Altitudine: m. 420 s.l.m.
Etimologia: da “meleto” (campo di mele) o anche da “Miletum” o “Militellum” (località calabra che fu residenza del Gran Conte Ruggero di Sicilia. Non può escludersi tuttavia anche la derivazione da “Militum tellus” cioè agglomerato urbano costruito da soldati oppure, ancora, da “melis tellus” per la ricca e fiorente produzione di miele nel territorio.
Il termine “Rosmarino” derivante dal fiume a valle fu aggiunto nel 1862.
Abitanti: 1350 unità (2008) denominati Militellesi o Militellani
Densità: 46 per Km/q
Patrono: San Biagio vescovo (festa e processione il 3 febbraio ed il 24 e 25 agosto)
Ambiente e risorse: Posto su un colle che si affaccia sulla Valle del fiume Rosmarino, il paese è dotato di un invidiabile patrimonio naturale con ad est le mirabili sovrastanti rocce della Rocca di Traùra, primo contrafforte delle Rocche del Crasto, e ad ovest fitti e variegati boschi a a nord la visione della costa con sullo sfondo le Isole Eolie. L’attività economica principale di Militello è l'agricoltura. Le colture prevalenti sono le olive (la produzione di olio d’oliva è tra le migliori della Sicilia) le granaglie, l'uva da mosto, le apprezzatissime ciliegie e i fichi che vengono esposti nell'annuale Fiera che si tiene nel mese di giugno. Diffuso è l’allevamento del bestiame bovino e ovino con ottima produzione di carni di vitello, capretto e castrato. La produzione casearia annovera un ottimo formaggio pecorino.
Curiosità: La Rocca Traùra (m. 1005) che domina il paese e la sottostante valle del Rosmarino è sito di nidificazione di numerosi uccelli rapaci tra i quali da alcuni anni è tornato a vivere, grazie all’Ente Parco dei Nebrodi, l’avvoltoio Grifone, affascinante nella sua imponenza ed eleganza di volo. Questo stupendo animale è maestro nello sfruttare ogni alito di vento e le correnti ascensionali della valle create dal vento di scirocco che si formano in prossimità delle pareti rocciose sotto il centro abirato. E’facile per questo poterlo vedere e fotografare.
Storia
Il centro di origini romano-bizantine e poi arabe si è sviluppato in epoca medievale e in particolar modo sotto la dominazione dei normanni (anno 1000) che vi edificarono un castello al tempo di Ruggero il Guiscardo (1081) .
Fece parte con San Marco d’Alunzio al Regio Demanio fino al sec. XIV. Gli Aragonesi lo resero feudo assegnandolo a Sancio De Esur cui succedette Sancio d’Aragona. Nel 1400 Martino d’Aragona concesse Militello a Bernardo da Caprera a cui fece seguito Enrico Rosso (1505). La famiglia Rosso dominò per tutto il sec. XV col titolo di baroni.
Enrico Rosso, in particolare, fu un vero e proprio mecenate della cultura rinascimentale. Nel 1508, alla morte d’Enrico, fu investito della baronia di Militello il figlio Girolamo Rosso, e a questi successe, nel 1515, Vincenzo Girolamo, che morì senza discendenza. Si concludeva così dopo oltre un secolo la signoria di casa Rosso a Militello. Nel 1573 il possedimento passò alla Famiglia Gallego. Nel 1628 Luigi Gallego fece edificare un castello alla marina proclamandosi Marchese di S.Agata. Nel ‘700 i Gallego si stanziarono a Palermo. Nel 1821 essi cedettero i loro beni al Principe di Travia.
Durante l’ottocento molte famiglie abbandonarono Militello per S.Agata dando inizio ad un declino demograficocce si aggravò ulteriormente fino agli anni 50 con l’emigrazione verso il nord dell’Italia ed all’estero.
Beni Culturali
Dell’imponente castello normanno oggi restano solo dei ruderi. Dalla planimetria regolare era circondato da una cinta muraria che lo isolava sul colle ove sorgeva. Era in rapporto visivo con i castelli di San Marco, Capo d’Orlando e San Fratello. Aveva un portale marmoreo grandi magazzini e stanze, carceri ed una Chiesa interna. E’ andato in rovina dopo il 1860.
La Chiesa di San Domenico (già chiesa dell’Annunziata) risale al 1512 e fu voluta dal Barone Enrico Rosso che con essa sancì l’avvento del primo rinascimento a Militello. In essa è custodito il monumentale marmoreo sarcofago della moglie Laura. Il portale della Chiesa è in pietra calcarea riccamente decorata con figure e simboli esoterici. Il frontone arricchito con elementi barocchi reca una iscrizione del 1709 “Paradisi Porta” ed un rilievo, simbolo domenicano, col cane recante una fiaccola accesa. In essa sono presenti altre sepolture, statue (quella lignea del ‘700 di San Vincenzo Ferrer, attribuita a Filippo Quattrocchi), quella marmorea quattrocentesca della Madonna dell’Aiuto e tele barocche (raffiguranti la Madonna della Lettera, la Madonna della Neve e Santa Scolastica. Bellissimo l’altare ligneo di San Domenico (1638) ed il prezioso tabernacolo con la sovrastante cantoria in legno policromo dipinto con angeli musici.
Adiacente alla chiesa è il seicentesco Convento di San Domenico.
La Chiesa di San Sebastiano fu edificata nel XVI secolo. Presenta una sola navata con un arco trionfale in marmo rosso San Marco (inizi sec. XVIII). Al suo interno, ai lati delle pareti in posizione frontale, due statue lignee seicentesche di San Cosma e San Damiano, un pregevolissimo organo realizzato nel 1755 da Don Annibale Lo Bianco, artista di Galati Mamertino, un elegante coro ligneo, una tela di Pietro Novelli raffigurante la Madonna tra i santi Sebastiano e Rocco, una statua lignea di San Sebastiano del 1757 ed un’urna contenente il Cristo Morto in cartapesta, di autore ignoto, risalente al sec. XVII.
La Chiesa Madre, intitolata a San Biagio, risale al sec. XVI. Presenta un elegante portale in marmo di forme classiche con due colonne e capitelli. L’interno è ad un’unica navata con l’altare maggiore realizzato con marmi intarsiati è dominato dalla maestosa tela dell’Immacolata di Giuseppe Tomasi datata 1672. Bellissimo l’antico coro ligneo. A destra è presente l’altare del Crocifisso ove sullo sfondo di un affresco del ‘700 si erge un Crocifisso in legno di fine sec.XVI dei maestri Li Volsi di Tusa, alla base del quale è posta la commovente statua lignea ottocentesca realizzata da Bagnasco da Palermo. Da ammirare poi sono anche il Cenotafio di Filippo Corazza del 1763, opera di Ignazio Marabutti, la stupenda Cappella del Santo Patrono San Biagio la cui statua lignea risale al XVII sec.
La Chiesa di S. Maria del Soccorso è del seicento. Si erge su di una collinetta in posizione dominante la valle del Rosmarino ove anticamente era situata quella di San Francesco d’Assisi con annesso convento del 1569. Il portale è in pietra sormontato da un ampio finestrone. Delimitato da un arco trionfale in marmo rosso San Marco vi è l’altare, pure in marmo, sul quale si trova la statua lignea della Madonna del Soccorso. Ai lati del presbiterio vi sono due cantorie lignee del ‘700. Da ammirare pure un dipinto del ‘600 raffigurante la Vergine Immacolata con i Santi Francesco e Carlo Borromeo. Accanto alla Chiesa nel ‘600 fu costruito il “Ritiro” destinato ad ospitare i sacerdoti anziani ed ammalati, che era pure dotato di una preziosa biblioteca andata perduta.
Da segnalare, ancora, l’antica chiesetta di San Nicola (Madonna delle Grazie) presso il Castello, la chiesa di San Costantino che contiene la pregevole tela del ‘700 del Battesimo di San Costantino e, infine, l’antica Abbazia di S. Maria del Brignolito che nel Settecento ha subito rilevanti trasformazioni. Infatti la parte esistente coincide con la sola navata centrale dell’antico edificio. Le due navate laterali furono abbattute e gli spazi tra le colonne e tra gli archi murati. L’area interna dell’altare è delimitata da due eleganti archi in pietra uno dei quali contiene tre stemmi tra cui quello della famiglia Rosso.
Tradizioni
Il 25 agosto si festeggia il Santo Patrono San Biagio la cui statua viene portata in solenne processione per le vie del borgo su di una pesante ma preziosa ed elegante vara dagli uomini del paese. Il giorno precedente, in occasione della processione del quadro di San Biagio vengono lanciati ai fedeli presenti i tradizionali “panotti benedetti” in segno di ringraziamento per il raccolto dell’annata. Il momento più emozionante della festa è quando viene effettuata dai portatori della statua una frenetica corsa non appena si giunge in prossimità della piazza principale.
Altro grande momento di intensa emozione viene vissuto dalla comunità in occasione delle appresentazioni della Settimana Santa. In particolare quando otto “Giudei” vestiti con una tunica blu portano a spalla in segno di penitenza l’effigie del Crocifisso affiancati da quattro “Maddalene” in veste nera che seguono in doloroso silenzio. A seguire viene portata la statua della “Desolata”. Suggestiva pure la processione del Cristo Morto contenuto nell’antica urna.
Il 19 marzo si festeggiano con una processione congiunta San Giuseppe col Bambino e S. Maria del Soccorso.