- di Mirella Formica -
La Chiesa Cattedrale di Messina, stranamente, può dirsi una delle più antiche dell'Italia e, al tempo stesso, una delle più recenti.
Della sua antichità parlano subito i sontuosi portali di accesso. In modo particolare quello centrale: un ricchissimo intreccio di statue, colonnine, bassorilievi con figure di Santi e di scene campestri. Vi lavorarono Antonio Baboccio, Pietro di Bonitate, Giovan Battista Mazzolo e altri.
Un vero gioiello di scultura e di architettura, con artisti che ci riportano ai secoli d'oro dell'arte italiana, fra il '300 e il '500. A tempi più remoti ci riportano i mosaici delle absidi, con le figure di sovrani che segnano certamente la datazione di quelle opere: Federico II (t 1337) e sua moglie Eleonora, Pietro II (t 1342) e sua moglie Elisabetta, Ludovico d'Aragona (~ ?1355) e suo zio Giovanni Duca di Randazzo.
Eppure questi mosaici non appartengono agli anni da essi indicati con precisi riferimenti storici, ma sono copie eseguite negli anni quaranta del secolo scorso, dopo l'ultima guerra, e gli splendidi portali, così come i numerosi monumenti sepolcrali, non sono supportati dai muri originari, ma sono ricomposti su quelli costruiti dopo il terremoto del 1908. Il Duomo di Messina, nel corso dei secoli, è stato più volte distrutto e o semidistrutto, e sempre ricostruito, spesso cambiando volto. Se si confrontano le antiche stampe del Duomo di Pisa con le fotografie di oggi, se ne riconosce la perfetta identità; non così se si confrontano le fotografie del nostro Duomo con quelle di appena di un secolo fa.
La tradizione locale afferma che una prima chiesa cattedrale sorse a Messina, non si sa se in un tempio consacrato oppure in un fabbricato di nuova costruzione, attorno al 535-540, al tempo in cui il generale bizantino Belisario debellava dalla Sicilia gli ariani Ostrogoti, essendo imperatore d'Oriente a Costantinopoli Giustiniano e papa a Roma Bonifacio II.
Secondo alcuni storici questa chiesa si trovava inglobata nell'edificio in cui allora aveva sede l'Arcivescovado, era intitolata a San Nicola di Mira o di Bari e parte dei suoi ruderi furono identificati in alcuni resti murari venuti alla luce durante i lavori di scavo seguiti al terremoto del 1908. Altri studiosi, invece, sostengono che la primitiva cattedrale della diocesi peloritana era sita nel luogo in cui oggi sorge il Duomo e le sue fondamenta gettate furono ne' tempi del gran Costantino. Il tem-pio, secondo questa ipotesi, esisteva, pertanto, sotto la dominazione saracena, che a Messina fu alquanto tollerante. Nell'ultimo periodo, tuttavia, dopo che la Sicilia orientale fu liberata da Giorgio Maniace (1038-1042), la città ricadde sotto la dominazione islamica. La rivincita dei musulmani fu una strenua persecuzione e per l'occasione il tempio fu trasformato in stalla.
Venuti i Normanni, essi non fecero che restaurarlo e restituirlo all'antico splendore, al punto che per molto tempo la chiesa fu detta Santa Maria la Nova. Questa ipotesi è suffragata da un diploma del Vescovo Guglielmo, del 1123, in cui è detto che il Conte Ruggero (1072-1101) e sua moglie Adelasia restaurarono de vilissimo stabulo una chiesa dedicata a Santa Maria La Nova. In un diploma di Federico II di Hohenstaufen del 1201, con il quale il Sovrano concedeva alla diocesi di Messina la terra di Calatabiano, risulta invece che fu il re Ruggero II che la fece fondare, ma forse sarebbe più esatto dire ultimare, verso il 1150, pochi anni prima della sua morte.
L'arcivescovo di Messina Ugo Falcando, nella sua Storia Sicula, afferma che questa chiesa era già ultimata nel 1168 perché in quell'anno lo stratega di Messina convocò il popolo ad ecclesiam novam per dare lettura di alcune lettere reali.