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- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina. Presso l'Accademia Peloritana dei Pericolanti, giorno 25 Marzo, la presentazione di 

un libro che illumina sulle problematiche legate allo Stretto di Messina . Modera il giornalista Mario Cavaleri.(Vedasi locandina)

- di  Maria Teresa Prestigiacomo -

La 68ma edizione del Taormina Film Fest

 rende omaggio 

 a Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi

nel centenario della nascita con Paola Gassman e Gian Marco Tognazzi

Roma. Taormina. Si apre nel segno della commedia la 68ma edizione del Taormina Film Fest che dal 26 giugno al 2 luglio accenderà i riflettori del Teatro Antico sul grande cinema. Nel centenario della nascita di Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, entrambi classe 1922, quest’anno il Festival in collaborazione con il CSC - Centro Sperimentale di Cinematografia e Cineteca Nazionale, celebra due personaggi indimenticabili e icone internazionali, con la testimonianza dei figli Paola Gassman  e Gian Marco Tognazzi.

La partnership con il CSC - Cineteca Nazionale, che si rinnova dopo il successo dello scorso anno, prevede anche un omaggio ad Angelo Musco, uno dei più grandi attori comici siciliani con la proiezione di C’era una volta Angelo Musco. Realizzato nel 1953, il film è un curioso e rarissimo omaggio all'artista catanese, realizzato a 16 anni dalla sua scomparsa: un collage di brani di film, spezzoni di repertorio e scene girate per l'occasione (con la partecipazione di Rossano Brazzi e di un giovanissimo Nino Manfredi), alternando bianco e nero e colore. La Cineteca Nazionale lo ha restaurato a partire dai negativi originali, sostituiti nelle parti rovinate ricorrendo ad altre copie positive, ed è lieta di presentarlo in anteprima a Taormina, anche come celebrazione di un grande interprete del teatro siciliano che fu idolo delle platee di tutta Italia, e del quale il 18 dicembre scorso sono scoccati i 150 anni dalla nascita.

La commedia sarà infatti uno dei fil rouge della prossima edizione, guidata dai tre Direttori Francesco Alò, Alessandra De Luca e Federico Pontiggia, firme del giornalismo e della critica cinematografica, riconfermati alla guida del Festival dopo il successo dell’edizione 2021, insieme alla Coordinatrice Generale Gida Salvino.

Fra le prime novità di quest’anno anche un evento cinema e musica dedicato a Ennio Morricone con la proiezione di Ennio al Teatro Antico alla presenza del regista, il premio Oscar® Giuseppe Tornatore e con un accompagnamento orchestrale. Il film -  emozionante ricordo del musicista più prolifico e amato dal pubblico di tutto il mondo, due volte premio Oscar®, autore di oltre 500 colonne sonore indimenticabili - ha vinto il Nastro d’Argento 2022 per il Documentario dell’anno del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani ed è stato designato Film della critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Ennio è prodotto da Piano B Produzioni e distribuito da Lucky Red in collaborazione con TIMVISION.

La 67ma edizione organizzata in tempi non facili, ha infatti siglato il ritorno del pubblico all’esperienza cinematografica e il rapporto con il grande schermo: il Taormina Film Fest 2021 è stato il primo Festival di livello internazionale a svolgersi in presenza. E per alcuni dei film selezionati ha rappresentato un fortunato debutto. Il concorso - riservato ad opere prime e seconde che ha visto in competizione film provenienti da Italia, Svizzera, Cina, Germania, Usa, Belgio, Iran, Israele - ha premiato con il Cariddi d’Oro Next Door, esordio alla regia dell’attore Daniel Brühl e con il premio per la Migliore Regia i due giovani registi  Roberto De Feo e Paolo Strippoli per A Classic Horror Story, definito dal New York Times il miglior horror in streaming e da Esquire il miglior horror presente su Netflix. Il film ha peraltro segnato la prima volta di Netflix al Festival di Taormina. Ma la vera sorpresa arriva da Summer of Soul di Ahmir "Questlove” Thompson che ha ottenuto la nomination all’Oscar® per Best Documentary Feature, oltre alla candidatura ai Grammy.

Nel 2022 si torna quindi al Teatro Antico, il cinema all’aperto più affascinante del mondo, tempio delle arti e ideale luogo di incontro fra cinema e glamour, cultura e spettacolo. 

Prodotto e organizzato da Videobank Spa nell’ambito di un mandato triennale - su concessione della Fondazione Taormina Arte Sicilia e con il patrocinio dell’Assessorato del Turismo dello Sport e dello Spettacolo della Regione Sicilia, della Sicilia Film Commission, del Comune di Taormina, del MiC e in collaborazione con il Parco Archeologico Naxos Taormina - il Festival accenderà i riflettori del Teatro Antico sul grande cinema dal 26 Giugno al 2 Luglio 2022.

                                                                       

                                                                                 

ABICONF - AMMINISTRATORI BENI IMMOBILI CONFCOMMERCIO ENTRA A PIENO TITOLO A FAR PARTE DELLA FAMIGLIA DI CONFCOMMERCIO MESSINA. IERI L’UFFICIALIZZAZIONE ALLA PRESENZA DEI VERTICI DELLA CONFEDERAZIONE, DELL’AVVOCATO UGO NAPOLI, RESPONSABILE TERRITORIALE DI ABICONF E DI FABIANA FLECCHIA, VICEPRESIDENTE NAZIONALE DI ABICONF CON DELEGA PER IL SUD ITALIA.

Messina 9 marzo 2022 – “La famiglia di Confcommercio cresce ogni giorno abbracciando nuove categorie e aprendosi sempre più a nuove figure professionali, come gli amministratori di condominio, figure strategicamente importanti in un momento in cui il nostro Paese ha bisogno di riorganizzarsi e ridisegnarsi, anche attraverso progetti e percorsi di rigenerazione e riqualificazione urbana”, così Carmelo Picciotto, presidente di Confcommercio saluta l’ingresso all’interno della confederazione del gruppo Abiconf - Amministratori Beni Immobili Confcommercio, la cui ufficializzazione è avvenuta ieri nell’ambito di un incontro cui hanno preso parte il responsabile provinciale Ugo Napoli e la vicepresidente nazionale Abiconf Fabiana Flecchia. “Abiconf – ha spiegato il direttore di Confcommercio Messina, Gianluca Speranza – entra a pieno titolo nella famiglia di Confcommercio Messina, che allarga la base associativa e si apre ai liberi professionisti”. “Sono veramente entusiasta di questo passaggio – ha commentato l’avvocato Ugo Napoli – il percorso formativo di Abiconf trova infatti il suo naturale sbocco in Confcommercio.” Primo appuntamento per tutti gli associati il prossimo 17 marzo con un corso di aggiornamento in presenza alla Camera di Commercio che vedrà il coinvolgimento di quattro ordini professionali della provincia. “Ringrazio Confcommercio Messina - ha dichiarato Fabiana Flecchia – Usciamo da un momento di crisi ed emergenza profonda. Abiconf ha bisogno oggi di farsi conoscere sul territorio. Avere una casa come Confcopmmercio significa avere una rappresentanza. E la rappresentanza è ciò che in questi anni agli amministratori è mancata.”

* di Maria Teresa Prestigiacomo *

Messina. Il 10 marzo:da non perdere l' interessante convegno in Sala Palumbo al  Palacultura, sede del  Museo d' arte Moderna e Contemporanea di Viale Boccetta. Vedasi locandina, con gli illustri relatori.

 'Femminile Singolare', progetto cinematografico in 7 episodi dedicati alla donna. Con Monica Guerritore, Catherine Deneuve, Violante Placido, Agnese Claisse, Pierre Deladonchamps e Dorothée Gilbert, Prima ballerina dell’Opéra di Parigi. Distribuisce Artex Film

- di  Maria Teresa Prestigiacomo  -

Esce al cinema l'11 maggio 2022, distribuito da Artex Film, 'Femminile Singolare', progetto cinematografico che raccoglie 7 episodi dedicati alla donna, diretti da James Bort, Rafael Farina Issas, Kristian Gianfreda, More Raça, Matteo Pianezzi, Adriano Morelli, Elena Beatrice e Daniele Lince e interpretati da attrici del calibro di Monica Guerritore, Catherine Deneuve, Violante Placido, Agnese Claisse, Pierre Deladonchamps e Dorothée Gilbert, Prima ballerina dell’Opéra di Parigi, qui al suo debutto cinematografico.


La scelta della data di uscita dell'11 maggio è in onore della data della firma – nel 2011 - della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul.


'Femminile Singolare' nato da un’idea di Artex Film, è prodotto da Fulldawa Production, CSC Production, Coffee Time Film, Elena Beatrice & Daniele Lince, AR Production, Sly Production, Diero Film e Arena.


Sette episodi, un film, sette storie che raccontano le donne sotto variegati punti di vista, sfaccettature, colori. In Il Vestito Da Sposa, Simona è moglie, madre, lavoratrice. Tra i turni in fabbrica, il marito disoccupato, il figlio adolescente e un fratello perdigiorno, l'unica sua gioia è la figlia Deborah e il vestito da sposa che sogna per lei: un desiderio che finisce per trasformarsi in ossessione. In Ballerina, una prostituta viene scaricata di notte da un'auto, si rialza in una periferia desolata, sale su un autobus. Nel percorso, realtà e sogno si confondono: una bimba le racconta il sogno di diventare ballerina, un ragazzo molesta una coetanea, la ragazza, sfinita, affronta degli energumeni. In Rise Of A Star, Emma sta per diventare prima ballerina, ma qualcosa la disturba: un segreto che potrebbe minare il coronamento del suo sogno. In Ajo, Zana deve prendere una decisione coraggiosa, quando a sua madre viene chiesto di tacere su quello che le è successo. In Waiting For è il rapporto tra madre e figlia, mai uguale, a volte problematico al centro, tra esperienze vissute e amore reciproco. In Revirgination, una coppia nell'Albania del 2018 decide di sposarsi, ma si scontrerà con la vecchia tradizione per cui la madre dello sposo deve essere presente alla prima notte di nozze per assicurarsi che la sposa sia vergine. Infine, in Hand In Cap una madre di quarant'anni, vive con il figlio ventenne Andrea, affetto da gravi danni motori e neurologici.  Andrea sente la necessità di masturbarsi. Niente sembra essere efficace, nemmeno l'aiuto di una prostituta. Andrea non sa e non saprà mai, ma chiede amore...


In questo film dichiara ARTEX Filmè la donna protagonista: coraggiosa e intimorita, fragile e forte, felice e infelice, emancipata e sottomessa, sognatrice e disillusa. La donna di oggi, che, nonostante le lotte per la parità di genere e l’emancipazione, continua a trovarsi sola nel portare il peso sociale, relazionale e anche economico del microcosmo in cui vive. Ma non si arrende: storie di donne che combattono, si ribellano, rompono il silenzio e denunciano una realtà ancora troppo sbilanciata, in cui la figura maschile è ancora inadeguata, poco attenta e collaborativa. Femminile singolare non è un film che glorifica la donna, ma ne racconta la realtà, con la speranza di aggiungere un mattone in più nella consapevolezza collettiva dei diritti umani e delle donne in particolare. Per diffondere il più possibile il messaggio che, nonostante sia difficile cambiare le cose, è possibile far crescere una visione nuova, di parità e di libertà”.

Il film è promosso da Ihaveavoice APS, community fatta da Donne per le Donne, il cui scopo è dare Voce alle Donne, renderle protagoniste, sensibilizzando su temi importanti come la violenza di genere, l'empowerment femminile, le pari opportunità. Attiva in tantissimi progetti, offre aiuto a migliaia di donne grazie ai suoi servizi.


Durata: 92’
Distribuzione: Artex Film

Tennessee Williams, con il suo dramma Un tram che si chiama Desiderio (vincitore del Premio Pulitzer nel 1948), ci parla del lato oscuro del sogno americano, mettendo l’America con le spalle al muro riguardo temi come il sesso, l’omosessualità, il maschilismo, l’ipocrisia tra le mura domestiche e il disagio psicologico.

Ambientato a New Orleans negli anni Quaranta, il dramma racconta la tormentata vicenda di Blanche (Mariangela D’Abbraccio), vedova di un giovane marito suicida, la quale, dopo aver perso Belle Reve, la tenuta di famiglia, si trasferisce prepotentemente dalla sorella Stella (Giorgia Salari), sposata con Stanley (Daniele Pecci), uomo rozzo e volgare, di origine polacca.

Ipocrisia, fallimento e fuga dalla realtà

Il rapporto conflittuale tra Blanche e Stanley innesca fin da subito un meccanismo di dipendenza psicologica della donna nei confronti del cognato, nonché un evidente attrazione sessuale reciproca.
Ma il fascino che il ruolo di Blanche continua a sprigionare deriva soprattutto dal suo essere alcolizzata e predatrice sessuale in cerca di redenzione, soprattutto nel rapporto che cerca di instaurare, fallendo, con Mitch (Eros Pascale), amico di Stanley.

Mariangela D’Abbraccio esprime l’essenza del suo personaggio interpretando, con disinvolto furore una donna distrutta e sconfitta, che manipola situazioni e persone – con candida ipocrisia e totale disincanto – perché “la realtà così come è non le piace”. Senza strafare, la prova d’attore di Daniele Pecci quale maschio alpha, di poche parole, rude e sostanzialmente pragmatico, risulta piuttosto convincente e aderente al personaggio.

Un allestimento spiazzante

La regia di Pier Luigi Pizzi mantiene catalizzata l’attenzione del pubblico sul rapporto dei due protagonisti, relegando gli altri interpreti al naturale ruolo di comprimari, con le sole eccezioni dei personaggi di Stella e Mitch.

La scena dello stupro, idealmente consumata contro il vetro del bagno, perde di pathos e risulta alla fine un po' deludente; inoltre, dalla scenografia non traspare quasi per nulla l’atmosfera dimessa e lo squallore ripetutamente evocato da Blanche, anzi, sembra che l’azione si svolga in un loft di una qualsiasi località americana alla fine degli anni Novanta.

Ci si sente però cullati e rassicurati dal commento musicale, che evoca sonorità molto simili a West Side Story e Porgy and Bess. La scena finale invece, senza spoilerarvi troppo lo spettacolo, la rende straordinariamente simile a Norma Desmond in Viale del tramonto.

Roberto Mazzone

Febbraio 02, 2022 - Teatro.it

Il Tram che si chiama Desiderio firmato da Pier Luigi Pizzi non decolla. Nonostante la recitazione impegnata, vigile, attenta di Daniele Pecci e Mariangela D’Abbraccio, lo spettacolo non arriva al pubblico. Non s’individua quale lettura il regista vorrebbe trarre dall’opera più nota di Tennessee Williams (riproposta, per l’occasione, nella bellissima traduzione di Masolino D’Amico). Tutto sembra una letterale trasposizione di quanto scritto, e così facendo i personaggi mancano di spessore, ambiguità, forza drammatica. Stanley, per esempio: uomo rozzo, pratico, alcolizzato e giocatore, ignorante e all’occasione selvaggio ma in fondo non cattivo, così come appare interpretato da Pecci è appena abbozzato. Sfuriate che non riescono a raggiungere l’apice, gesta che s’intuisce subito non essere violente, una rudezza che sembra più di maniera che sostanziale. E venendo alla Blanche della D’Abbraccio: da donna ambigua, civetta, oscuramente perversa e con la pirandelliana corda pazza pronta a scattare, nell’interpretazione affidata alla Nostra attrice appare stanca, provata, quasi depressa; persino nei momenti in cui cerca di far valere il suo diritto ad essere felice, dovendo agire con forza e a tratti con veemenza, Blanche non fa che rivendicare il suo diritto alla vita, più per giustizia civile e politica che per questioni sostanziali che partono dall’anima stessa del personaggio.
Sviliti, dal punto di vista registico, i due protagonisti sul cui contrasto (verità-menzogna, buio-luce) la commedia di Williams s’impernia, lo spettacolo finisce per risentirne. Debolezza che trascina rovinosamente con sé anche la recitazione di tutti gli interpreti, soprattutto i principali. I quali pare stiano recitando come se avessero di fronte una telecamera; e quindi non accentuano in tonalità le battute, non si muovono sul palco in modo teatrale arrivando all’ultima fila della platea o in terza galleria.
Un tram che si chiama Desiderio intimo? Può darsi. Ma non era quello che si proponeva la commedia. La quale, come ricordato nel programma di sala, aveva l’intenzione manifesta di denunciare l’ipocrisia della famiglia come concepita nell’opulenta società americana, smascherandone i meccanismi tacitamente accettati da tutti ma da tutti intimamente rifiutati e in modo non meno falso.
Di ciò nulla appare nella regia di Pizzi. La quale si avvale di attori bravi come Daniele Pecci e Mariangela D’Abbraccio, che però non vengono qui usati al meglio delle loro capacità espressive. Anzi: essi vengono impiegati come se dovessero recitare su un set cinematografico.
Ma il teatro non è il cinema. È una forma d’arte che richiede rispetto di certe regole. Prima fra tutte, la verosimiglianza in luogo del realismo. Lezione che apprese anche Stanislavskij. Se Pizzi ne avesse serbato il ricordo, assieme alle esperienze della Compagnia dei Giovani, Pecci e la D’Abbraccio, da bravissimi attori quali sono, avrebbero regalato al pubblico del Quirino un’interpretazione eccellente e da brividi.

Pierluigi Pietricola

www.Sipario.it, 2 febbraio 2022

I superlativi sono indispensabili: Un tram che si chiama desiderio, ora al Teatro Franco Parenti, è un Tennessee Williams all’ennesima potenza, per uno spettacolo che conquista, emoziona, coinvolge, entusiasma. Pier Luigi Pizzi con una splendida regia ha studiato una scenografia solo apparentemente minimale, tutta giocata sul grigio antracite. A «dare tutti i colori» allo spettacolo sono gli attori, perfetti nei loro ruoli. Mariangela D’Abbraccio è una Blanche Du Bois dalle infinite sfaccettature: ingenua, sognatrice ferocemente catapultata nella realtà, capace di gesti dolci e altri provocanti, alcolizzata convinta ma anche nascosta, distaccata ma anche molto coinvolta, con abiti da lei reputati molto sfarzosi e una corona di strass, ma senza soldi. Ha preso quel tram che si chiama Desiderio e sa che la porta al capolinea, anche se cerca di nasconderlo. Infine è capace di risvegliare nel pubblico sentimenti di comprensione e di vicinanza, scevri da giudizi negativi.

Questi ultimi sono tutti per Stanley Kowalski, a cui Daniele Pecci riesce a infondere violenza e volgarità, sadismo e poco interesse per gli altri, in piena adesione al difficile ruolo, che comporta, per una volta, anche il muoversi in scena a lungo molto più spogliato delle interpreti femminili. Tra loro, Stella Du Bois che si muove tra le fantasie della sorella Blanche e la violenza del marito Stanley Kowalski, capace di affetto indifferente per entrambi, convinta che quello di Stanley sia amore e non abbia altre declinazioni. E poi Mitch, ingenuo quanto innamorato di Blanche, ma incapace di accettarla realmente, quando gli raccontano tutti i suoi lati negativi.

È un dramma di quelli che un tempo si definivano «dalle fosche tinte», che non nasconde né la violenza né l’erotismo, a volte suggerito, altre volte esplicito. Insieme parla della voglia (e della difficoltà) di costruirsi una seconda opportunità che corrisponda a quanto sognato. Parla anche di omosessualità, un tema che si ritrova regolarmente nei drammi di Tennessee Williams e ne mette in evidenza la difficoltà di farla accettare, unita all’esigenza di camuffarla per non essere respinti dalla società. Se questo è un aspetto vivo ancora oggi, sia pur con meno difficoltà, sempre più forte appare oggi un altro tema. Perché la pièce, senza fare sconti, racconta anche quella violenza in famiglia, di cui si sente parlare nella vita di tutti giorni, scambiata per amore ma che, come ci raccontano le cronache odierne, finisce tragicamente.

Se i temi sono ancora molto attuali, sia pure con sfumature non sempre identiche, raccontati con un linguaggio molto contemporaneo, l’ambientazione non è però attualizzata, come chiaramente indica il telefono a muro nero al centro della scena. Siamo nella New Orleans fine anni ’40, quartiere povero, perché il sogno americano non è per tutti e certo non ha toccato i Kowalski, come fa notare Blanche appena entra in quella casa, che definisce subito molto modesta. Per lei, in fuga da una realtà ormai difficile e inaccettabile, è il capolinea, a cui l’ha portata il tram che si chiama Desiderio. E’ la casa di Stella e Stanley, ma nemmeno qui la realtà le sarà benevola.

Valeria Prina

spettacolinews.it - 18 febbraio 2022

Ci sono voluti due anni affinchè il Tram del maestro Pier Luigi Pizzi, con a bordo Mariangela D’Abbraccio e Daniele Pecci, fermasse al Teatro Quirino. Una chiamata carica d’attesa per un testo cardine della drammaturgia americana del secolo scorso, già portato in scena in Italia con allestimenti celeberrimi, come quelli di Visconti e De Capitani. Le luci accecanti del sogno americano, filtrate attraverso il velo del moralismo e dell’ipocrisia sociale più spietata e rapace, tornano ora in una rappresentazione profondamente fedele alle pagine di Tennessee Williams (nella traduzione storica di Masolino D’Amico), ma anche priva di una reale visione d’autore capace di caratterizzarla e imprimerla nella memoria.

Inutile soffermarsi su una trama che è ormai leggenda, al centro del film omonimo, diretto da Elia Kazan e interpretato da Vivien Leigh e Marlon Brando, che è tra le vette più alte della storia del cinema. Le dinamiche trovano spazio in una scena monocromatica, una sorta di “bianco e nero a colori” che trasforma l’appartamento di Stella in una specie di antro ferino, un interno psichiatrico in cui tuffare il disagio di Blanche e la brutalità animalesca di Stanley: teoricamente una bella idea, che all’atto pratico si scontra con una generale mancanza di cura dell’apparato scenografico (la bellezza è sempre nei dettagli). Molto ben riusciti, invece, il taglio di luci e le musiche, elementi che si muovono in modo nervoso, quasi sincopato e metatestuale, chiaramente ispirati alla fotografia di Harry Stradling e al geniale score di Alex North per il film del ’51.

La regia di Pizzi sottolinea la componente più satirica del dramma, sacrificando e, forse, banalizzando la polemica verso l’idealismo americano e la forte valenza erotica di quel “desiderio” inespresso e inafferrabile. Gli interpreti si muovono in scena con assoluto professionismo. Teatro ben confezionato insomma, all’insegna di una tradizione d’alta scuola che, ogni tanto, cede il passo al desueto. Nulla che abbia impedito al pubblico romano di tributare all’intera squadra in campo un lungo, appassionato e sincero applauso finale.

Giuseppe D’Errico

Al Teatro Quirino debuttano Daniele Pecci e Mariangela D’Abbraccio nel classico di Tennessee Williams Un tram che si chiama desiderio: in scena dal 1º al 6 febbraio

La leggenda vuole che fosse proprio su un tram, su cui girovagava da studente, che il giovanissimo Tennessee Williams si facesse l’idea di un dramma che svelava il lato oscuro del sogno americano. Questa storia divenne il capolavoro di Williams, un testo amato, odiato, comunque conosciuto in tutto il mondo, una pietra miliare del teatro e del cinema che ancora oggi si continua a leggere e a vedere rappresentato con interesse ed emozione. Una storia in tre atti che alzava il velo sulla macchina oppressiva della famiglia, dell’anima ipocrita dei pregiudizi, la feroce stupidità delle paure morali. Il dramma, premio Pulitzer nel ’47, mette per la prima volta l’America allo specchio su cose come omosessualità, sesso, disagio mentale, famiglia come luogo non proprio raccomandabile, maschilismo, femminilità maltrattata, ipocrisia sociale. Col tempo è diventato veicolo di altre ragioni sociologiche e ideologiche.

Il testo è ambientato nella New Orleans degli anni 40 e narra la storia di Blanche che dopo che la casa di famiglia è stata pignorata si trasferisce dalla sorella Stella sposata con un uomo rozzo e volgare di origine polacca, Stanley. Blanche è alcolizzata, vedova di un marito omosessuale, e cercherà, fallendo, di ricostruire un rapporto salvifico con Mitch, amico di Stanley. Ma il violento conflitto che si innesca fra lei e Stanley, la porterà alla pazzia, già latente in lei. La regia dello spettacolo è affidata ad un grande maestro di fama internazionale: Pier Luigi Pizzi, fondatore con Giorgio De Lullo, Romolo Valli e Rossella Falk della “Compagnia dei giovani”. Regista, scenografo, costumista, ha dedicato le sue immense doti di creatività e sensibilità al servizio di spettacoli teatrali sia di prosa che di lirica, con lavori che hanno segnato il percorso e l’evoluzione della storia del teatro. Ogni suo spettacolo porta il segno dell’eccezionalità. Il ruolo di Blanche DuBois è affidato a Mariangela D’Abbraccio, grande interprete del nostro teatro, reduce dai successi di Filumena Marturano per la regia di Liliana Cavani. Kowalski è interpretato da Daniele Pecci, attore affermato di cinema, teatro e televisione.

Testimoniare sempre e dovunque, in difesa della verità possibile e contro ogni forma di mistificazione della realtà, costituisce uno dei compiti fondamentali degli intellettuali liberi e democratici. Io, nel mio piccolo, mi ci sono sempre attenuto.

Infatti, di fronte alla recente trasmissione di “Presa diretta” (Rai3), che ha rivelato «al colto e all’inclita» le enormi falle del sistema universitario italiano, non sono caduto «dalle nubi»: da decenni le vado denunciando in libri, articoli giornalistici, conferenze, ma anche, in primisi, col mio comportamento professionale, decisamente antiaccademico.

In quella bella trasmissione, ho tuttavia trovato una conferma ad una mia convinzione più volte ribadita: che il degrado dell’Università italiana non è legato all’attuale – innegabile e deprecabile – involuzione tecnologica e burocratica del sistema, ma ha radici profonde, da rinvenire già nella «prima repubblica», e in ispecie nel ventennio tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, quelli che qualche mio illustre collega (magari innamorato, come tutti, della propria giovinezza e forsanche con inconsce punte di narcisismo) mitizza come un paradiso perduto.

Mazzar

Era, invero, palpabile, all’epoca, nonché denunciata dalle punte avanzate dell’intellettualità e della sinistra democratica, l’enorme separatezza, nel Belpaese, degli alti studi accademici dalle esigenze reali dei giovani e della Scienza moderna; separatezza da ricondurre, probabilmente, all’atavica (in Italia) concezione della cultura come potere e privilegio personale (giammai come servizio) da difendere con i denti e tramandare, lungo assi padronali, familiari e/o sentimentali – non sempre meritocratici –, agli “eredi”. È proprio a partire dagli anni Settanta-Ottanta, difatti, che si evidenziò, soprattutto in Sicilia, un divario enorme tra certe, obsolete modalità di reclutamento dei docenti nonché di gestione della ricerca e della didattica nell’Università (con le solite, onorevoli eccezioni) e i cambiamenti, anche radicali, che fermentavano nel cinema, nella letteratura, nel teatro, nelle scienze umane e in ogni ramo della scienza e dell’attività umana: basti pensare alle straordinarie, coeve scoperte scientifiche, di cui erano perlopiù protagonisti ricercatori stranieri (e talora italiani che, però, operavano nelle Università straniere). Per converso, fiorivano, contestualmente, et pour cause, nel Belpaese, accanto a poche Scuole effettive, i baronati, le clientele, i parassitismi, i servilismi, le ricerche farlocche, da un lato, e l’assunzione addomesticata dei docenti attraverso concorsi pilotati dall’alto nonché le pubblicazioni inutili, bellettristiche, mal raffazzonate, se non scopiazzate tout court, dall’altro.

Ma ne ho già parlato, e forsanche troppo, con il chiaro intento, tuttavia, di contribuire allo svelamento di qualche dissimulazione … disonesta e all’affermazione dell’Università del merito e della trasparenza. Perciò mi limiterò a ricordare due episodi di vita, da me vissuta, che sono fortemente indicativi del miserevole status del mondo accademico, tra prima e seconda repubblica.

Partirò dalla risposta che Vitilio Masiello, diede, il 12 marzo del1987, nelle more di un convegno, a me che lamentavo il mio forzato «isolamento di isolano», privo di una vera Scuola accademica alle spalle: «Rando, tu sei capitato tra l’incudine il martello». Ovviamente – decodifico per i “parigini” – «l’incudine» era Resta, preside della Facoltà di Lettere di Messina (presso cui mi ero laureato), e «il martello» era Mazzarino, preside della Facoltà di Magistero di Messina (presso cui insegnavo Letteratura Italiana come professore associato), o viceversa. Mai sentenza fu, invero, più lapidaria e veritiera.

A Masiello, già deputato del PCI, si era rivolto, in verità, qualche mese prima, Mazzarino, già deputato del PLI, per chiedergli, quantomeno come collega politico, il suo appoggio, per me, a un concorso a cattedra, che si annunciava imminente. Al che Masiello aveva risposto: «Meglio che parli con Resta, sai bene che tutto passa da lui» (disse proprio così: «tutto passa da lui», e Mazzarino, viepiù sbalordito, ripeteva spesso questa frase). La stessa risposta, con altre, più velate, parole ebbe Mazzarino da Vittore Branca, che tuttavia gli comunicò il suo «parere altamente positivo» sui miei Tre saggi alfieriani, pubblicati a Roma all’inizio degli anni Ottanta (glieli avevo inviati, qualche mese prima, con ricevuta di ritorno). Ma gli scandagli di Mazzarino col suo «collega locale» (il quale, a giudizio di Petronio, temeva che un ordinario di Letteratura Italiana a Messina, che non fosse suo allievo, ne sminuisse, di fatto, il cosiddetto prestigio baronale) non sortirono alcun effetto.

E, per passare al secondo evento di (mala)vita accademica vissuta, mi si lasci dire, sempre a fini costruttivi, che quel mio primo libro alfieriano, a cui andarono non pochi consensi ufficiali (scritti e pubblicati in volumi e riviste) da parte di Giuseppe Petronio, di Raffaele Spongano, di Sergio Romagnoli, di Arnaldo Di Benedetto (tra i primi), non fu citato, au contraire (in omaggio a chi?), proprio da Vittore Branca, il quale, nel secondo saggio introduttivo a V. ALFIERI, Saul – Filippo, della Bur (1999), che lui stesso presentava – attenzione alle date! – come «il risultato della fusione e della rielaborazione di due studi pubblicati in precedenza in Omaggio a Gianfranco Folena, Padova 1993 e nella “Revue des Ètudes italiennes”, XXXVIII, 1992»), definisce, a pag. 33, «costituzionalistico» il Panegirico di Plinio a Traiano (che solo io avevo definito cosi più di dieci anni prima) e, a pag. 34, cita Mably, che io – e solo io – avevo presentato agli studiosi più di dieci anni prima, come una delle “fonti” della Tirannide. Chi fu, dunque, in quel caso, il maestro? E chi il maldestro allievo, che ignora il dovere di citare e si macchia così di plagio?

Ora, sappiamo tutti che ci sono altri mali nel mondo: Ma non si potrà negare che fosse orrendo un sistema accademico in cui un “barone” poteva tutto e gli studi «innovativi» (a detta degli esperti) di un giovane associato contavano meno delle ubbie del “barone”. A me, poi, tutto scivolava sulle spalle come pioggia d’aprile: avevo i miei (graditi) impegni familiari di marito e padre fortunato; avevo il mare a Cariddi in estate; c’erano, inoltre, onnipresenti nella mia vita sin da bambino, i miei cari libri, il mio stimolante lavoro di ricerca, le mie gratificanti lezioni. Non mi preoccupavano, quindi, più di tanto – con disappunto, devo dire, di Giuseppe Petronio – le “amenità” del mondo accademico locale, di cui si parlava ridendo nei ritrovi e nelle piazze della città: i «servizi» culinari (e non solo), offerti dagli allievi al maestro-barone, i libri scritti da Caio e pubblicati da Sempronio, le carriere fulminee di certi ignoranti («Ognuno ha portato in cattedra il suo asino», postillava Petronio). E – devo dire – mi è andata pure bene: se il baronaggio ha rubato a me e alla mia Università più di un decennio di ordinariato (con tutto ciò che ne consegue), altri e più catastrofici mali ha prodotto sicuramente altrove. Tuttavia, niente e nessuno mi ha mai impedito – né mi impedirà mai – di denunciare, finché campo, le nefandezze storiche del sistema: lo devo quantomeno ai miei nipoti.

 - di Giuseppe Rando -

Confcommercio Messina

COMUNICATO STAMPA

Messina 6 marzo 2022 – c’è grande preoccupazione tra gli imprenditori messinesi per l’arrivo dei primi avvisi di pagamento del Canone di occupazione suolo da parte dell’amministrazione comunale. In un atto di indirizzo votato dalla giunta lo scorso 9 gennaio, l’amministrazione De Luca aveva anticipato la ferma volontà di prolungare l’esenzione del pagamento per tutto il 2022, ben oltre la data fissata dal governo, il 31 di marzo. Un provvedimento per il quale ci sarebbe anche la copertura finanziaria nel bilancio previsionale, che però non ha ancora visto il voto in aula. Un allungamento dei tempi che pesa sulle spalle dei pubblici esercizi messinesi che a partire dal prossimo primo di aprile potrebbero vedere la demolizione dei dehors e la revoca della concessione di occupazione suolo, in caso di mancato pagamento. Un provvedimento inammissibile che metterebbe in ginocchio un settore già fortemente penalizzato dalla recessione prima e dalla pandemia dopo. Un provvedimento contro il quale compatte reagiscono le associazioni, che si dicono pronte a collaborare con Palazzo Zanca per trovare nel più breve tempo possibile una soluzione che comunque permetta agli operatori di settore di poter continuare in serenità a svolgere la propria attività, specie in vista dell’apertura della prossima stagione.

DI SEGUITO LE DICHIARAZIONI DEI RAPPRESENTANTI DELLE SIGLE COINVOLTE

Carmelo Picciotto, presidente di Confcommercio - “C’è grande allarme da parte dei commercianti per questo pasticcio che viene fuori dalla confusione amministrativa generata da un lato da un atto di indirizzo che prevede la sospensione dei pagamenti per il 2022 e che ne prevede copertura finanziaria nel previsionale, e dall’altro la riattivazione del recupero dei crediti a partire dal primo di aprile. Il grande timore è quello

di non riuscire ad affrontare la stagione con la paura inoltre di vedere smantellato ciò che è stato realizzato con fatica in questi mesi in cui i dehors hanno costituito spesso l’unico modo per poter ricevere i clienti nel rispetto delle normative anticovid. Ci attiveremo per la soluzione del problema, sollecitando da una parte il consiglio comunale a votare il bilancio previsionale, all’interno del quale sono previste le somme a copertura del provvedimento di esenzione, dall’altro spingendo affinché il regolamento di regolarità contributiva non diventi una enorme mannaia per i commercianti, impedendo loro di continuare a fare il loro lavoro. Se gli imprenditori non sono messi nelle condizioni di svolgere la propria attività, infatti, non saranno neanche in condizioni di pagare i loro debiti. In un momento in cui le banche non danno credito con facilità, mentre gli usurai sono pronti dietro l’angolo ad offrire il cappio, bisogna assolutamente muoversi con prudenza e tempestività.

Luigi Spignolo, UPLA CLAAI - Le associazioni datoriali avevano dato credito all’atto di indirizzo formulato dalla giunta il 9 gennaio, certi anche delle coperture finanziaria. Oggi, che quella amministrazione non c’è più, ci troviamo spiazzati davanti ad un provvedimento che impone dal 1 aprile la regolarizzazione delle somme pena la revoca della concessione suolo. Un provvedimento del genere non può passare così in maniera unilaterale, è necessario che venga convocato un tavolo con tutti i soggetti coinvolti perché si trovi al più presto una soluzione condivisa.

Lino Santoro, PMI - Spero in un immediato intervento del presidente del Consiglio e dei consiglieri (di chi la colpa sia non mi riguarda. Ricordo che noi gestori di ristoranti e bar, ci troviamo ad affrontare periodi di profonda crisi, e che di questo passo ci ritroveremo costretti a chiedere soldi ad usura per ottemperare alle nostre scadenze. E’ impensabile che dopo il 2019 a seguito della pandemia i nostri Durc e le tasse comunali possano essere in regola visto che le banche non danno credito e lo Stato ci ha buggerato solo 7 mesi con il credito d'imposta.

Danny Anna, ALCES - E’ il momento che le istituzioni ci diano veramente una mano, che non significa non pagare le tasse che è giusto che tutti paghino, ma dobbiamo avere il tempo di rimetterci in sesto. Le aziende ormai sono tutte al tappeto. Se viene applicata una politica di repressione le possiamo chiudere tutte, se invece cerchiamo di venirci incontro con le rateizzazioni e con la dilazione delle scadenze, spettando magari la sospensione dei provvedimenti anticovid che penalizzano fortemente le nostre attività.

Gino Sciotto, FAPI CESAC - Non si può richiedere proprio adesso il pagamento del canone di occupazione suolo pubblico per i tavolini all'aperto di bar e ristoranti. È necessario sostenere convintamente la ripresa economica delle attività di somministrazione di cibi e bevande, perché il Covid-19 ha messo a dura prova questi esercizi con lunghi mesi di chiusura. Attendiamo che già nelle prossime ore arrivi un provvedimento da parte dell'Amministrazione comunale di Messina volta ad esentare il pagamento degli spazi esterni di bar e ristoranti fino alla fine dell'anno, così come prevede l’atto di indirizzo votato dalla giunta De Luca lo scorso 9 gennaio.

Salvo Lando, SADA CASA – Se alziamo un muro davanti agli operatori della nostra città, se gli sbarriamo la strada con provvedimenti di tale portata e tale impatto, il settore non riuscirà mai a riprendersi. Vogliamo collaborare con il Comune, nell’interesse di tutti, e della città in primis, ma dobbiamo mettere al sicuro la prossima stagione e consentire agli imprenditori di continuare a svolgere il proprio lavoro.



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