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avignone6Situato nel centro storico di Messina, sorge l’antico quartiere Avignone, un tempo ritenuto uno dei più degradati e malfamati. E’, in effetti, una delle poche testimonianze rimaste dopo il devastante sisma del 1908. Ma, come tutte le indecenti e scellerate azioni di demolizioni atte a cancellare la memoria storica di una città che, giorno dopo giorno, è sempre più soffocata da milioni di metri cubi di cemento, fatto colare su aree anche a rischio di stabilità, anche questo è uno dei luoghi storici destinato a sparire. L’opera di demolizione iniziò oltre venti anni fa, e da allora, fra sequestri e carte bollate, si riprende a “martellare” già dallo scorso anno, quando viene mandata giù un’altra ala di quei palazzi. Ma, stranamente, i lavori vanno a rilento, segno evidente che nell’area in questione sono stati posti dei vincoli da parte della Sovrintendenza (??). Tra l’altro, sotto la scalinata che conduce dalla via Cesare Battisti alla via degli Orti, sono stati conservati alcuni importanti monumenti funerari di epoca greca, venuti alla luce nel 1972 durante i lavori di costruzione. Questi monumenti costituiscono una parte della grande necropoli sviluppatasi lungo il torrente Camaro nel corso di molti secoli, addirittura dal quarto avanti Cristo fino aavignone2l secondo dell’era cristiana.  La zona del largo Avignone, quindi documenta la fase più antica della necropoli. Questo evidenzia, ancora una volta, che gli importanti ritrovamenti archeologici scoperti nella nostra città, altro non sono che qualcosa da nascondere, per il semplice motivo che gli interessi prevalgono in ogni caso sulla storia della città. Come del resto, sono passati in secondo piano, i ritrovamenti degli importanti scavi archeologici durante i lavori per la costruzione del palazzo Colapesce….

- di Antonio Abbate -

1Le origini della fiera di Messina vengono rintracciate nella fiera del Santo Sepolcro, istituita nel 1296 da Federico II. Si trattava di una delle fiere più importanti d'Italia che raggiunge il suo apice nel XV secolo.

Nella seconda parte dell'Ottocento la fiera assume un ruolo importantissimo, nell'ambito delle nuove rotte che si disegnano nel Mediterraneo con l'apertura del Canale di Suez.

La fiera, come tutta la città, si arresta dolorosamente per il terremoto del 1908. Rinasce nel 1934 per volontà del regime fascista che investe molte risorse economiche e simboliche; lo stesso Mussolini presiede alla fiera del 1937. Unica fiera siciliana, il polo messinese risultava essere assolutamente strategico con particolare riferimento ai commerci di oltremare. Nel 1938 si inaugurava la nuova sede presso lo Chalet, ex "giardino del mare", immerso in un lussureggiante parco. La fiera subisce un brusco stop con la guerra e riparte nel 1946.

All'inizio soffre la concorrenza della Fiera del Mediterraneo‎ di Palermo. Oggi, invece, proprio i rapporti sinergici fra le due fiere hanno ridato nuova linfa al polo messinese.

L'Ente autonomo si trasforma in Spa nel 2005.

Una fiera sullo Stretto! Il quartiere fieristico è una notevole opera architettonica di impronta modernista e razionalista, disegnata da Filippo Rovigo e Vincenzo Pantano. Vanta una posizione privilegiata unica, sullo scenario dello Stretto di Messina.

Strutture

  • Area complessiva lorda:      49.000 mq
  • Area Coperta: 15.058 mq
  • Area Scoperta: 34.102 mq
  • Padiglioni: 16 padiglioni      in muratura o in struttura mista per un totale di 9348,8 mq.
  • Area Esterna/Parcheggi:      5015,8 mq
  • Lungomare: 5958 mq

La storia della Fiera di Messina ha un’origine lontana nel tempo: il 1296 può essere considerato l’anno di nascita ufficiale; in quell’anno, infatti, Federicofiera20 1 II di Svevia regolamentò l’istituzione della Fiera con una serie di leggi, che con debita traslazione storica possiamo riconoscere ancora oggi: le Generale Nudinae avevano durata di quindici giorni e vi potevano partecipare mercanti locali e stranieri. La Fiera, denominata del Santo Sepolcro, si teneva fuori le mura delle città, nelle vicinanze di un’omonima chiesetta normanna; tale area viene localizzata tra la parte nord di Porta Reale e la Chiesa di San Francesco Di Paola. In questa sede, e successivamente entro le mura delle città, lungo le banchine del porto, la Fiera raggiunse, nel XV secolo, il culmine della sua attività e della sua fama. Il declino si ebbe in seguito al malgoverno della città, alle lotte intestine e alle crisi economiche. Una decadenza dalla quale la Fiera non riuscì a risollevarsi nemmeno sotto il governo Borbonico, nonostante la concessione del “Porto Franco”. Con l’Unità d’Italia e successivamente con l’apertura del canale di Suez, il Porto di Messina divenne punto nodale di smistamento con conseguente rinascita delle industrie e del commercio della città: la Fiera divenne nuovamente epicentro delle attività economiche del Bacino del Mediterraneo. Ogni istituzione segue gli eventi della città e del luogo dove essa ha sede, così la Fiera non potè esimersi dalle disastrose conseguenze del terremoto avvenuto a Messina all’inizio del secolo. Dopo il 1908, la città venne interamente ricostruita. Messina può essere considerata uno dei pochi esempi di città moderna ricostruita per intero secondo un progetto urbano. Il disegno urbano dell’Ing. Borzì, realizzato in condizioni di estrema difficoltà ed in brevissimo tempo, si attua secondo direttive piuttosto semplici: pianta della città geometrica e razionale, una strada di circonvallazione a chiudere e definire la forma della città, isolati regolari, attrezzature pubbliche e piazze in luoghi strategici. Tra il 1910 ed il 1939 si attua la parte maggiore della riedificazione della città. Le aree specializzate, civili e religiose si adattano alla griglia e spesso sono ricavate in uno o più isolati. Il linguaggio delle architetture deriva dalle numerose e diversificate tendenze dell’architettura dei primi trent’anni del novecento in Italia e in Europa: repertori accademici di stile eclettico, che danno tuttavia alla città un’immagine compatta; nuove esperienze liberty; poche ma significative opere di architettura razionalista. In questo periodo di ricostruzione operano a Messina personaggi di rilievo della cultura architettonica siciliana ed italiana. Vengono edificate accanto alle residenze pubbliche e private , chiese ed istituzioni religiose, scuole ed università, istituzioni pubbliche (prefettura, carceri, ospedali, poste, stazione ferroviaria, palazzo di giustizia, camera di commercio, ecc.); e private (banche, alberghi, cinema). Nel programma di ri-istituzionalizzazione della città , la Fiera diventa un’importante tessera della rinascita: ha un valore di rilancio economico di una terra terremotata, ma anche di quello di propaganda di un regime. Nel 1934 essa riprende la sua attività nei locali del Liceo Maurolico, vicino Piazza Duomo e negli spazi adiacenti non ancora edificati. Lo spazio a disposizione era di circa novemila metri quadrati: le aule vennero trasformate in stands espositivi, nel cortile vennero allestiti padiglioni, ed altre aree vicine vennero utilizzate per le esposizioni all’aperto. L’ingresso era segnato da un portale diviso in cinque settori: i tre centrali servivano per l’accesso, quelli laterali erano occupati da pannelli in marmo recanti frasi inneggianti il regime. Come per la ricostruzione dell’intera città, la data fatidica per la Fiera moderna, così come è giunta fino ai giorni nostri, fu la visita, il 10 agosto del 1937, dopo tre anni di attività, del Capo del Governo Benito Mussolini, alla IV edizione della fiera di Messina. In questa occasione Mussolini, secondo il programma di sviluppo autarchico, stabilì che la Fiera doveva divenir di più ampia portata per l’inevitabile sviluppo del Paese”. L’ordine allora era la realizzazione di una rassegna delle attività economiche siciliane” ben di più ampia portata: dopo quattro anni di permanenza in questo luogo la Fiera cambia dimensione, luogo, significato. La storia dell’architettura moderna italiana è la storia dei suoi rapporti con il fascismo. Il regime adotta una politica di compromesso tra la tendenza moderna ed il linguaggio tradizionalista, aprendo una diatriba che per quasi vent’anni ha caratterizzato il dibattito architettonico italiano. Il luogo scelto per l’insediamento della nuova Fiera fu quello dello Chalet, l’ex Giardino a Mare, o Villa Umberto, ricco di vegetazione, gazebo, fontane, un laghetto, il palco della musica, panchine, semidistrutto dal terremoto e dopo trent’anni non ancora risistemato. Un luogo particolarmente bello, eccezionalmente panoramico: forse l’ultimo segno della società ottocentesca. DSC 1114Lo stesso luogo indicato quasi settecento anni prima da Federico II per l’insediamento della Fiera del Santo Sepolcro. La Fiera, dal regime fascista, venne considerata un’occasione per dimostrare la capacità autarchica della Sicilia (era l’unica e rappresentava tutta l’isola) nel campo dell’artigianato, dell’agricoltura, dell’industrai e del commercio. Occasione di dimostrare una florida attività economica che sfrutta le risorse della terra. Occasione per sfruttare la sua centralità nel Mediterraneo, tra i nuovi possedimenti Africani ed il Nord-Europa. Occasione quindi di propaganda. L’8 Aprile del 1938 si pose la prima pietra della nuova Fiera, il 10 agosto si inaugurava. Il progetto, redatto in meno di otto mesi e realizzato in quattro mesi (desta sempre stupore il paragone con le modalità ed i tempi dei giorni nostri, pur altamente tecnologici), è pensato come una corte aperta verso lo Stretto. Per avere un’idea dei pesi economici dei vari settori a questa V edizione del 1938 parteciparono, su 298 Espositori, 32 appartenenti all’agricoltura, 132 all’artigianato, 85 all’industria e 48 al commercio. Questa Fiera si ripete con questo assetto organizzativo e architettonico solo due anni, nel 1940 l’Italia entra in guerra. Durante la guerra la Fiera viene ripetutamente bombardata , subito dopo diventa deposito di materiale bellico danneggiato. A metà giugno del 1946 si termina lo sgombero, ed in soli due mesi si riesce a ricostruire la Fiera ed a riaprire, il 10 agosto, la VII edizione. Nel frattempo la Fiera è diventata Ente Autonomo. Negli anni successivi e fino ai nostri giorni, la Fiera, dal punto di vista strettamente architettonico ha subito ingenti ed interessanti modifiche, nell’avvicendarsi di incarichi progettuali affidati ad architetti di grande fama e prestigio. Certamente sono stati fatti molti errori e talune scelte progettuali sono attribuibili a motivazioni contingenti, alla fretta e all’improvvisazione che talvolta sono rimaste immutate. Ma come altri prima di noi hanno già da tempo avvistato, riteniamo che l’attenzione al progetto ed alle sue qualità, ma anche e soprattutto alle sue funzioni debba tornare ad essere patrimonio di tutti ed una sfida di rilancio per il nuovo millennio. La Fiera è oggi un Ente pubblico economico che, svolgendo un calendario articolato di mostre specializzate, ha raggiunto completa autonomia operativa: una struttura che produce servizi per il territorio, con i necessari criteri di economia aziendale.

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- di Silvana Foti -

La città con la nutrita compagnia teatrale ( 35 elementi )” Amici di Sant’Annibale”” ha reso omaggio alla figura poliedrica di Padre Annibale Maria di Francia, vissuto tra i poveri e gli orfani, in un clima di toccante religiosità che ha regalato momenti di vera emozione.

Con la regia di Pippo Pagano, da sempre appassionato di teatro e anch’egli attore, la direzione artistica di Teresa Rizzo, pittrice di talento, ed un service di tutto rispetto per l’attenzione riservata nel cambiare continuamente scene e luci, hanno fatto si che la professionalità e la passione degli attori abbiano avuto il successo meritato.

L’intento era di far conoscere la particolare esistenza di Padre Annibale Maria di Francia in vari momenti storici della città di Messina, percorrendo, attraverso un grande schermo montato in platea, i vari steps che lo hanno portato agli onori degli altari quando il compianto Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato Santo il 16 maggio 2004.

Attraverso varie tragedie umane della città, prima del terremoto del 1908 e dopo la faticosa ricostruzione, con mendicanti in cerca di un tozzo di pane, di bambini del degradato quartiere Mignuni che vorrebbero una vita diversa, con la importante presenza di Sorelle Figlie del Divin Zelo, di Padri Rogazionisti, creati da Padre Annibale, di attori che lo hanno personificato ragazzino, adulto e poi anziano, fino alla sua morte con la toccante scena dell’apparizione della Madonna Bambina.P1140499

Non è mancato il miracolo delle gardenie, la moltiplicazione del pane, la vicinanza della Chiesa nelle persone del Vescovo, dell’Arcivescovo, di Fratelli rimastigli accanto fino al suo declino, e via dicendo. Scrivere analiticamente di questa vasta rappresentazione teatrale richiederebbe molto tempo, ma il ringraziamento particolare e sentito ed un plauso va senza dubbio al dott. Natale Rizzo, scomparso prematuramente, che aveva visto bene e aveva puntato molto su questa che senza dubbio è la rappresentazione teatrale religiosa degna di lode e che lascerà dentro chi ha avuto la fortuna di vederla un ricordo indelebile per la profondità di sentimenti che sprigiona.

                                                                                                                                                                         

 

La devozione alla Madonna della Lettera non ha origini recenti come si potrebbe pensare.  Sicuramente i messinesi, fino al ‘400, veneravano come Patrona S. Maria della Scala. Il culto della Lettera si affermò nel 1716, quando il monaco basiliano Gregorio Arena portò a Messina una traduzione di un codice arabo della presunta lettera di Maria ai Messinesi, inviata con San Paolo per propagare la fede Cristiana.

Da allora la Madonna della Lettera assunse il ruolo di Patrona e  la sua festa si celebra il 3 giugno di ogni anno.

Era uso nel 1700 portare in processione, oltre alla reliquia  del Capello, anche il quadro con il ritratto della Madonna (donato alla delegazione che andò a trovarla in Palestina), con la Manta d’oro. Il quadro andò distrutto nell’incendio del 1254, durante i funerali dell’imperatore Corrado IV. L’attuale è una copia del precedente, e, solo il 3 giugno, è coperto con la Manta d’oro, ma  non è più in uso portarlo  in processione.

La festa in se stessa non ricalca quelle di Reggio Calabria, Catania o Palermo, non è una festa di popolo come quella della Vara, si riduce alla mera processione lungo il Corso Cavour, Via Tommaso Cannizzaro, Via Garibaldi, Via Primo Settembre e rientro in Cattedrale. Un percorso di circa 3 km. con tutte le Confraternite della Diocesi nei loro sai tradizionali, che sfilano tra due ali di fedeli.

Non ci sono festeggiamenti, manifestazioni collaterali o fuochi pirotecnici. E’ una festa che andrebbe rivalutata nel modo giusto, portandola nei quartieri della città,  anche con il quadro della Madonna con la Manta d’oro. In sintesi, bisognerebbe ripristinare la tradizione del ‘700 che voleva anche la costruzione di una galea in legno, a spese della Curia, che era abbellita ed arricchita da banderuole di vari colori e da oltre 600 lumi.

L’attuale Varetta, ristrutturata nel 1977, è ornata con quattro anfore in argento cesellato; alla base vi sono quattro formelle raffiguranti lo stemma di Messina, la nave con la delegazione che si reca in Palestina, Maria che consegna la Lettera al capo delegazione, la stele votiva con in cima la Statua della Madonna.

Sulla Varetta si ergono una statuetta d’argento raffigurante la Madonna della Lettera opera di Lio Gangeri, dono di un devoto nel 1902, e la teca con al suo interno il Sacro Capello, sormontata da una corona di fiori .     

progetto NOW

Progetto L’Atelier: Laboratori e incontri per studenti e pubblico.

Al dipartimento di Scienze Cognitive domani ultimo appuntamento

col Laboratorio performativo di Management culturale. Al Vittorio Emanuele incontro-laboratorio “Il Gioco delle Parti”

Il gioco delle parti

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina.Ultimo appuntamento, domani, dalle 9.30 alle 13.30, nei locali dei Scienze Cognitive dell'ateneo peloritano, col Laboratorio performativo di Management culturale, organizzato nell’ambito del progetto L’Atelier, dal Teatro Vittorio Emanuele di Messina, in collaborazione col dipartimento. Il “Focus 4” proporrà un approfondimento su “La promozione. Strumenti di valorizzazione e mediazione con il pubblico” a cura di Lara Mastrantonio, responsabile promozione di Romaeuropa Festival, parteciperà Corrado Russo, manager dei programmi internazionali per il Teatro di Messina e ideatore del progetto L’Atelier. I primi tre appuntamenti del Laboratorio hanno permesso di analizzare le caratteristiche di un progetto europeo, di riflettere su come trasformare un’idea in un progetto finanziabile, alla presenza di Andres Teres Morte, vicepresidente della Fondazione Fabbrica Europa di Firenze, mentre venerdì scorso Agnès Henry, responsabile sviluppo progetti per Extrapole di Parigi, ha dialogato con gli studenti su come accompagnare e seguire gli artisti sul piano organizzativo, tra sostenibilità economica e strategie di visibilità. Il Laboratorio performativo di Management culturale rappresenta una occasione preziosa per confrontanti con chi opera nel settore dell’organizzazione e della progettazione di eventi culturali in un’ottica di scambio e di condivisione. Rientra tra le attività del progetto N.O.W, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Creative Europe – Cooperation Projects 2014 i cui partner sono Extrapole (Francia), Fabbrica Europa (Italia), Indisciplinarte (Italia), Latitudes Contemporaines (Francia), Lokal (Islanda), Mom/Elvivero (Spagna), Trafò (Ungheria), Wp Zimmer (Belgio). Partner associati invece, il teatro Vittorio Emanuele di Messina, Laure Fernandez ed Eric Vautrin – NoTHx (Thalim-Cnrs), Sismògraf (Spagna), Carole Salis – CRS4 (Italia), Ann Olaerts (osservatore critico-Belgio). N.O.W, progetto triennale, vuol creare le basi per la creazione di un polo di competenze transnazionali, partendo da una pratica comune a tutti i partner, da cui intraprendere un percorso di ricerca sperimentale.

Sono inoltre aperte le iscrizioni al primo incontro-laboratorio rivolto al pubblico del Teatro di Messina denominato “Il Gioco delle parti”. Da questa stagione “Il tempo dello Spettatore” prevede una serie di laboratori, tenuti dalle compagnie ospiti del programma del Teatro Vittorio Emanuele.

Il progetto ha l'obiettivo di svelare le dinamiche e i metodi che stanno dietro uno spettacolo compiuto, per condurre lo spettatore alla comprensione del testo, dei personaggi in scena e delle scelte registiche. Un'occasione davvero unica per addentrarsi nella fase della creazione. Primo incontro sabato 30 gennaio, quando un artista della compagnia in scena con lo spettacolo “Don Giovanni” di Molière per la regia di Alessandro Preziosi, terrà un laboratorio, aperto a un pubblico di non addetti ai lavori, in una delle sale del Teatro. Per partecipare basta inviare una mail con i propri dati e il proprio recapito telefonico a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., mettendo in oggetto “partecipazione al gioco delle parti”. Il laboratorio è a numero chiuso ed è gratuito.

Per partecipare è consigliata la visione dello spettacolo nei giorni che precedono l'incontro (Giovedì 28 o Venerdì 29).

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- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina. Al Teatro Vittorio Emanuele, mercoledì 27 gennaio alle ore 21 "Serata Bach-Duo Campanella-Leone" con l'Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele

Serata Bach duo Campanella-Leone

Monica Leone: pianoforte

Michele Campanella: pianoforte e direzione d’orchestra

Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele

Leone Monica e Campanella Michele

 

Due grandi pianoforti e l’Orchestra sul palcoscenico, nell’aria, fluttuante, la grande arte di Bach.

 Il duo pianistico formato da Monica Leone e Michele Campanella è il logico sbocco di un rapporto costante tra due musicisti che, partner nella musica e nella vita, sono tra i più autorevoli interpreti della letteratura pianistica. Il loro repertorio di musiche a quattro mani e a due pianoforti spazia da Bach a Bartok. Insieme hanno suonato nei teatri più prestigiosi dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma all’Opera House di Sydney, dal Coliseum di Buenos Aires a Pechino, Shanghai e Canton, dalla Settimana Musicale Senese alla Sagra Umbra a Perugia, dal Teatro San Carlo di Napoli all’Orchestra della Toscana a Firenze, all’Orchestra da Camera di Padova e del Veneto, all’Orchestra dei Pomeriggi Musicali a Milano, all’Istituzione Universitaria dei Concerti a Roma, al Teatro Massimo di Palermo, al Rossini Opera Festival, ad Auckland in Nuova Zelanda, a Melbourne e Brisbane in Australia.

 

 

 

 

Programma
Johann Sebastian  Bach

 Concerto in Re minore BWV 1052  eseguito da Monica Leone

 Allegro, re minore

Adagio, sol minore

Allegro, re minore

Concerto in Re Maggiore BWV 1054 eseguito da Michele Campanella

Senza indicazione di tempo, re maggiore

Adagio, si minore

Allegro, re maggiore

Concerto in Do minore per due pianoforti BWV 1060 eseguito da Monica Leone e Michele Campanella

Allegro, do minore

Adagio, mi bemolle maggiore

Allegro, do minore

Concerto in Do maggiore per due pianoforti BWV1061 eseguito da Monica Leone e Michele Campanella

Senza indicazione di tempo, do maggiore

Adagio, ovvero Largo, la minore

Fuga, do maggiore

 www.ticketone.it

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- di Rachele Gerace -

Comunicazione e Misericordia: un incontro fecondo è il titolo del messaggio che il Santo Padre Francesco ha scritto in occasione della cinquantesima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Un tema interessante e di necessaria riflessione sul quale anche i giornalisti messinesi si sono soffermati, sabato 23 gennaio, in un incontro/confronto con Monsignor Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale e attualmente amministratore apostolico dell’Arcidiocesi di Messina Lipari Santa Lucia del Mela e il vice capo redattore della Gazzetta del Sud e Direttore dell’emittente televisiva Rtp, Lucio D’Amico.

La fecondità di questo rapporto, si basa su una questione relazionale: la comunicazione, che ormai identifica i media come “luoghi da abitare”, non può trascurare gli attori principali di questa realtà, che sono le persone. “La comunicazione - afferma Bergoglio - ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società […] L’incontro tra la comunicazione e la misericordia è fecondo nella misura in cui genera una prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna”.

Una verità necessaria, questa, non solo per il comunicatore di fede cattolica, ma anche per chi svolge la professione giornalistica o si occupa di comunicazione, sulla quale si sofferma in maniera incisiva Monsignor Raspanti. “La società - ha detto - si basa sulla fiducia come elemento relazionale. La diffusione di notizie inesatte o lesive della dignità umana favorisce la decrescita del senso critico e quindi il fallimento dell’informazione”.

Questo - oggi più che mai, con l’avvento dei social media - risulta evidente se si considera che ogni testata segue un preciso filone editoriale, quasi sempre legato all’ideologia del singolo. In merito a questo, il Vescovo acese sostiene che è necessario “suscitare maggiore consapevolezza sull’uso di questi mezzi, soprattutto nelle giovani generazioni, cercando di riappropriarsi del codice deontologico”.

Un messaggio forte, dunque quello del Santo Padre, che interpella non solo gli uomini di chiesa, ma tutti i laici, gli addetti ai lavori in ambito comunicativo, pur nella difficoltà di “calarlo nella realtà dei fatti”, ha detto il giornalista Lucio D’Amico. “Le parole possono uccidere o dare sollievo, fluendo in maniera quasi schizofrenica poiché, tra miliardi che passano senza lasciar traccia, ve ne sono altrettante che pesano come macigni e possono cambiare la vita di una persona, di una famiglia o di un’intera società”.

Chi fa giornalismo, oggi, si trova a fare i conti con una tempistica necessariamente veloce e questo induce spesso a trascurare il valore delle parole usate e l’approccio che si ha con esse nel fare notizia: “Le parole - ha proseguito il giornalista - sono calate in un ambito in cui ci si trova a fare i conti con i concetti di fede e misericordia anche chi non è vicino alla fede”.

Compassione, dunque, ma anche veemenza, quando serve, poiché la notizia deve mettere in crisi: D’Amico ha voluto menzionare l’immagine evangelica di un Cristo che si è posto con forza dinanzi ai malfattori scacciandoli dal tempio, riferendosi all’esigenza che la Chiesa sia presente nella vita delle società concretamente e con fermezza, così come la stampa abbia il coraggio e la dignità di accogliere sempre le istanze che vengono da tutti gli ambiti, anche quelli meno “prossimi” a noi.

Nel richiamare infine, i rapporti della Chiesa con la mafia, nella misura in cui comunicare la misericordia diventa ponte indispensabile tra la giustizia terrena e quella divina, Monsignor Raspanti ha ammesso che la Chiesa ha il limite umano di autodifesa oltre a un’arretratezza comunicativa, per cui è necessario imparare una trasmissione degli atti di governo e di vita pastorale in ambito comunicativo al passo coi tempi.

L’incontro, realizzato con l’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali in collaborazione con l’Ordine Professionale dei Giornalisti di Sicilia, è stato l’occasione propizia per “avvicinare, in un confronto garbato e costruttivo la realtà ecclesiastica locale con il mondo giornalistico”, ha dichiarato la giornalista Gisella Cicciò, consigliera dell’Ordine e responsabile della formazione professionale continua per Messina.

 

untitled macalda

 

Di lu galoppu lu battitu criscenti …

un cavaleri scinni di Punenti

supra un cavaddu jancu

s’avvicinasicutu da sirventi e spadaccina,

smunta l’armatu e varda a Orienti

‘nfunnu lu mari scunfinatu e calmu,

rumpi ‘u silenziu di li cicali ‘u cantu.

Dall’ autu la Luna spanni ‘u so chiaruri‘

stu cavaleri vinni pi’ l’amurichi

da ‘nu lignu ‘dda sarà purtatu

da lu Livanti comu cunvinutu.

Spunta la vela da li Rocchi Russi

un focu s’adduma comu pi’signali

la navi si ferma e ‘na varca cumpari,

lu cavaleri finalmente si distenni

si leva l’elmu e sciogghi li capiddi …

‘mmucciata di ‘ddi ferri e armamenti

di fimmina si tratta certamenti !

Un homu scinni ‘i ‘dda varcuzza lestu

c’un sautu s’allonga pi‘ la plaja

Macalda ! Grida cu’ tutti li so’ sensa,

la signura l’avvicina e lu saluta

l’avvrazza cu’ caluri appassiunatu.

Partunu assemi lassannu Tamariciu

discurrunu ciancu a ciancu cavalcannue

a menza strata si fermanu di latu

a la taverna ‘i l’arvulu ‘gghicatu.

Antonio CattinoAntonio Cattino @ Luglio 2015

Traduzione in lingua italiana:VELA D’ORIENTE

Del galoppo il battito crescente …

un cavaliere scende da Ponente

sopra un cavallo bianco s’avvicina

seguito da serventi e spadaccini,

smonta l’armato e guarda a Oriente

in fondo il mare sconfinato e calmo,

rompe il silenzio delle cicale il canto.


Dall’ alto la Luna sparge il suo chiarore

questo cavaliere è venuto per l’amore

che da una vela lì sarà portato

da Levante come convenuto.

Spunta la vela dalle rocche rosse

un fuoco s’accende come per segnale

la nave si ferma e una barca appare

il cavaliere finalmente si distende

si toglie l’elmo e scioglie i capelli …

nascosta da quei ferri ed armamenti

di donna si tratta certamente!

Un uomo scende da quella barchetta lesto

con un salto s’allunga per la riva,

Macalda ! Grida con tutti i suoi sensi,

la signora l’avvicina e lo saluta

l’abbraccia con calore appassionato.

Partono insieme lasciando Tamaricio

discorrono fianco a fianco cavalcando

e a mezza strada si fermano accostando

alla taverna dell’albero piegato.

Antonio Cattino@ ogni diritto riservato secondo legge.

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