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Anche quest'anno la Brigata "Aosta" ha sostenuto la ricerca accanto all'Associazione per la Lotta al Neuroblastoma e all'European Neuroblastoma Association, contribuendo alle cure contro il neuroblastoma e contribuendo al finanziamento delle attività di diagnostica avanzata per consentire un approccio terapeutico mirato ai pazienti più piccoli. 

 3. Il generale Bertoncello consegna uova al prof. Romeo del PoliclinicoIl generale Bertoncello consegna uova al prof. Romeo del Policlinico

Il Comandante della Brigata "Aosta", Generale di Brigata Giuseppe Bertoncello, assieme al Magnifico Rettore dell'Università di Messina professore Salvatore Cuzzocrea e a una rappresentanza di medici e sanitari, ha consegnato, all'interno del Reparto di Neonatologia Infantile e Pediatria dell'Azienda Ospedaliera Policlinico Universitario "G. Martino", le uova di cioccolata per i piccoli pazienti ospiti del reparto. 

 4. Il reggimento logistico Aosta dona uova a Palermo 1

Il reggimento logistico Aosta dona uova a Palermo 1

Anche a Palermo gli uomini e le donne del Reggimento Logistico dell'"Aosta" hanno consegnato le uova solidali alla Missione "Speranza e Carità" di Biagio Conte, al Reparto di Oncoematologia pediatrica Ospedale Civico, all'Ospedale Pediatrico "Giovanni Di Cristina" e al Reparto Pediatrico ISMETT (Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione). 

 5. Il reggimento logistico Aosta dona uova a Palermo 2Il reggimento logistico Aosta dona uova a Palermo 2

Il Raggruppamento "Sicilia Occidentale" dell'operazione "Strade Sicure", su base Reggimento "Lancieri di Aosta" (6°), con personale del 4° Reggimento Genio, ha donato generi di prima necessità alla Parrocchia "San Domenico Savio" di Gela, che a sua volta li distribuirà alle famiglie meno abbienti della città. 

 6. Il reggimento logistico Aosta dona uova a Palermo 3

Il reggimento logistico Aosta dona uova a Palermo 2

Sono numerose le iniziative di solidarietà che ogni anno vedono coinvolti i militari dell'Esercito e della Brigata "Aosta" in particolare, che stringe frequenti e proficui rapporti di collaborazione con le comunità locali, con il mondo accademico, sociale ed economico sul territorio siciliano.

 8. Il reggimento logistico Aosta dona uova a Palermo 5

 Il reggimento logistico Aosta dona uova a Palermo 5

Magg. Giuseppe Genovesi

Brigata Aosta - Capo Sezione Pubblica Informazione

- di Giuseppe RANDO -

Nel canto XIX dell’Inferno, Dante com’è noto, getta all’inferno, con un escamotage, tre papi del suo tempo (Niccolò III, Bonifazio VIII e Clemente V), contrapponendo efficacemente il messaggio di Cristo e i luminosi comportamenti dei suoi primi apostoli all’avidità (cioè alla simonia) dei tre pontefici. E ciò – si badi –, senza mai dubitare del primato petrino, anzi facendosene paladino: «Se parlo così è per reverenza delle somme chiavi di pontefice che tenesti in vita, perché dovrei usare parole più pesanti: la vostra avidità rattrista il mondo, calpesta i buoni ed innalza i malvagi» (w.100-104).

Il sommo poeta suggella, difatti, quella vibrante, altissima invettiva ricorrendo, da perfetto cristiano, a uno dei testi sacri del cristianesimo, l’Apocalisse: «Proprio di voi parlava profetizzando l'evangelista Giovanni quando nell'Apocalisse citava colei [la chiesa, per Dante] che siede sopra le acque 'puttaneggiando con i re' (vv. 90-108)».

Egli stesso rinfaccia, quindi, senza mezzi termini, ai papi simoniaci di adorare un «dio d’oro e d’argento», anzi tanti dèi quante sono le monete che accumulano.

L’intervento si conclude, infine, con una puntuta invettiva contro Costantino I e la sua famosa «donazione»: «Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, / non la tua conversion, ma quella dote / che da te prese il primo ricco patre!» (115-117).

Posizione assai limpida, invero, e inequivocabile, che dovrebbe essere condivisa da tutti, cristiani e no.

Ebbene, scorrendo i giornali in questi giorni, si nota subito che su Dante – dopo sette secoli – ci si divide ancora: a destra (sul «Giornale», per esempio) si scambia l’invettiva dantesca contro i papi simoniaci con una rampogna a contro i papi modernizzanti (pensando, forse, a tutti i grandi papi del secondo Novecento e di questo inizio del Terzo millennio), come si evince dalla conclusione dell’articolo, I papi all’inferno, colà pubblicato: «Forse Dante oggi sarebbe stato un "tradizionalista" o un "conservatore", che dir si voglia, sempre pronto a rimproverare alle alte sfere [i papi?] vaticane stili, comportamenti e prese di distanza dottrinali nei confronti della Chiesa delle origini». All’articolista, che gode al pensiero di un Dante “conservatore”, sfugge, evidentemente, et pour cause, che sono proprio i grandi Papi moderni (da Giovanni XXIII al regnante Francesco) quelli che operano per ripristinare i valori della «Chiesa delle origini»: basti pensare alla «Chiesa povera per i poveri» proposta da Francesco.

I giornali cattolici («L’avvenire»), per converso, esaltano, giustamente, la perfetta adesione di Dante, sommo poeta cristiano, ai principi e ai testi evangelici.

La verità storica è che Dante fu un cristiano «adulto» (per dirla con Prodi), cioè immune dal tarlo del clericalismo e molto vicino al francescanesimo del suo tempo, capace, quindi, di contestare, apertis verbis, certe deviazioni affaristiche dei più alti rappresentanti della chiesa del tempo: alla fine, un cristiano che non si perita di protestare contro il malcostume di certi papi, un protestante ante litteram. Senza mai dubitare – occorre ribadirlo – del magistero petrino, suggellato nei vangeli.

In effetti, nelle sue prese di posizione contro la simonia e/o avidità di certi papi, Dante, pur restando estraneo alle logiche separatistiche delle sette ereticali dell’epoca, si mosse, per primo, sulla via che sarà ripercorsa, con altri esiti e modalità, due secoli dopo, da Martin Lutero.

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Per i suoi 25 anni di attività, l'Umbria Film Festival che si terrà, dal 7 all'11 luglio 2021, come di consueto, nel borgo medievale di Montone (Perugia), lancia la prima edizione di 'Amarcorti', sezione competitiva dedicata ai cortometraggi italiani. A iscrizione gratuita, il bando scade il 16 maggio 2021 e si rivolge a registi italiani o residenti in Italia, con particolare attenzione alle cinematografie emergenti, ai giovani cineasti e agli indipendenti. Possono partecipare a questa sezione corti realizzati nel triennio 2019-2021 della durata massima di 25 minuti (titoli inclusi), senza alcuna preclusione di stile o di genere. Sono ammessi alla selezione anche cortometraggi già presentati o premiati in altri festival. La domanda di iscrizione dovrà essere inviata all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. in una mail, con oggetto 'AMARCORTI' e dovrà contenere nome, cognome e data di nascita del proprietario del film, con titolo, sinossi e scheda tecnica del cortometraggio. E’ richiesto, inoltre, un formato digitale del film (video HD, preferibilmente file MOV o MP4) o un link streaming con eventuale password per la visione da parte della giuria, oltre a due foto del film e una del regista. Tutte le specifiche per partecipare al bando al link ufficiale:  www.umbriafilmfestival.com/uff/partecipa-ad-amarcorti/

Due i Premi per questa prima edizione di 'Amarcorti'. Per il Miglior Corto, la distribuzione internazionale sulla piattaforma CinemaItaliaUK e la collaborazione per la realizzazione di una nuova opera a cura di Produzione Straordinaria S.r.l. Prevista anche una Menzione d’Onore, che permetterà al premiato il libero accesso all’archivio di Augustus Color, eccellenza da oltre 40 anni nel campo della produzione, post-produzione e restauro di vecchie pellicole.

'Questo nuovo bandosottolinea la direzione artistica - dà la possibilità ai giovani cineasti di vedere il frutto del proprio lavoro giudicato da professionisti del settore e permette loro di portare il proprio lavoro là dove dovrebbe sempre essere mostrato: sul grande schermo, dove il pubblico del festival potrà vederlo e apprezzarlo”.

Il festival, che si avvale della presidenza di Terry Gilliam, della direzione artistica di Vanessa Strizzi, e della direzione organizzativa di Chiara Montagnini e Marisa Berna, ha da poco lanciato una campagna di crowdfunding per sostenere le sue attività. Anteprime cinematografiche, cortometraggi, performance musicali e laboratori e anche un progetto speciale, (In The) Limelight, una mostra diffusa di arte contemporanea che coinvolgerà 3 giovani artisti emergenti.


Per maggiori informazioni

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
www.umbriafilmfestival.com
www.kickstarter.com/projects/umbriafilmfestival/sostieni-lumbria-film-festival
tel. 075 9410776

- di Marcello Crinò -

Anche quest’anno, a causa dell’emergenza Coronavirus, non si svolgerà la doppia processione delle “Varette” del Venerdì Santo di Barcellona e di Pozzo di Gotto. L’ultima interruzione delle due processioni del Venerdì Santo risale al 1854 (con sicurezza quella di Pozzo di Gotto, con un margine di dubbio per la barcellonese), a causa dell’epidemia di colera. La processione di Pozzo di Gotto fu sospesa, ancor prima, tra il 1783 e il 1800 circa, a causa dei terremoti che danneggiarono il Duomo di Santa Maria Assunta.

La doppia processione delle “Varette” del Venerdì Santo, per le sue peculiarità, è stata iscritta nel Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia (approvazione del 20 ottobre 2008; Gazzetta Ufficiale della Sicilia del 9 maggio 2014, pp. 38-44). I modi di formazione della città (due nuclei originariamente separati dal torrente Longano) hanno fatto sì che a Barcellona, caso unico, si sviluppassero due processioni con ben ventisei “varette”, costituite da sculture ispirate a opere d’arte rinascimentali, manieriste e barocche. I gruppi statuari durante l’anno sono custoditi in parte nelle chiese e in parte in magazzini non molto accoglienti per opere di questo tipo. Da anni si parla invano di trovare uno o due luoghi dove esporre in permanenza le “vare” che stanno nei magazzini, integrando il percorso museale con le foto delle opere invece custodite nelle chiese e quindi sempre visibili.

La processione di Pozzo di Gotto, risalente al 1621, seppur in forma ridottissima rispetto all’attuale, forse con il solo Ecce Homo, si forma nella via Risorgimento, di fronte la chiesa di Gesù e Maria, dove sono custodite le “varette” dell’Ecce Homo e dell’Urna col Cristo morto e prosegue fino al Duomo di Santa Maria Assunta, disponendosi in due file nelle strade che circondano il Duomo. Da qui si snoda lungo la via Garibaldi, raccogliendo durante il percorso altre due “varette” custodite nella chiesa delle Anime del Purgatorio. Le origini di questa manifestazione hanno chiari riferimenti alla tradizione spagnola; addobbate con fiori e luci, spesso solo con candele, hanno mantenuto nel tempo le caratteristiche iniziali.

I gruppi statuari sfilano secondo questo ordine: Ultima cena (rifatta nel 1863 da Carmelo Vanni, il Cristo è stato rifatto nel Novecento; custodita in un magazzino, affidata alla Figlie di Maria); Cristo nell’orto (1864, opera di Carmelo Vanni; magazzino a Pizzo Castello, patrocinatore Salvatore Bellantone); Cristo alla colonna (restaurato nel 1864 da Carmelo Vanni; Oratorio Anime del Purgatorio, patrocinatore famiglia Maio); Ecce Homo (1621, rifatto nella seconda metà dell’Ottocento; chiesa Gesù e Maria, patrocinatore Confraternita S. Eusenzio, rappresentata da Walter Rizzo); Cristo porta la croce (1864; magazzino a Pizzo Castello, patrocinatore famiglia Isgrò); Incontro con le pie donne (1950; magazzino accanto fontana Pizzo Castello, patrocinatore famiglia Cristelli); Cristo caduto sotto la croce (1900; autore F. Giuseppe Fiorello, l’opera fu premiata a Roma nel 1911 e poi acquistata per la processione, chiesa dei Cappuccini, patrocinatore Confraternita dei Cappuccini); Cristo spogliato dalle vesti (1970 circa; magazzino a Pizzo Castello, patrocinatori fratelli Rizzo); Crocefisso (XVII secolo, sostituito nel 1865 con l’opera di Giuseppe Rossitto; Duomo S. Maria Assunta, patrocinatore famiglia Bartolone); Pietà (1921; magazzino accanto fontana Pizzo Castello, patrocinatore Vittorio Spada); I simboli della Passione (1969, altre fonti parlano di 1980-1981; Duomo S. Maria Assunta, patrocinatore famiglia Pettineo); Urna col Cristo morto (XVII secolo, rifatta nel 1895; chiesa Gesù e Maria, patrocinatore Vito Arrico); Addolorata (1658 circa, sostituita nel 1875 con un’opera di Michele Gangeri; Oratorio Anime del Purgatorio, patrocinatori famiglie Romano e De Francesco, il coordinamento era affidato a Saro Cutropia, scomparso nel 2020). L’Urna col Cristo morto è accompagnata dai “Giudei”, in realtà soldati romani caratterizzati da un elmo sormontato da penne di pavone, che sin dal periodo paleocristiano era il simbolo della consacrazione della Chiesa, e le cui carni erano ritenute incorruttibili e pertanto simbolo della Resurrezione. Un simbolismo ormai dimenticato ma ben chiaro a chi per primo li fece realizzare. La processione si conclude con il baldacchino e il parroco (negli ultimi anni è stato padre Santo Colosi) recante la reliquia della Croce, custodita in un ostensorio, e la Banda musicale.

La processione delle “Varette” di Barcellona si forma presso la chiesa di San Giovanni dove si radunano anche le varette provenienti da altre chiese e magazzini. L’origine di questa seconda processione, che presenta caratteri di maggiore sfarzo rispetto all’altra, con addobbi floreali più ricchi, risale probabilmente alla metà del Settecento (con il Crocefisso e l’Addolorata, del 1754), cioè quando la chiesa di San Giovanni fu ingrandita acquisendo l’assetto architettonico attuale, ma si è consolidata nel 1871, tanto che alcuni studiosi ritengono che questa sia la vera data di origine.

I gruppi scultorei si muovono in quest’ordine: Ultima cena (Ottocento, rifacimenti di Matteo Trovato, scultore barcellonese vissuto dal 1870 al 1949; magazzino S. Francesco di Paola, patrocinatore associazione Quartiere S. Francesco di Paola, rappresentata da Nino Azzena); Cristo nell'orto degli ulivi (Ottocento, Matteo Trovato, restaurata da Giuseppe Emma nel 1976; magazzino via Ugo di S. Onofrio, patrocinatori famiglie Fugazzotto, Imbesi, Barbera-Calarco, Lo Presti); Cristo alla colonna (Ottocento, rifatta da Matteo Trovato; chiesa Madonna di Fatima, patrocinatore famiglia Torre); Ecce Homo (Ottocento, rifatta da Matteo Trovato nel 1921; chiesa dell’Immacolata, patrocinatori Confraternita dell’Immacolata e famiglia Alosi); Cristo porta la croce (Ottocento, rifatta da Matteo Trovato nel 1911; magazzino via La Marmora, patrocinatori famiglie Marino, Giunta, Di Paola, Barca, Bisignani); Caduta di Cristo (Ottocento, Cristo è stato rifatto da Matteo Trovato nel 1933, restauro di Pietro Indino 1977 (Pietro Indino, Lecce 1912-1992); magazzino via La Marmora, patrocinatore famiglia Porcino); Crocefisso (1754, rifatto nel secondo Ottocento, figure aggiunte nel 1977 dallo scultore Giuseppe Emma; magazzino Fondaconuovo, patrocinatori maestri falegnami di Fondaconuovo rappresentati da Andrea Scarpaci); Discesa dalla croce (1948, opera di Pietro Indino da Lecce; sagrestia chiesa dell’Immacolata, patrocinatore Pippo Russo); Pietà (1948, opera della Ditta Longo; sagrestia chiesa dell’Immacolata, patrocinatori i pescivendoli rappresentati dalla famiglia Porcino); Cristo portato al sepolcro (1948, opera di Pietro Indino, oppure, secondo altre fonti, opera del leccese Giuseppe Manzo (1849-1942); magazzino via La Marmora, patrocinatori iniziali i macellai, patrocinatori attuali famiglia Pirri e Alizzi); Urna col Cristo morto (secondo Ottocento, rifacimento dell’Urna nel 1929 ad opera di Salvatore Crinò, il Cristo è di Matteo Trovato; l’urna è nel magazzino in via Militi, Cristo è nella chiesa di S. Giovanni, patrocinatore famiglia Brigandì); Addolorata (1754; chiesa di S. Giovanni, patrocinatori famiglie Sidoti e Crinò); ed infine la Banda musicale. Dal 2017 nella processione manca la “varetta” del Pretorio di Pilato (1980 o 1981, opera dello studio d’arte di Pietro Indino). Durante la ricognizione attuata per tempo nel magazzino dov’è custodita, fu trovata rosicchiata dai topi e sembra che sia andata parzialmente distrutta. Anche a Barcellona l’Urna del Cristo morto è accompagnata dai “Giudei”, senza le penne di pavone ma con un semplice elmo con pennacchio. A conclusione della processione si colloca il baldacchino con il parroco di San Giovanni (negli ultimi anni padre Giuseppe Turrisi) recante la reliquia della Croce e la Banda musicale. Dal 2016 viene portata in processione anche una copia della Sacra Sindone, appartenente alla parrocchia di San Giovanni.

Le due processioni, accompagnate dalla “Visilla”, un canto polivocale basato sul testo della Vexilla Regis del poeta latino Venanzio Fortunato, nella serata si incontrano sulla copertura del torrente Longano, percorrendola da nord verso sud quelle di Barcellona, e in senso inverso quelle di Pozzo di Gotto. Durante l’incontro le due processioni si fermano e i gruppi statuari ruotati di novanta gradi, secondo un’usanza iniziata nel 2010. L’incontro delle due processioni del Venerdì Santo sulla copertura del torrente Longano risale al 1968, artefice Don Rodolfo Di Mauro, direttore dell’Oratorio Salesiano di Barcellona dal 1961 al 1968. Alle due processioni partecipano gli Assessori comunali e il Sindaco.

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Per realizzare l’evento, molto sentito dai Barcellonesi e dai Pozzogottesi, è necessario un grande lavoro organizzativo. Ogni “varetta”, come abbiamo visto, è patrocinata da una famiglia, spesso sono i discendenti di quelli che l’hanno fatta realizzare, oppure da una confraternita o da un gruppo di artigiani o commercianti, che provvedono alla custodia, all’addobbo floreale, al trasporto, al restauro, all’illuminazione ed alla cena finale. A conclusione della serata a tutti coloro che partecipano al trasporto della “vara” ed al canto della “visilla” viene offerta una cena a base di pescestocco “a gghiotta” innaffiato da buon vino.

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Il Giovedì Santo nelle chiese vengono allestiti i cosiddetti “Sepolcri”, definiti dalla Chiesa “Altari della Reposizione”, dove sono presenti vasi con germogli di grano o cereali coltivati al buio per perpetuare, secondo una lettura “laica”, il culto greco arcaico dei Giardini di Adone, legati al mito della rinascita primaverile. A tal proposito in un passo nel Ramo d’oro di James G. Frazer (Glasgow 1854 – Cambridge 1941), uno dei fondatori della moderna antropologia, si può leggere: «I giardini di Adone vengono ancora seminati a primavera e in estate, in Sicilia; possiamo quindi dedurne che forse la Sicilia, come la Siria, celebrasse anticamente una festa del dio morto e risorto. All’approssimarsi della Pasqua, le donne siciliane seminano frumento, lenticchie e miglio dentro vassoi che conservano al buio, annaffiandoli ogni due giorni. Ben presto spuntano le piantine, che vengono legate con nastri rossi. I vassoi sono poi collocati sui sepolcri, allestiti nelle chiese greche e cattoliche il Venerdì Santo; proprio come i giardini di Adone erano collocati sulla tomba del dio defunto. L’usanza non si limita alla Sicilia ma è seguita anche a Cosenza, in Calabria, e forse in altre località. L’intera tradizione – i sepolcri e i vassoi con le piantine germogliate – potrebbe non essere altro che una sopravvivenza del culto di Adone, sotto diverso nome

Bibliografia:

A. Saya Barresi, Un caso di “Pietas” collettiva, Quaderni de “lo studente”, Palermo, 1985;

C. Biondo, Chiese di Barcellona Pozzo di Gotto, Grafiche Scuderi, Messina, 1986;

James G. Frazer, Il ramo d’oro, Newton Compton Editori, 2014 (cfr. pp. 392-393);

G. Trapani, A. Italiano, A. Il Grande, Le varette di Barcellona Pozzo di Gotto, Giambra Editori, Terme Vigliatore, 2015;

La settimana Santa a Barcellona e Pozzo di Gotto, pagina facebook;

Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto-Sicilia, pagina facebook;

Vexilla regis, pagina facebook;

Voce Matteo Trovato, Wikipedia.

31 marzo 2021

La città si apre a molteplici chiavi di lettura se la si esplora con le proprie gambe o anche con le ruote di una bicicletta: un’apertura verso nuovi scenari anche per gli abitanti di una metropoli sulla quale, a livello di monumenti e opere d’arte, si è già detto tutto, ma che invece consente di andare alla scoperta, da vicinissimo, di percorsi e scenari, tra storia e ambiente, continuando a comunicare le sue bellezze e a stupire con i propri segreti. In questo contesto esce “Roma, Guida insolita per esploratori urbani”, il nuovissimo libro di Carlo Coronati che, dopo la precedente guida “Roma una vera bellezza”, sempre per Edizioni Il Lupo, propone una mappatura di 15 itinerari trekking alla ricerca dell’immersione per incanto, a partire dall’orientamento tracciato dalla bussola del proprio corpo.

“Pensavo di aver concluso per sempre la mia ricerca su Roma – afferma l’autore, già massimo esperto delle guide per trekking di montagna sugli Appennini – ma invece ho avuto l’occasione di continuare a sognare ad occhi aperti ed ho ripreso a catturare luoghi sconosciuti, meandri di verde ed angoli di dolcezza, proprio come un bambino che smonta e rimonta il suo giocattolo, la mia città, con ore di cammino, soffermandomi, fotografando, curiosando senza disturbare e interrogando le persone di ogni area urbana, incontrate in quei paraggi per caso o per abitudine quotidiana. Andar per pause e accelerazioni è un po’ il motto della guida per il movimento dolce di “flâneurs” girovaghi che possono riscoprire non solo la Natura che emerge prepotente nella Città ma la sua relazione col territorio urbano, lanciandosi e districandosi in quindici avventure di cammino o pedalata, come se la città fosse un labirinto.”

Attraverso una scelta soggettiva e originale, l’autore ci trasporta così dalla periferia al centro storico passando per borghetti e viuzze, dai quartieri della street art ai palazzi del potere, catapultandoci in immense aree verdi, custodi di monumenti di cui conoscevamo a malapena le vicissitudini storiche. Gli itinerari sono quasi tutti in traversata (pochissimi ad anello) e sono legati dalla memoria ma accompagnati dal silenzio. La guida, con mappature dettagliate incluse (e una cartina estraibile), è ricca di informazioni per iniziare a terminare itinerari che vanno dai 12 ai 15 km, comprese le indicazioni per l’utilizzo, durante il tragitto, dell’uso di mezzi pubblici (utili anche per recuperare eventualmente la propria auto al punto di partenza).

Una scoperta continua, senza tabù e preconcetti, molto utile – specie in questo complicato periodo pandemico – per ritrovare nella Roma, che si pensa di conoscere già, un mondo nuovo, dalle svariate caratteristiche, proprio come asseriva uno dei suoi più appassionati cantori, Gigi Proietti: una “Città eterna e fragile, tragica e ironica, cinica e innamorata”.

EDIZIONI IL LUPO

Infoline: +39 06 992 215 26 - +39 329 974 8092 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Londra. Prossima uscita in Inghilterra in inglese, dunque, per la scrittrice Deborah Young, per il suo libro, un accattivante romanzo, dal titolo Pirates in Black Tie. Chi è Deborah Young? Nata nel Missouri, International Film Editor di Hollywood Reporter, writer, master presso il Wellesley College; New York University Tisch School of the Arts; conosciutissima giornalista, critico cinematografico, direttore di classe del TaorminaFilmFest di passate edizioni, brillanti ed accattivanti con super vip provenienti da tutto il mondo e con registi d’eccellenza per un Grande Cinema, un profilo professionale di elevato spessore, maturato nel campo del Cinema d’eccellenza e nei festival, da lei diretti con passione, dedizione e notevole successo, sempre e comunque, nel mondo, dal Tribeca Film festival in America, al Nord Africa etc etc L’abbiamo incontrata ai festival, nel mondo e la nostra Accademia Euromediterranea delle Arti ha avuto l’onore di premiarla con una Targa Quality a Berlino, in occasione del festival del Cinema presso Infantellina Art Gallery, nel corso di una mostra d’arte da noi presentata. Oggi, Deborah Young è pronta a presentare un suo romanzo di sicuro successo: Londra , l’Inghilterra sarà il trampolino di lancio del libro, in inglese; sarà la volta, successivamente dell’Italia, con la versione del romanzo , in Lingua Italiana. Immediatamente, l’impatto visivo con la copertina è straordinario per catturare l’attenzione del lettore che, subito, viene proiettato…ai Caraibi e verso colpi di scena inimmaginabili. Ma non sveliamo alcunchè, per lasciarvi in attesa di leggerlo. Restiamo in attesa della prima presentazione inglese per svelarvi qualche particolare del romanzo.( Europe Books; Build Universe).    

 

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Messina.  Sulla Via Martino, al centro della città, abita l'orgogliosa nipote Caterina Rappazzo( figlia della sua terza figlia) di colui che inventò il cinema sonoro e diede una svolta straordinaria al Cinema: Giovanni Rappazzo. Quando mi recavo a Parigi, sul Boulevard des Italiens mi indicavano il luogo, un noto  ristorante Il Café des Capucines, come il luogo in cui i Fratelli Lumiéres  avevano presentato il proiettore cinematografico...Non sapevo sino ad un decennio fa, che, invece, fu un siciliano, un messinese doc ad inventare il Cinema Sonoro e vi sono manoscritti disegni e mille prove che tiene conservate gelosamente  l'orgogliosa discendente che vorrà farne un film , inseguendo questo sogno, da decenni, ma che presto sicuramente diventerà realtà. Scrive Michele Piacentini"Avete mai provato ad immaginare di guardare il film Jurassic Park senza poter sentire i terrificanti versi dei velociraptor? Oppure di guardare i telegiornali senza poter sentire, per esempio, cosa dicono i politici intervistati? O ancora di pubblicare i vostri video personali sui vari social senza poter far sentire la vostra voce o la vostra musica?

Ecco, tutto questo ora è possibile grazie al genio italiano Giovanni Rappazzo (1893-1995) che cento anni fa, a marzo del 1921, depositò all’Ufficio Brevetti di Roma la sua rivoluzionaria invenzione, la pellicola a impressione simultanea di immagine e suoni, il primo film sonoro.

Come accade con la giustizia, che spesso si divide tra senso percepito e documenti depositati, anche il mondo delle invenzioni si divide tra chi inventa e chi poi sfrutta i brevetti. Infatti, alla scadenza formale del brevetto (marzo 1926) che Giovanni Rappazzo non aveva potuto rinnovare per gli elevati costi di rideposito, la casa di produzione cinematografica americana Warner Bros. si sbrigò a realizzare e a pubblicizzare il film sonoro The Jazz Singer (1926) come il primo film sonoro, attribuendosi così una paternità immeritata e giustamente contestata anche dallo stesso Rappazzo. 

Ripercorrendo velocemente un po’ di storia, è bene ricordare che un tempo i film erano di breve durata e consentivano di riprodurre soltanto le immagini senza l’audio. Perciò durante le proiezioni nei cinematografi, un po’ per coprire i rumori degli spettatori presenti in sala e un po’ per dare un maggiore effetto alle immagini che scorrevano sui teli delle proiezioni, spesso venivano impiegati dei pianisti che a loro fantasia accompagnavano le immagini del film. In qualche caso venivano scritturate persino delle orchestre che eseguivano i brani indicati dalle case cinematografiche e dei rumoristi che da dietro i teli delle simulavano alcuni effetti sonori.

Ma per superare gli enormi problemi che stavano dietro ad ogni singola proiezione, alcune case cinematografiche avevano deciso di distribuire insieme ai film anche i dischi su cui erano incise le colonne sonore. Questi venivano inseriti in un grammofono e riproducevano i brani più adatti alle scene proiettate. Ciò nonostante, tra il gracchiante grammofono vicino al telo ed il rumoroso proiettore alle spalle degli spettatori, le visioni gradevoli dei film erano ancora molto lontane.

In tutto ciò, mentre il mondo si dilettava a realizzare scene impressionanti su celluloide (i film), il ventenne Giovanni Rappazzo metteva in piedi i suoi esperimenti di foto-cine-fonia e di cine-sonoro. Grazie ai suoi studi di perito elettronico aveva avuto l’intuizione, per dirla in termini semplici, di creare una pellicola in cui aveva applicato una colonna elettrica (pista magnetica che poteva riprodurre i suoni attraverso un altoparlante) che riproduceva in modo sincronizzato alle immagini tutti rumori e le voci che aveva registrato. Così, nell’estate del 1913 in un cinema all’aperto della sua Messina, Giovanni Rappazzo proiettò la prima pellicola a impressione simultanea di immagine e suoni realizzata da lui stesso: il primo film sonoro.  

Nel corso dei decenni, andando per sommi capi, i film sonori sono diventati anche film a colori (1934) e poi, soprattutto con l’avvento della televisione, sono passati dalla pellicola al magnetico (vhs e similari) fino ad approdare all’attuale digitale. Il sistema digitale, che in questo caso fonde il cinema (la cinesi delle immagini) all’elettronica (codificazione in dati elettronici), è alla base dei video che realizziamo con i nostri telefonini e che spesso inviamo ai nostri amici o che pubblichiamo sui social.

Quindi, rivolgendomi simbolicamente alla giovane barista della periferia romana in cerca di Likes per le sue Stories sui Socials che genuinamente mi aveva esternato “io nun le so tutte ste cose qua ma me basta aumenta’ i followers”, ho tentato di ricordarle alcuni dei pionieri dell’ampio mondo dell’audiovisivo e di farle quanto sia difficile veder riconosciuta una giusta visibilità per i propri meriti visto che persino il padre dei video sonori, nonostante il riconoscimento dell’ONU, per decenni è stato nell’oblio."

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(28/31 July 2021 - Valley of the Temples of Agrigento, Italy)

The Sicilymovie - Festival del cinema di Agrigento is a festival of short films, documentaries, video clips and animation shorts.

The festival’s main partner is the International Fund for Agricultural Development (IFAD), member of COPEAM.

IFAD and COPEAM have established a joint Award for the “Thematic documentary” category: documentaries that look at food security and issues facing rural communities. Suggested themes include climate and environment issues, nutrition and nutrition education, indigenous peoples, gender and young people. Documentaries must have a focus on the Mediterranean countries. Maximum duration is 20 minutes, including opening and ending titles.

Deadline for entries: 31 May 2021 at 23:59 CET.

Click here for more info and to read the whole call for entries



FESTIVAL DEL CINEMA DI AGRIGENTO

iN BASSO PER LE CANDIDATURE DA PARTE DEI REGISTI

Maria Teresa Prestigiacomo

(28/31 juillet 2021 - Vallée des Temples d'Agrigente, Italie)

Le Sicilymovie - Festival del cinema di Agrigento est un festival de courts-métrages, documentaires, vidéoclips et courts d'animation.

Le partenaire principal du festival est le Fonds international de développement agricole (FIDA), membre de la COPEAM.

Le FIDA et la COPEAM ont mis en place un prix conjoint pour la catégorie « Documentaire thématique »: des documentaires sur la sécurité alimentaire et les problèmes auxquels sont confrontées les communautés rurales. Les thèmes suggérés incluent les questions climatiques et environnementales, la nutrition et l'éducation nutritionnelle, les peuples autochtones, les jeunes et les questions de genre. Les documentaires doivent intéresser les pays méditerranéens. La durée est de max 20 minutes, y compris les titres d'ouverture et de fin.

Date limite pour inscription: 31 mai 2021 à 23h59 CET.

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