- di Giovanni Cammareri -
Una festa di san Giuseppe, questa del 2016, caratterizzata da una Settimana Santa decisamente incombente su tutte i numerosi
e variegati appuntamenti che la caratterizzano. Una festa fissa che si scontra con gli apparenti capricci delle feste mobili e perciò, se il primo plenilunio di primavera ha decretato una Pasqua precoce, nessuno ha colpe. Nel 2008, infondo, è stato anche peggio. San Giuseppe cadde addirittura di Mercoledì Santo e le cerimonie della Settimana Santa crearono un’ombra ancora più vasta sui festeggiamenti dedicati al santo Patriarca. Ma va bene lo stesso. Anche se il giorno dopo sarà già Domenica delle Palme. Giusto in tempo per lasciare al suo posto questa lunga, complessa, profonda e simbolica storia.
In principio fu una storia di rapimenti e miti. Ade rapì Persefone, e Demetra, sua madre, dea delle messi e della vegetazione, smarrì la voglia di vivere. Seguì l'inaridimento dei campi, il rinsecchimento degli alberi, il freddo e la carestia. Il giardino del mondo, ossia la Sicilia, periva.
Ma una componenda fra Demetra, Zeus e Ade stabilì che Persefone avrebbe trascorso sei mesi col marito e sei con la madre.
Con l'approssimarsi dell'arrivo della figlia, presa dalla ritrovata gioia, Demetra colorava allora la natura con i fiori e i frutti della bella stagione.
Le genti di Trinacria, al fine di ingraziarsela per avere scongiurato la fame e la morte, misero a imbandire tavole e a preparare altari adornandoli coi pani perché di pane ci si nutriva; disposero foglie d'alloro e di mirto affinché lei potesse avvertirne il profumo. Lo fecero ogni anno.
E' questa l'origine degli altari di san Giuseppe che un po’ ovunque, in Sicilia, vengono allestiti col sopraggiungere della primavera: anche ora che i santi hanno sostituito i miti senza che i valori universali dell'abbondanza e della propiziazione siano stati dimenticati.
E inconsciamente i gesti si rinnovano, usanze arcaiche riaffiorano puntuali da Lilibeo a Capo Passero, dalle Eolie fino alle Egadi.
A Malfa per esempio, contrada nell'isola di Salina, il 19 marzo gli abitanti preparano 'a tauliata.
La sua origine viene legata a un miracolo operato da san Giuseppe nel 1835. Avendo egli sventato un naufragio di marinai del posto i quali proprio il Patriarca avevano invocato nel momento del pericolo (segno di una devozione preesistente), in segno di ringraziamento diedero avvio all'usanza.
Nella piccola comunità, oltre ai piatti eoliani generalmente a base di pesce, resiste la pasta e ceci ristoratrice che i marinai salvati dalle acque in tempesta, offrirono ai poveri del paese.
Ma questi sacri apparati culinari, con piccole varianti rituali o di forma, possono incontrarsi ovunque, si diceva, qui in Sicilia.
A Partinico, Campobello di Mazara, Ribera, Petrosino.
O a Borgetto, dove solo tre pani simboleggiano l'altrettanto immancabile Sacra Famiglia in compagnia di un interminabile campionario di fritture a base di porri, cavoli, finocchi, asparagi.
E ancora la Valle del Belice, con Gibellina, Salaparuta, Poggioreale, dove ai pani fanno compagnia i squartucciati, dolci di pasta e fichi lavorati a forma di cuori, pavoni, ostensori e pesci.
E Vita, con le "cene" ridotte a un paio e con la processione (come del resto in altri posti) la domenica più vicina al 19. Ma un anno sì e uno no. Una serie di alti stendardi precedono il simulacro. Appartengono a famiglie private o a deputazioni cattoliche e ostentano ricchi, lunghi e variopinti nastri allacciati in cima di essi. E' il vanto dei Vitesi, perché nella vicina e rivale Salemi, durante la pur rinomata festa non si organizza processione alcuna!
Nell'aria orientale dell'Isola fanno spicco Giarratana, Acate, Scicli, Santa Croce Camerina dove peraltro va in processione una pregevole statua di san Giuseppe, opera del Bagnasco.
Anche Militello Val di Catania sacralizza il suo equinozio di primavera. Una banda musicale attende davanti la canonica della Chiesa Madre titolata a S. Nicolò, l'uscita della Sacra Famiglia. Subito dopo l'accompagna per le vie del paese. I personaggi sono vestiti all'ebraica, il bastone impugnato da san Giuseppe, impersonato da un uomo anziano, è qui sormontato dai tradizionali gigli appartenenti alla iconografia tipica del santo.
Sfila pure in costume, ma in groppa a un asino, la Sacra Famiglia a Dattilo, piccolissimo centro nel Trapanese.
Ovunque i santi bussano prima di essere accolti; o in chiesa o in abitazioni private. Tuppi tuppi è chiamato il bussare a Sommatino (Caltanissetta), dove prumissione è l'invito, la tavola imbandita la si dice sbampata e i santi recitano per le vie del paese.
Ma oltre i campi e le colline ancora il mare. Marettimo, nelle Egadi, solennizza il culto della bella stagione accendendo 'a duminara nella sera della vigilia, ossia i falò, i vampi' Sagnuseppi, a Scicli detti pagghiari (ridotti solo a uno per ovviare ai rischi dell’impianto del metano, dicono). E' comunquel'incanto delle funzioni catartiche legate al fuoco, tipiche dei transiti stagionali. A Marettimo la festa continuerà con un'unica "cena" in piazza, la mattina del 19, quando ogni famiglia del paese anima una solidale forma di partecipazione collettiva. Chi fornisce il tavolo e chi le sedie, chi piatti e chi bicchieri, chi prepara il primo e chi il secondo... . Altarini privati a parte e processione conclusiva completano il rinnovarsi ancora dell'eterna metafora delle stagioni.