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 - di M.C. -

Il 25 marzo è scomparso a Rio de Janeiro in Brasile, città dove viveva, il dottor Sebastiano Cambria, nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1936. Già ordinario di Neurochirurgia dell’Università di Messina, aveva lavorato nella clinica di Neurochirurgia di Padova e nell’importante clinica di Neurochirurgia  dell’Ospedale La Salpitrier di Parigi, dove aveva svolto attività di ricerca nell’ambito di progetti ministeriali e del CNR.

La notizia della sua morte, diffusasi in città attraverso i social media, e ripresa dal quotidiano locale, è stata poi “ufficializzata” dai necrologi con i quali si annunciava la sua scomparsa e la Messa in suffragio nella Basilica di San Sebastiano il primo aprile. Lascia la moglie Terezinha, i figli Filippo e Vincenzo, la sorella Angelina.

- di Marcello Crinò -

E’ stato un incontro emozionante quello di sabato 1 aprile all’Università della Terza Età di Barcellona, nel corso del quale è stata rievocata la figura di Carlo Meucci, figlio di Antonio (1808-1889), inventore del telefono. La serata è stata infatti incentrata sulla ricostruzione della vita di Carlo, vissuto anche a Barcellona Pozzo di Gotto, e sepolto a Patti, dove è morto nel 1966.

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Tutto prende le mosse dal libro del giornalista Mimmo Mòllica, nativo di Gioiosa Marea ma vissuto per alcuni anni anche a Barcellona. Il suo libro “Meucci il figlio del…telefono mendicante a Tindari” (Armenio Editore, 2016), getta luce sul questa figura a partire dalla sua data di nascita, che oscilla tra il 3 e il 4 novembre 1872. Su tutti i documenti rilasciati dai Comuni siciliani dove Carlo Meucci abitò e fu registrato anagraficamente risulta essere figlio di Antonino Meucci ed Ester Mochi, vale a dire dell’inventore del telefono e della costumista del teatro La Pergola di Firenze che Antonio Meucci sposò il 7 agosto 1834. Carlo in America rischiava d’essere rapito dalla Mano Nera, e per questo motivo il padre volle affidarlo a una donna calabrese perché lo portasse in Italia.

La serata è stata introdotta dai saluti del Rettore dell’U.T.E. Tanina Caliri e dall’assessore alla cultura Ilenia Torre.

Il primo intervento è stato della professoressa Caterina Isgrò, docente all’U.T.E. del corso su personaggi e le tradizioni della città, dove si era già occupata del caso Meucci. Prima di iniziare a parlare di Meucci, ha voluto ricordare la figura del concittadino Sebastiano Cambria, illustre neurochirurgo scomparso recentemente in Brasile.

Carlo Meucci, ha affermato, ci ha lasciato un ricordo indelebile. Suo padre, che di lavoro faceva il sarto e girava i mercati della provincia, lo aveva trovato su un marciapiede a S. Agata Militello, lo aveva rifocillato  e iniziato una amicizia che lo portò qui a Barcellona, dove spesso era suo ospite a pranzo. “Era gentile, affabile con i bambini, che passavano lunghe serate ad ascoltarlo Non era analfabeta, come si legge in alcuni testi su di lui, parlava bene. Mio padre, ha proseguito, interessò Emilio Isgrò, che allora lavorava al Gazzettino di Venezia, per scrivere un articolo. Fu pubblicato ma in questo momento non si riesce a rintracciare, perché la sede è stata allagata più volte con dispersione del materiale”.

Anche altri giornalisti si occuparono di questa vicenda, come Melo Freni e soprattutto Giuseppe Quatriglio, grande giornalista del Giornale di Sicilia, recentemente scomparso al 95 anni, che lo intervistò, e di cui esiste anche la registrazione audio. Caterina Isgrò ha anche mostrato un eccezionale documento fotografico: la foto del sarto Felice Naselli, che fu molto noto in città per il suo impegno nell’Oratorio Salesiano, assieme a Carlo Meucci.

Il professore Antonino Caccetta, docente di Economia ed Estimo all’Università di Reggio Calabria, studioso di agraria, originario di Raccuja, ha raccontato di essere rimasto appassionato dalla lettura del libro di Mòllica, e nel suo intervento si è soffermato sull’umiltà e la dignità  di Carlo Meucci, che venne a trovarsi in una situazione particolare senza poter avere diritto ad una pensione. La sua vicenda presenta tanti spunti di riflessione sulle problematiche di oggi.

Gli interventi sono stati intercalati dalla lettura di una poesia sull’emigrazione del XIX secolo, curata dalla professoressa Rosalia Lanza.

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Infine l’intervento di Mimmo Mòllica, il quale ha sottolineato le problematiche che ci lascia la vicenda di Carlo Meucci, quali l’esistenza in vita e l’identità incerta, nonostante le certificazioni degli uffici anagrafici dei comuni siciliani in cui visse. Ha ripercorso la sua vita, da quando fu mandato in Italia a quando stabilì la sua residenza in Sicilia, tra Mazara del Vallo, Marsala, Barcellona Pozzo di Gotto (dove, secondo i documenti dell’anagrafe, abitò in via Risorgimento n. 57 dal 27 settembre 1941 al 3 giugno 1942), Sant’Agata Militello e Tindari. Proprio in quest’ultimo luogo, dove era già stato nelle sue peregrinazioni di ambulante, si mise a sedere sulla scalinata del Santuario della Madonna Nera, tra gente semplice e accogliente, gente che non aveva forse mai sentito parlare di Antonio Meucci e dell’invenzione rubata, quella del telefono. A Tindari, Carlo Meucci sentì d’essere arrivato. Costruì alla meglio una baracca di legno e lamiere e sopra, con pennello e vernice scrisse “Al piccolo bazar di Carlo”.

Ha mostrato la foto del loculo del cimitero di Patti dove Carlo è sepolto, il ritrovamento della lapide che staccandosi dal loculo è caduta a terra spezzandosi, e infine il ritrovamento anche della foto cimiteriale, grazie alla collaborazione di persone che si sono impegnate nella ricerca, segno di un rinnovato interesse e solidarietà nei confronti di questo sfortunato personaggio.

 (nella foto Paola Radici Colace)

-di Rosario Fodale -

Organizzato dal Centro Internazionale Scrittori della Calabria e dal Circolo Culturale “Rhegiun Juliii, si è svolto ieri, presso l’Università per Stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria, il Convegno su “Letteratura del Novecento: Pirandello e Alvaro”. Hanno portato i loro saluti il Dott. Giuseppe Nava, Presidente dell’Università per Stranieri e la Prof.ssa Mafalda Pollidori, membro del Direttivo del “Rhegium Julii”. Ha diretto i lavori la Dott.ssa Loreley Rosita Borruto Presidente del CIS.

Hanno relazionato due insigni professori dell’Università di Messina: Paola Radici Colace, ordinario di Filologia classica, sul tema “Pirandello: spazio e tempo dalla fisica al Nichilismo”, e Giuseppe Rando, ordinario di Letteratura Italiana, sul tema: “L’ultimo Alvaro tra politica, giornalismo e letteratura”.

Paola Radici Colace ha evidenziato, attraverso una capillare lettura di testi, come Pirandello abbia scoperto, prima di Einstein e contemporaneamente a Nietzsche, il relativismo e soprattutto la relatività del tempo e dello spazio, pervenendo a una visione nichilistica del mondo, in cui non ci sono più fatti e persone, ma interpretazioni e maschere, indossate da personaggi. Da qui, la rivoluzione culturale pirandelliana e l’invenzione, da parte del genio agrigentino, del teatro contemporaneo. La passione intellettuale e la precisione filologica della professoressa, supportate dagli strumenti informatici, hanno propiziato l’ascolto, in religioso silenzio, della bella relazione ai numerosi, attentissimi astanti.

a2rGiuseppe Rando ha fatto quasi rivivere, con flash incisivi e fulminanti richiami testuali, davanti al folto, partecipe pubblico, quel grande scrittore e grand’uomo che fu Corrado Alvaro: un intellettuale libero, democratico, liberalsocialista, che si tenne sempre lontano dal potere (sia dal fascismo sia dal comunismo), e che fu cristiano, senza essere mai un bieco clericale. Ancorché la sua dignitosa distanza dai centri di potere gli abbia inibito un più vasto successo di pubblico. Il professore si è soffermato soprattutto su L’età breve, da lui considerato «capolavoro assoluto» ed «eccezionale romanzo di formazione», per l’alta istanza morale che lo attraversa (è il primo romanzo della letteratura italiana - e non solo - in cui viene denunciata – nel 1946! –  l’orrenda pratica della pedofilia nei collegi gestiti da preti), per lo smalto inimitabile dello stile e per la compattezza mirabile della struttura; nonché su Tutto è accaduto, romanzo incompiuto, ma affresco originale e graffiante – mai troppo lodato – della caduta del fascismo nel 1943, dentro squarci di vita romana che trasudano miseria morale, opportunismo sistematico, devastante pratica clientelare, edonismo grossolano, sessualità degradata e orgiastica attorno al Capo (Mussolini, qui onorevole «Lamazza», che «in quegli anni stava acquistando una testa fallica» ): «tutte le parabole conclusive di regimi si somigliano» ha chiosato il relatore.

   Mito e realtà tra Scienza e Fede è stato il tema del convegno organizzato giovedì scorso dal Liceo “Archimede”, diretto dalla Preside Maria Flavia Scavello, in collaborazione con la Sezione messinese dell'Associazione per l'Insegnamento della Fisica (AIF), presso la sede del liceo.

   Dopo i saluti del vicario prof. Edoardo Piparo, alla presenza di un attento pubblico di alunni, docenti e studiosi, il prof. Giovanni Magliarditi, responsabile della Sezione AIF di Messina e docente di Matematica e Fisica del Liceo, ha introdotto il tema “Verità e Scienza”, puntualizzando sotto l'aspetto scientifico il connubio fra il reale e il pensiero razionale; a seguire il prof. Renato Calapso, docente di Filosofia e Storia del liceo, ha argomentato in modo analitico e puntuale sui “Modelli di verità” nella storia della Filosofia e, infine, il prof. Don Antonio Meli, ordinario di Scienze della Comunicazione presso l'Istituto Teologico San Tommaso di Messina, ha guidato tutti i partecipanti verso un percorso di riflessione, condotto sapientemente, sul tema “Il Cristianesimo è ancora credibile”?

   Gli interventi sono stati moderati dalla prof.ssa Maria Longo, docente di Italiano e Latino del liceo.

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- di Angelo Miceli -

Il suo primo ritrovamento risale al 1826, in località Monticelli, frazione del Comune di San Donato Milanese (MI), ad opera di Carlo Vittadini (San Donato Milanese, 11 giugno 1800 - Milano, 20 novembre 1865), la sua prima descrizione porta la firma del Prof. Giuseppe Moretti  (Roncaro, 30 novembre 1782 - Pavia, 2 dicembre 1853), all’epoca titolare della cattedra di botanica presso l’Università di Pavia il quale, ritenendo, a ragione, che l’esemplare fungino “non sia stato peranco descritto da nessun botanico, ne parla in un proprio articolo pubblicato sul “Giornale di fisica, chimica, storia naturale e arti” precisando che “la raccolta avvenne ad opera del signor Vittadini presso Monticelli, a circa sei miglia da Milano..... ho imposto ad esso il nome specifico di questo giovane, che ci dà le più fondate speranze di diventare uno dei più distinti micologi

Foto03 Amanita vittadiniiSeguendo i principi della sistematica dell’epoca che facevano espresso riferimento agli studi ed alla classificazione di Elias Magnus Fries (micologo e botanico svedese - Femsjö, 15 agosto 1794 – Uppsala, 8 febbraio 1878), la nuova specie fu posizionata nel gruppo dei funghi leucosporei (così denominati per il colore delle spore: bianco-biancastro), nel Genere Agaricus, Subgenere Amanita, con l’originaria denominazione di Agaricus vittadinii.

Successivamente, lo stesso Vittadini nella sua tesi "Tentamen mycologicum, seu Amanitarum illustratio" (Saggio micologico, ossia Illustrazione delle Amanite) - con la discussione della quale conseguì, nel 1826, presso l’Università di Milano, la laurea in medicina, descrive in maniera particolareggiata la specie scoperta elevandola, da Subgenere, a livello di Genere. Fatto, questo, di notevole importanza in quanto l’autore, precorrendo i tempi, è il primo studioso di micologia ad elevare il Subgenere Amanita a livello di Genere.

  • Amanita vittadinii

Foto01 Amanita vittadiniiViene posizionata, nella attuale configurazione sistematica, nella Classe Basidiomycetes, Ordine Agaricales, Famiglia Amanitaceae, Genere Amanita.

Si tratta di un fungo di particolare bellezza che, a differenza delle altre specie appartenenti al Genere Amanita, tipicamente legate in simbiosi ectomicorrizica con specie arboree in habitat boschivo, cresce da saprofita in ambiente praticolo. Viene ritenuta, da numerosi micologi, specie rara ma fedele ai luoghi di crescita ove si riproduce, anche in maniera abbondante, con periodicità annuale costante.

La nostra esperienza micologica ci consente di segnalare numerosi ritrovamenti, effettuati personalmente, in località San Marco nel comune di Novara Sicilia (ME) su terreno incolto destinato a pascolo, dove annualmente si riproduce in numerosi esemplari sparsi, sia in forma singola che gregaria, entro un raggio ben delimitato senza mai sconfinare dal sito di crescita.

Si presenta semplicemente bella, slanciata, elegante, totalmente bianca, ornata, su tutta la superficie, da verruche a forma piramidale, somigliante, nella sua strutturazione generale, anche se con marcate differenze specialmente nel colore, a carpofori appartenenti al Genere Lepiota, Macrolepiota o Armillaria, tanto che  Fries  la classificò, nella sua “Epicrisis Systematis” nel 1836, nel Sottogenere Lepiota, precisando, a supporto del suo posizionamento nella sistematica fungina: ”Fungus medius inter Amanita et Lepiota”.

Altri micologi, in considerazione delle particolari caratteristiche morfo cromatiche, hanno inteso posizionarla in altri generi come Lepidella, Aspidella, Armillaria o, come avvenuto recentemente, Saproamanita (S. A. Redhead e altri, 2016).

Nell’aspetto generale, la sua conformazione tipica è variabile in dipendenza dell’ambiente di crescita e delle condizioni ambientali esterne che influenzandone la crescita fanno sì che si presenti piccola e gracile o grande, massiccia, lussureggiante, dal bianco candido al bianco-sporco tendente all’ocra-brunastro.   

Cappello: di medie, grandi dimensioni, inizialmente sferico, successivamente, nel progredire della maturazione, convesso, poi convesso-appianato. La cuticola, separabile, di colore bianco o biancastro-sporco, è ricoperta da numerose verruche a forma piramidale, residuo del velo generale, appressate nella zona centrale, che assumono, verso il margine, la conformazione di squamule, concolori negli esemplari giovani ed imbrunenti a maturazione, si presentano di consistenza friabile e, di conseguenza, per effetto della pioggia vengono facilmente asportate. Il margine si presenta eccedente per la presenza di residui fioccosi del velo generale.

Imenoforo: costituito da lamelle fitte, libere al gambo (quando si interrompono prima di arrivare al gambo con il quale, pertanto, non hanno alcun contatto), intervallate da lamellule, inizialmente bianche, tendenti, a maturazione, verso il crema-biancastro, poi giallo pallido, con riflessi Foto02 Amanita vittadiniiverdini a maturazione avanzata. Le spore, in massa, si presentano di colore crema-biancastro, tipico dei funghi appartenenti al gruppo dei leucosporei.

Gambo: alto, slanciato, cilindrico, non bulboso, radicante, pieno, liscio nella zona apicale sopra l’anello, ricoperto da numerose squame in rilievo nella parte bassa. Inizialmente bianche, scurenti verso la maturità.

Anello: in posizione alta, ampio, fioccoso, persistente, bianco-biancastro.

Volva: dissociata in squame concentriche, revolute ed indistinte, inizialmente di colore bianco, scurenti, verso il crema-biancastro, a maturità.

Habitat: si riproduce, quale specie saprofita, sia singolarmente che in gruppi, spesso numerosi, a volte disposti in cerchio (cerchio delle streghe), in ambiente praticolo o in terreni precedentemente coltivati e concimati, nutrendosi delle sostanze organiche residue. Specie poco comune ma abbondante nell’habitat specifico. Da fine estate ad autunno inoltrato.

Commestibilità: commestibile dopo adeguata cottura ma di scarso valore organolettico. Per tale motivo ed anche al fine di evitare possibilità di confusione con specie velenose, si consiglia di non consumarla. Raccomandazione che viene ulteriormente rafforzata in considerazione della rarità della specie che deve essere salvaguardata: limitiamoci ad ammirarla, fotografarla e… lasciamola nel suo habitat naturale a completare il proprio ciclo vitale.

Etimologia: con espresso riferimento al micologo Carlo Vittadini, autore del primo ritrovamento.

Specie simili:

  • Amanita echinocephala

Si diversifica per le ornamentazioni sul cappello che si presentano più rade, meno appressate, piccole ed aculeate, per le lamelle che tendono ad ingiallire e per il gambo attenuato verso l’apice, bulboso-radicante alla base; liscio nella parte superiore con volva dissociata in verruche; per l’habitat boschivo essendo simbionte di latifoglie – prevalentemente querce. Specie tossica, responsabile di sindrome norleucinica, nefrotossica, smithiana

  • Amanita codinae

Ritenuta molto più rara, è praticamente simile ad A. vittadinii dalla quale si differenzia per la taglia gracile e per le dimensioni inferiori; per le ornamentazioni più scure, crema-tabacco, fin da giovane e persistenti fino a maturazione inoltrata; per il gambo relativamente corto - con altezza minore del diametro del cappello -; per l’habitat boschivo ove si riproduce in associazione con essenze arboree quali lecci (Quercus ilex) o querce da sughero (Quercus suber).

Curiosità tassonomiche:

Amanita codinae ha diviso e continua a dividere il mondo della micologia tra quanti sostengono che sia una specie a se, diversa da A. vittadini, e tra quanti, invece, sostengono l’identità tra le due specie con precedenza nomenclaturale per A. vittadini.

Affermano, questi ultimi, che le particolarità ipoteticamente diversificanti le due specie (taglia, verruche, colore, dimensione delle spore) sono elementi perfettamente variabili nella stessa specie in considerazione dell’ambiente di crescita e delle condizioni ambientali esterne e, quindi, non caratterizzanti una specie diversa.

La diatriba, a seguito recenti studi di natura molecolare, è stata definitivamente risolta con il riconoscimento di A. codinae quale specie a se ed inserita, alla stregua di A. vittadinii, nel nuovo Genere Saproamanita, con il nome corrente di Saproamanita codinae (Maire) Redhead, Vizzini, Drehmel & Contu, 2016 (S. A. Redhead e altri 2016).

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Basionimo:

  • Agaricus vittadiniiMoretti 1826

Sinonimi:

  • Lepiota vittadinii1873
  • Mastocephalus vittadinii1891
  • Lepidella vittadinii1925
  • Aspidella vittadinii1940
  • Armillaria vittadinii1952

Nome Corrente:

  • Saproamanita vittadinii (Moretti) Redhead, Vizzini, Drehmel & Contu 2016

Recenti studi, condotti dai micologi Scott A. Redhead, Alfredo Vizzini, Dennis C. Drehmel e Marco Contu, hanno consentito, tenendo anche conto della particolarità nutrizionale della specie, che si configura essere a nutrizione saprofitica, di posizionarla nel nuovo Genere Saproamanita (Cfr. S. A. Redhead e altri, 2016: Saproamanita, a new name for both Lepidella E.-J. Gilbert and Aspidella E.-J Gilbert.  IMA Fungus, The Global Mycological Jurnal - Vol. 7 n. 1: 119-129, Madrid)

**********

Foto: Emilio Pini che si ringrazia per la gradita concessione

Bibliografia essenziale:

  • Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca - 2008: Funghi d’Italia. Zanichelli, Bologna (ristampa 2013)
  • Brunori AndreaStorie di funghi: l’Amanita vittadinii - http://abcdeifunghi.altervista.org/storie-di-funghi-l-amanita-vittadinii.html
  • Brunori Andrea, Cassinis Alessandro – 2014: I funghi nella storia. Sandro Teti Editore, Roma
  • Consiglio Giovanni, Papetti Carlo - 2003: Atlante Fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 2 (prima ristampa). A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento
  • Foiera Fabio, Lazzarini Ennio, Snabl Martin, Tani Oscar - 1993, Funghi Amanite. Calderini edagricole, Bologna
  • Galli Roberto - 2007: Le Amanite. dalla Natura, Milano
  • Lazzari Giacomo, -1973: Storia della micologia italiana. Saturnia, Trento
  • Scott A. Redhead, Alfredo Vizzini, Dennis C. Drehmel & Marco Contu – 2016: Saproamanita, a new name for both Lepidella E.-J. Gilbert and Aspidella E.-J Gilbert (Amaniteae, Amanitaceae).  IMA Fungus, The Global Mycological Jurnal - Vol. 7 n. 1: 119-129, Madrid

Riferimenti Siti Web:

- di Angelo Miceli -

Il suo primo ritrovamento risale al 1826, in località Monticelli, frazione del Comune di San Donato Milanese (MI), ad opera di Carlo Vittadini (San Donato Milanese, 11 giugno 1800 - Milano, 20 novembre 1865), la sua prima descrizione porta la firma del Prof. Giuseppe Moretti  (Roncaro, 30 novembre 1782 - Pavia, 2 dicembre 1853), all’epoca titolare della cattedra di botanica presso l’Università di Pavia il quale, ritenendo, a ragione, che l’esemplare fungino “non sia stato peranco descritto da nessun botanico, ne parla in un proprio articolo pubblicato sul “Giornale di fisica, chimica, storia naturale e arti” precisando che “la raccolta avvenne ad opera del signor Vittadini presso Monticelli, a circa sei miglia da Milano..... ho imposto ad esso il nome specifico di questo giovane, che ci dà le più fondate speranze di diventare uno dei più distinti micologi

Foto03 Amanita vittadiniiSeguendo i principi della sistematica dell’epoca che facevano espresso riferimento agli studi ed alla classificazione di Elias Magnus Fries (micologo e botanico svedese - Femsjö, 15 agosto 1794 – Uppsala, 8 febbraio 1878), la nuova specie fu posizionata nel gruppo dei funghi leucosporei (così denominati per il colore delle spore: bianco-biancastro), nel Genere Agaricus, Subgenere Amanita, con l’originaria denominazione di Agaricus vittadinii.

Successivamente, lo stesso Vittadini nella sua tesi "Tentamen mycologicum, seu Amanitarum illustratio" (Saggio micologico, ossia Illustrazione delle Amanite) - con la discussione della quale conseguì, nel 1826, presso l’Università di Milano, la laurea in medicina, descrive in maniera particolareggiata la specie scoperta elevandola, da Subgenere, a livello di Genere. Fatto, questo, di notevole importanza in quanto l’autore, precorrendo i tempi, è il primo studioso di micologia ad elevare il Subgenere Amanita a livello di Genere.

  • Amanita vittadinii

Foto01 Amanita vittadiniiViene posizionata, nella attuale configurazione sistematica, nella Classe Basidiomycetes, Ordine Agaricales, Famiglia Amanitaceae, Genere Amanita.

Si tratta di un fungo di particolare bellezza che, a differenza delle altre specie appartenenti al Genere Amanita, tipicamente legate in simbiosi ectomicorrizica con specie arboree in habitat boschivo, cresce da saprofita in ambiente praticolo. Viene ritenuta, da numerosi micologi, specie rara ma fedele ai luoghi di crescita ove si riproduce, anche in maniera abbondante, con periodicità annuale costante.

La nostra esperienza micologica ci consente di segnalare numerosi ritrovamenti, effettuati personalmente, in località San Marco nel comune di Novara Sicilia (ME) su terreno incolto destinato a pascolo, dove annualmente si riproduce in numerosi esemplari sparsi, sia in forma singola che gregaria, entro un raggio ben delimitato senza mai sconfinare dal sito di crescita.

Si presenta semplicemente bella, slanciata, elegante, totalmente bianca, ornata, su tutta la superficie, da verruche a forma piramidale, somigliante, nella sua strutturazione generale, anche se con marcate differenze specialmente nel colore, a carpofori appartenenti al Genere Lepiota, Macrolepiota o Armillaria, tanto che  Fries  la classificò, nella sua “Epicrisis Systematis” nel 1836, nel Sottogenere Lepiota, precisando, a supporto del suo posizionamento nella sistematica fungina: ”Fungus medius inter Amanita et Lepiota”.

Altri micologi, in considerazione delle particolari caratteristiche morfo cromatiche, hanno inteso posizionarla in altri generi come Lepidella, Aspidella, Armillaria o, come avvenuto recentemente, Saproamanita (S. A. Redhead e altri, 2016).

Nell’aspetto generale, la sua conformazione tipica è variabile in dipendenza dell’ambiente di crescita e delle condizioni ambientali esterne che influenzandone la crescita fanno sì che si presenti piccola e gracile o grande, massiccia, lussureggiante, dal bianco candido al bianco-sporco tendente all’ocra-brunastro.   

Cappello: di medie, grandi dimensioni, inizialmente sferico, successivamente, nel progredire della maturazione, convesso, poi convesso-appianato. La cuticola, separabile, di colore bianco o biancastro-sporco, è ricoperta da numerose verruche a forma piramidale, residuo del velo generale, appressate nella zona centrale, che assumono, verso il margine, la conformazione di squamule, concolori negli esemplari giovani ed imbrunenti a maturazione, si presentano di consistenza friabile e, di conseguenza, per effetto della pioggia vengono facilmente asportate. Il margine si presenta eccedente per la presenza di residui fioccosi del velo generale.

Imenoforo: costituito da lamelle fitte, libere al gambo (quando si interrompono prima di arrivare al gambo con il quale, pertanto, non hanno alcun contatto), intervallate da lamellule, inizialmente bianche, tendenti, a maturazione, verso il crema-biancastro, poi giallo pallido, con riflessi Foto02 Amanita vittadiniiverdini a maturazione avanzata. Le spore, in massa, si presentano di colore crema-biancastro, tipico dei funghi appartenenti al gruppo dei leucosporei.

Gambo: alto, slanciato, cilindrico, non bulboso, radicante, pieno, liscio nella zona apicale sopra l’anello, ricoperto da numerose squame in rilievo nella parte bassa. Inizialmente bianche, scurenti verso la maturità.

Anello: in posizione alta, ampio, fioccoso, persistente, bianco-biancastro.

Volva: dissociata in squame concentriche, revolute ed indistinte, inizialmente di colore bianco, scurenti, verso il crema-biancastro, a maturità.

Habitat: si riproduce, quale specie saprofita, sia singolarmente che in gruppi, spesso numerosi, a volte disposti in cerchio (cerchio delle streghe), in ambiente praticolo o in terreni precedentemente coltivati e concimati, nutrendosi delle sostanze organiche residue. Specie poco comune ma abbondante nell’habitat specifico. Da fine estate ad autunno inoltrato.

Commestibilità: commestibile dopo adeguata cottura ma di scarso valore organolettico. Per tale motivo ed anche al fine di evitare possibilità di confusione con specie velenose, si consiglia di non consumarla. Raccomandazione che viene ulteriormente rafforzata in considerazione della rarità della specie che deve essere salvaguardata: limitiamoci ad ammirarla, fotografarla e… lasciamola nel suo habitat naturale a completare il proprio ciclo vitale.

Etimologia: con espresso riferimento al micologo Carlo Vittadini, autore del primo ritrovamento.

Specie simili:

  • Amanita echinocephala

Si diversifica per le ornamentazioni sul cappello che si presentano più rade, meno appressate, piccole ed aculeate, per le lamelle che tendono ad ingiallire e per il gambo attenuato verso l’apice, bulboso-radicante alla base; liscio nella parte superiore con volva dissociata in verruche; per l’habitat boschivo essendo simbionte di latifoglie – prevalentemente querce. Specie tossica, responsabile di sindrome norleucinica, nefrotossica, smithiana

  • Amanita codinae

Ritenuta molto più rara, è praticamente simile ad A. vittadinii dalla quale si differenzia per la taglia gracile e per le dimensioni inferiori; per le ornamentazioni più scure, crema-tabacco, fin da giovane e persistenti fino a maturazione inoltrata; per il gambo relativamente corto - con altezza minore del diametro del cappello -; per l’habitat boschivo ove si riproduce in associazione con essenze arboree quali lecci (Quercus ilex) o querce da sughero (Quercus suber).

Curiosità tassonomiche:

Amanita codinae ha diviso e continua a dividere il mondo della micologia tra quanti sostengono che sia una specie a se, diversa da A. vittadini, e tra quanti, invece, sostengono l’identità tra le due specie con precedenza nomenclaturale per A. vittadini.

Affermano, questi ultimi, che le particolarità ipoteticamente diversificanti le due specie (taglia, verruche, colore, dimensione delle spore) sono elementi perfettamente variabili nella stessa specie in considerazione dell’ambiente di crescita e delle condizioni ambientali esterne e, quindi, non caratterizzanti una specie diversa.

La diatriba, a seguito recenti studi di natura molecolare, è stata definitivamente risolta con il riconoscimento di A. codinae quale specie a se ed inserita, alla stregua di A. vittadinii, nel nuovo Genere Saproamanita, con il nome corrente di Saproamanita codinae (Maire) Redhead, Vizzini, Drehmel & Contu, 2016 (S. A. Redhead e altri 2016).

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Basionimo:

  • Agaricus vittadiniiMoretti 1826

Sinonimi:

  • Lepiota vittadinii1873
  • Mastocephalus vittadinii1891
  • Lepidella vittadinii1925
  • Aspidella vittadinii1940
  • Armillaria vittadinii1952

Nome Corrente:

  • Saproamanita vittadinii (Moretti) Redhead, Vizzini, Drehmel & Contu 2016

Recenti studi, condotti dai micologi Scott A. Redhead, Alfredo Vizzini, Dennis C. Drehmel e Marco Contu, hanno consentito, tenendo anche conto della particolarità nutrizionale della specie, che si configura essere a nutrizione saprofitica, di posizionarla nel nuovo Genere Saproamanita (Cfr. S. A. Redhead e altri, 2016: Saproamanita, a new name for both Lepidella E.-J. Gilbert and Aspidella E.-J Gilbert.  IMA Fungus, The Global Mycological Jurnal - Vol. 7 n. 1: 119-129, Madrid)

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Foto: Emilio Pini che si ringrazia per la gradita concessione

Bibliografia essenziale:

  • Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca - 2008: Funghi d’Italia. Zanichelli, Bologna (ristampa 2013)
  • Brunori AndreaStorie di funghi: l’Amanita vittadinii - http://abcdeifunghi.altervista.org/storie-di-funghi-l-amanita-vittadinii.html
  • Brunori Andrea, Cassinis Alessandro – 2014: I funghi nella storia. Sandro Teti Editore, Roma
  • Consiglio Giovanni, Papetti Carlo - 2003: Atlante Fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 2 (prima ristampa). A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento
  • Foiera Fabio, Lazzarini Ennio, Snabl Martin, Tani Oscar - 1993, Funghi Amanite. Calderini edagricole, Bologna
  • Galli Roberto - 2007: Le Amanite. dalla Natura, Milano
  • Lazzari Giacomo, -1973: Storia della micologia italiana. Saturnia, Trento
  • Scott A. Redhead, Alfredo Vizzini, Dennis C. Drehmel & Marco Contu – 2016: Saproamanita, a new name for both Lepidella E.-J. Gilbert and Aspidella E.-J Gilbert (Amaniteae, Amanitaceae).  IMA Fungus, The Global Mycological Jurnal - Vol. 7 n. 1: 119-129, Madrid

Riferimenti Siti Web:

Parteciperà il presidente dell’Ars Ardizzone

MESSINA, 29 MAR - Un convegno su “Servizi di accoglienza e supporto delle donne vittime di violenza” si svolgerà venerdì 31 marzo, con inizio alle ore 8.30, al Palacultura di Messina. L’evento è organizzato dal Comitato italiano reinserimento sociale (Cirs) provinciale, con il patrocinio della Regione siciliana, dell’Assemblea regionale siciliana e del Comune di Messina.

“Dalle parole ai fatti”–  afferma la presidente del Cirs, Maria Celeste Celi -, che è anche il sottotitolo del nostro convegno, perché chi subisce violenza ha bisogno di supporti concreti, di una rete che funzioni. Il tema sarà approfondito con l’analisi accurata anche delle normative vigenti, sia in ambito nazionale che europeo, insieme ai rappresentanti istituzionali, così da avere come obiettivo quello di creare sinergie comuni tra gli operatori delle case rifugio e dei centri antiviolenza che operano in Sicilia”.

Alla giornata, che rilascerà i crediti formativi per gli iscritti all’Ordine degli assistenti sociali, interverrà il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone. Prenderanno parte alla tavola rotonda il Cirs di Catania e diverse associazioni che operano nella regione.

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Lillo Maiolino

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