livello culturale e mentale dei suoi uditori, utilizzando appunto la limpida, secca figuratività della parabola».

Chi scrive ne conosce alcuni di questi parroci – quello della sua parrocchia (di San Gabriele), quelli delle parrocchie viciniori (di Paradiso, di Santa Maria dell’Arco- Porto Salvo, dell’Annunziata), quelli della Riviera Nord e quelli di villaggi collinari, frequentati perlopiù in estate – ma è presumibile ne esistano tanti altri in città e in provincia: è giusto che vengano ricordati da chi li conosce.

Non si avverte in città la presenza attiva – lo era fino ai primi anni Novanta – dell’associazionismo cattolico: pare addirittura scomparsa, per il grosso pubblico, l’Azione Cattolica. Laddove, svolgono una funzione viepiù meritoria i cattolici impegnati nel volontariato (nella “Caritas”, per esempio).

 LA POLITICA. L’ECONOMIA E LA SOCIETÀ

 A) Politici messinesi.

 Gaetano martino

Messina ha avuto, nella prima repubblica (1948-1992), uomini politici di rilievo nazionale: basti pensare a Gaetano Martino (liberale), a Nino Gullotti (democristiano), a Salvatore D’Alia (democristiano). a Nicola Capria (socialista) a Gia Bottari (comunista), a Antonio Mazzarino (liberale), a Giovanni Davoli (MSI), e, in ambito regionale, a Luciano Ordile (democristiano), a Paolo Piccione (socialista), a Salvatore Natoli (repubblicano), a Pancrazio De Pasquale (comunista). Non sarebbe inopportuno che di questi – e di altri – si cominciasse a storicizzare l’attività: c’è spazio e lavoro per molti, se non per tutti.

Nella seconda repubblica, la pianta politica messinese pare essersi inaridita, almeno per quel che riguarda l’affermazione di personalità di rilievo nazionale: sembrava dovesse rinnovare i fasti dello zio, Nino Gullotti, il popolarissimo Gianfranco Genovese, ma è naufragato nel mare del sottogoverno, cambiando, alla fine, casacca; senza capitomboli di tal fatta ma senza le impennate clamorose d’antan è stata la parabola di Nanni Ricevuto, l’unico politico messinese della prima repubblica che sembra tuttavia resistere allo smacco del tempo e del mutato clima politico. Nella seconda repubblica, ha tenuto alto il nome di Messina, presso la Regione Sicilia, Giovanni Ardizzone.

Nell’ambito dell’amministrazione comunale, dopo i fasti della prima repubblica, c’è stata una marea di sindaci scoloriti (tutti per lo più di centrodestra o di destra tout court). Tra tanti, si ricordano solo, per qualche tratto difforme e per qualche buona idea realizzata, Franco Prudente, cattolico di sinistra del PPP (L’Ulivo), Renato Accorinti, battitore libero di sinistra, e l’attuale Cateno De Luca, un vero outsider. Ma senza un risveglio generale della cittadinanza indolente, non c’è «cagione» «a bene sperar».

2. B) Imprenditori messinesi

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Prima della crisi del 1998, si erano segnalati a Messina alcuni famosi imprenditori nel campo dell’edilizia pubblica e privata, nonché qualche commerciante famoso (Piccolo) e qualche famoso pasticciere (Billé) e/o gestore di bar (Irrera). Brillava la stella di Rodriguez e della sua fabbrica di Aliscafi. Erano fiorenti le aziende del Caffè Torrisi, del Caffè Barbera e del Caffè Miscela D’Oro, nonché la ditta Baviera per la produzione e la vendita di candele. Prosperavano bottegai rinomati, librai, edicolanti, gestori di pizzerie, trattorie, fotografi ecc. Si potrebbe fare una lunga galleria di ritratti dei vari protagonisti dell’imprenditoria messinese d’antan: diamoci sotto.

Oggi, acquistata nel 2004 da Colaninno (e sparita da Messina) la Rodriguez Cantieri Navali, entrata in crisi l’edilizia, restano operativi, sul terreno economico, nella città, solo il Caffè Barbera e il Caffè Miscela D’Oro, i pasticcieri, i gestori di bar, di supermercati, di pizzerie, di trattorie e gli affidatari di spiagge demaniali. Sono in calo i librai e gli edicolanti. Resiste, insomma, azzoppato. il solito macroscopico terziario: le déluge o quasi.

2. C) Poveri Cristi

 

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Sono scomparsi quasi del tutto i pescatori; sopravvivono pochi contadini e artigiani. I disoccupati toccano percentuali paurose. Aumentano, da un lato, i giovani migranti (al Nord o in altri Paesi europei) in cerca di lavoro e, dall’altro, i giovani «mammolini» che vivacchiano nella casa paterno-materna, fino a quarant’anni e oltre.

È un campo sterminato e apertissimo per “quadri” o “schizzi” conoscitivi.

 LA CULTURA ACCADEMICA, Il MONDO DELL’ARTE E DELLA COMUNICAZIONE

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Qui occorre, a scanso di equivoci, un’avvertenza preliminare: l’Università di Messina è un locus amoenus, perlopiù abitato da persone colte, simpatiche e intelligenti che lavorano con impegno, anche se non sempre i risultati pareggiano gli sforzi. Ma – si sa - la perfezione non è di questo mondo. Si muove tuttavia un serio addebito, tra pochi altri, al mondo accademico messinese: la pratica diffusa del criterio arcaico-corporativo-massonico, secondo cui «i panni sporchi si lavano in famiglia» e nessun professore ha titolo (e libertà) di denunciare, a fin di bene, aspetti negativi, anche macroscopici, del sistema vigente. Sicché si finisce col sottacere, in difesa implicita dello status quo, anche qualche limite oggettivo e documentato della struttura: per esempio, l’ultimo posto occupato da Messina nella nazionale Valutazione della Qualità della Ricerca Scientifica (Vqr). Solo al Magnifico Rettore è concesso di derogare da tale prassi: lo ha fatto, qualche anno fa, lodevolmente, il Rettore Navarra.

. Nemmeno per l’ironia o l’autoironia pare ci sia spazio tra i maggiorenti dell’Università peloritana, a differenza di quanto accade tra i politici e gli amministratori della città: Luciano Ordile, già presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana in quota DC, lo dimostra ampiamente: ogniqualvolta ripete una battuta di Andreotti sulla «fame» dei democristiani scoppiano gli applausi. Al contrario, per molti, seriosi inquilini degli orti accademici, «tout va bien, madame la marquise», anche quando qualcosa va male (con tutto il rispetto per la marquise). E viene in mente, per converso, l’autoironia e il sarcasmo di quel grande, vero maestro che fu Giuseppe Petronio (mai del tutto convinto della bontà del sistema), il quale, di fronte ai giovani studiosi che si agitavano in occasione di un concorso a cattedra, chiosava: «Ognuno dei commissari porterà in cattedra il suo asino o quello imposto dall’alto».

D’altra parte, sulla stampa nazionale non mancano denunce di clamorose défaillances dell’Università da parte di autorevoli professori universitari e/o di giornalisti accreditati: per restare ai nostri giorni, si vedano gli articoli di Roberto Esposito, decente di Filosofia Teoretica alla Scuola Normale Superiore di Pisa («Già l’Università italiana, nel suo complesso, con qualche eccezione, versa in condizioni pietose […]. Collocata in basso – anche qui con le note eccezioni –nella classifica di tutti i rating internazionali […].») e di Elena Cattaneo, professore ordinario di Farmacologia all’Università degli Studi di Milano, su “Repubblica” e l’editoriale di Galli della Loggia sul “Corriere della Sera” («Il principale titolo di accesso è diventato essere figlio di: nelle università, nei vertici delle professioni, nel giornalismo, nell’alta burocrazia, nella magistratura, nella diplomazia […]»).

C’è, dunque, da temere che i modi civili, liberi, costruttivi di una cultura moderna e democratica non abbiano ancora attecchito del tutto nella maggiore sede culturale della Città dello Stretto.

Valga per tutti il caso di un mio caro collega messinese, mite, estroverso, cultore dell’amicizia e defensor della dignità umana in ogni tempo e luogo, nonché fautore del merito e della trasparenza, vero anti-modello rispetto al cliché del professore universitario raccomandato e/o figlio di papà (si vanta di avere lavorato da solo, seguendo cento «maestri cartacei», in mancanza di un maestro in carne e ossa a Messina, di non aver mai portato la borsa ad alcuno e di non essere imparentato con politici o con baroni accademici): gli si riconosce, peraltro, su scala nazionale e internazionale, di avere «rivoluzionato», con i suoi «saggi innovativi», la ricerca scientifica nel suo settore disciplinare, talché potrebbe costituire uno dei fiori all’occhiello dell’ateneo messinese, ma è stato definito «nemico dell’Università» e quindi «sgradito all’Università di Messina», per avere levato un grido di dolore, sulla stampa locale e nelle sedi competenti, contro l’ingiustizia clamorosa di studiosi insigni, abilitati alla docenza universitaria, con montagne di libri pubblicati da Olschki, e costretti a fare i professori in scuole medie della provincia o i camerieri a Londra per sopravvivere, mentre all’Università – complici la prassi baronale e la crisi politico-economica – si vivacchia con le supplenze gratuite e con i salti da un settore disciplinare “minore” a uno “maggiore”.

Tra parentesi: la ritorsione gli è venuta da un suo collega, non proprio eccellente sul terreno scientifico ma in auge nell’organigramma del potere accademico, che forse aveva la coda di paglia. Né alcuno del suddetto organigramma, nonostante la denuncia reiterata e indignata del mio collega («Io ho onorato – e onoro – l’Università di Messina»), ha mai smentito il suddetto accademico paramafioso.

Ora, noi siamo consapevoli di tutto ciò, ma amiamo l’Università e vorremmo dare il nostro contributo al rinnovamento effettivo. Perciò procediamo, come sempre, con onestà e saggezza, sulla via della critica costruttiva: non diventeremo mai reticenti né tampoco complici del malaffare. Ovunque si annidi.

 3. A) Professori universitari di ieri.

 

Salvatore pugliatti

Messina è stata, per certo, una sede universitaria prestigiosa – una delle più prestigiose – nel corso dei secoli. E, certamente, dopo la caduta del fascismo e l’avvento della democrazia, ha mantenuto, per almeno un trentennio, altissimi livelli di eccellenza, riscuotendo consensi sul piano nazionale e internazionale.

Anche il grosso pubblico ricorda professori come Pugliatti, Falzea, Panuccio, Mazzarino, Tramontana, Cotroneo, Lombardi Satriani, Silvestri, per citare i primi che vengono in mente, i quali hanno impresso il segno della loro scienza e della loro personalità nel settore disciplinare di appartenenza, facendosi apprezzare in Italia e all’estero.

3. B) Professori universitari di oggi.

 Giuseppe Rando

Oggi, nell’Università di Messina, tolto Michele Ainis (che ha certamente scavalcato i confini degli “orti peloritani” per le sue innegabili competenze di costituzionalista ma soprattutto per le sue notevoli capacità giornalistiche) e qualche altro, non si evidenziano, nella stampa nazionale o internazionale, nella saggistica e nelle riviste specializzate, personalità di spicco e/o emergenti, come se un livellamento generale (in basso) abbia appiattito a livelli liceali – cioè di pura trasmissione dei saperi codificati – i docenti universitari della città dello Stretto (là dove non mancano professori liceali, che surrogano addirittura, con loro ricerche, certe deficienze universitarie). Il che sarebbe, peraltro, conforme, senza determinismi di sorta, al contestuale decadimento della vita politica, sociale e culturale della citta, ma anche allo scadimento generale dell’Italia della seconda e della terza repubblica. Quadro, forse pessimistico, ma tant’è. Spetta, comunque ai miei amici di FB, modificarlo, ribaltarlo o confermarlo.

Resta da affrontare il tema della formazione superiore e degli esiti lavorativi delle lauree nella città dello Stretto, ma lascio volentieri il campo agli interventi di altri e degli studenti o ex studenti soprattutto.

Per la completezza dell’informazione, ci sarebbe, infine, da spendere più di una parola sulle non poche vittime messinesi del sistema universitario: uomini e donne frustrati nelle loro aspettative e costretti a una subalternità avvilente, non solo o non tanto per scarso impegno: meno di uno su mille, purtroppo, ce l’ha fatta e dietro i fasti degli ermellini c’è un lazzaretto di dolori. Ma sarà per un un’altra volta o per altri “quadri” di amici di FB.

3. C) Artisti messinesi

Il vertice della poesia è stato raggiunto a Messina, nel Novecento, da Salvatore Quasimodo, nato a Modica ma cresciuto tra Messina e Roccalumera, premio Nobel per la letteratura nel 1959, che con l’apporto significativo dei suoi amici Salvatore Pugliatti, Giorgio La Pira, Raffaele Saggio ha praticamente ricostruito le basi culturali della città dopo il terremoto del 1908, ridando il senso e la gioia dell’appartenenza ai messinesi.

Con Quasimodo e dopo Quasimodo, hanno tenuta alta la bandiera della poesia messinese il barcellonese Bartolo Cattafi (1922-1980), il palermitano-orlandino Lucio Piccolo (1903-1969) e la monfortese Iolanda Insana (1937-2016): primazia della provincia, si direbbe.

C’è anche una dimensione messinese (mediterranea) nella poesia di Maria Luisa Spaziani, che – auspice Antonio Mazzarino – ha insegnato Letteratura Francese nella Facoltà di Magistero (poi Scienze della Formazione) per più di trent’anni. Ma Messina ha anche goduto per più di trent’anni della presenza dell’autore reale del romanzo Le notti di Mosca, lo studioso Pietro Sveteremich, primo traduttore in italiano del Dottor Zivago, che ha insegnato Letteratura Russa, grazie alla solerzia del preside Mazzarino, per più di trent’anni nella locale Facoltà di Magistero, poi Facoltà di Scienze della Formazione, dove, in quegli stessi anni, insegnarono docenti del calibro di Vuolo, di Ricci, di Merker, di Alatri, di Formigari, di Spini, di Ambrogio, per citare i più famosi. Gli anni di questa “piccola Atene” nel cuore dell’Università di Messina meriterebbero, invero, di essere adeguatamente ricordati da qualcuno degli amici di FB.

Notevoli risultati hanno conseguito sul terreno della poesia dialettale il ragusano (ma messinese d’elezione) Vann’Antò, pseudonimo di Giovanni Antonio Di Giacomo, che morì a Messina nel 1960, e Maria Costa, scomparsa di recente, quasi novantenne nel 2016 (era nata nel 1926 in una casuzza di pescatori sulla spiaggia di Paradiso, da cui non si allontanò mai).

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Nella narrativa, hanno raggiunto livelli di notorietà nazionale, in questi ultimi lustri, Nadia Terranova, Guglielmo Pispisa e Giorgio Di Giovanni.

È molto ricco di personalità prestigiose il vasto campo della pittura e della scultura messinese del Novecento: vale a stento la pena di segnalare, tra tanti altri, Antonio Bonfiglio (1895-1955), Giuseppe Migneco (1908- 1997), Bruno Samperi, Luigi Ghersi, Ernesto (Dimitri) Salonia, Biagio Cardia, Abate Alfio, Abate Giuseppe. È auspicabile che si pubblichino, su FB, in questa sede, profili su profili delle decine di pittori e scultori messinesi contemporanei che hanno guadagnato o vanno guadagnando consensi su scala nazionale.

Nel mondo della musica pop, hanno raggiunto il successo nel 1969 i «Gens» con la canzone In fondo al viale, scritta dal cantautore messinese Salvatore Trimarchi (originario di Monforte S. Giorgio), divenuta un successo internazionale e rimasta nel cuore (e nelle orecchie) dei sessantottini locali. Ma s’intravedono cantanti e gruppi pop-rap molto interessanti di origine messinese: chi li conosce più da vicino ne può parlare, in questa chat di FB.

Come in altre città dell’Italia meridionale, si assiste poi, a Messina, in quest’ultimo ventennio, alla crescita considerevole dell’associazionismo culturale e alla contestuale proliferazione di poeti e di gruppi poetici. Il fenomeno ha aspetti certamente positivi, ma anche qualche risvolto negativo su cui sarebbero necessarie indagini più approfondite: spazio, dunque, ai volenterosi cronisti di FB.

3. D) Operatori messinesi nel campo della comunicazione

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Non sono mancati e non mancano, a Messina, giornalisti della carta stampata e della televisione che hanno oltrepassato i confini provinciali e regionali: basti penare a Giuseppe Loteta, decano dei giornalisti viventi. Così come non difettano conduttori televisivi o radiofonici degni di attenzione. Volti e nomi di prestigio ha pure dato Messina al cinema nazionale: si pensi ad Adolfo Celi e a Lorenzo Crespi. Ma il più famoso messinese dello schermo è, senza dubbio veruno, Nino Frassica. Un paragrafo a sé potrebbe costituire la ricognizione delle attività sportive – e segnatamente del calcio – a Messina dalla prima repubblica ai nostri giorni: gli sportivi di FB hanno mano libera. Anche in questi settori si aprono, comunque, autostrade per chi voglia costruire profili o medaglioni di messinesi insigni dell’ultimo settantennio.

DEDUZIONI CONCLUSIVE E PROVVISORIE

Dopo questo veloce – e non esaustivo – sguardo panoramico, verrebbe fatto di dire che la città di Messina attraversi uno dei periodi più bui della sua storia: priva di industrie e di ogni altra attività produttiva, appassisce e invecchia inesorabilmente (pare che trentamila giovani tra i 18 e i 35 anni abbiano abbandonato la città nell’ultimo decennio), riducendosi, sul piano turistico, a un’anonima (nonostante le sue incredibili bellezze naturali ed artistiche) via di transito verso località siciliane più rinomate; la cultura langue in uno stato di abbandono provinciale-parassitario-impiegatizio (qualche speranza di ripresa suscitano i giovani  narratori, i pochi poeti non pleonastici, i pittori e gli scultori emergenti); la fiaccola della passione politica pare del tutto spenta; luci intermittenti vengono, a tratti, dal mondo dello spettacolo e della comunicazione. È meno fosco, invero, il quadro della chiesa cattolica messinese che, nonostante il freno di molti cattolici conservatori, pare muoversi all’unisono con papa Francesco, unico leader, dopo la caduta delle ideologie, capace di indicare percorsi di rinascita non solo religiosa ma anche etica, civile, politica, alla luce della riscoperta e attualizzazione del messaggio evangelico. Ma la città rinascerà – se rinascerà – solo dal basso: ha poco da sperare dalle élites e dagli scialbi, insignificanti protagonisti della classe dominante.

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina. Interpreti d'eccezione come avete letto nella locandina pubblicata ieri sul nostro giornale. Un cantante allievo del noto tenore Bevacqua, Gravina che con katia Bevacqua  e Elvira Marsico e l ' eccellente band, hanno tradotto una serata charity in una serata d' eccellenza, con una scelta di brani tra i più famosi  al mondo che hanno regalato al pubblico ore di intenso e vero spettacolo. Ottimi i musicisti  d' eccellenza come il pianista Fabio Catalano e i componenti della jazz band. Un plauso vada alla presidente Ammi  avv De Domenico  per avere organizzato

unitamente al suo direttivo, una serata indimenticabile per la magica atmosfera prodotta. Leo Club, Generali e Ammi in una produttiva azione sinergica, hanno  offerto un valido contributo a coloro che vivono con il disagio della disabilita, della diversita'. Inoltre, l Ammi ha istituito un Premio Eccellenze siciliane, il cui primo premio della prima edizione è andato a Salvo La Rosa, presente certamente all'evento. Erano presenti, come si nota nella foto, i rappresentanti dei Clubs services e dello sponsor Generali, il past president Ammi e il prossimo presidente che vediamo a destra di Salvo La Rosa. A condurre la serata Letizia Lucca. Presenti numerosi giornalisti tra i quali Italia  Ciccio' Moroni .

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