- di Gino Lipari -
Mimetizzata nelle case povere dei vecchi quartieri sopravvive a Trapani la festa dell’Immacolata che si riconnette con quella di Maria Bambina che si celebra l’otto settembre.
La liturgia che si celebrava nella chiesa della Luce (ora scomparsa. Era ubicata nella via San Pietro) era poca cosa davanti a quanto si allestiva nelle abitazioni di alcune famiglie.
A casa si preparava la “Bommina”, o la “Nascita” e veniva visitata da quasi tutta la città.
Agli amici in visita si offriva “caffè ammanticatu” (caffè, cioccolata, cannella, e ceci bruciacchiate) e “sciampilletti” (biscotti all’uovo). La statua in cera, opera dell’artigianato locale del tardo Settecento raffigurante Maria Bambina veniva esposta in una culla di ottone al centro di una stanza appositamente addobbata con piante e festoni.
La “Nascita” si preparava disponendo tavoli attorno alle pareti sopra i quali si montavano, in scala, alcune “stanze” con le pareti rivestite con carta da parati.
La scena era quella della rappresentazione del parto di sant’Anna .
I personaggi (statuine in cera) erano rivestiti con preziosi abiti d’epoca (alcuni esemplari si trovano al Muse Pepoli). Le due rappresentazioni rimanevano aperte al pubblico fino al giorno di san Michele.
Ma i veri protagonisti della festa erano le donne, che organizzavano il gioco del “setti meu” (sette mio). Nel cortile, luogo di aggregazione sociale delle famiglie di allora, giovani ed anziani davano il via con le carte siciliane a questo gioco.
“Sedute a cerchio poggiavano sulle ginocchia u tavuleri (tavola dove si lavorava la pasta fresca) – racconta Maria Tranchida, 85 anni, pensionata – al centro si metteva u munzeddu di mennuli (montepremi di mandorle) costituito dalle singole puntate dei giocatori.
Il banco si faceva a turno. Si mischiavano le carte e si distribuivano scoperte una ad una . Vincevano solamente quelli di denari.
“le figure davano diritto al cocciu (una mandorla). Quando usciva la prima carta di denari si diceva spignau .
Il muzzeddu veniva assegnato al giocatore a cui usciva il sette di denari .
Al grido di setti meu, allungava le braccia e tirava a se le mandorle”.
Il gioco dava origine a delle battute ironiche a doppio senso che facevano ridere le ragazze da marito.
Anche l’odierna festa dell’Immacolata coinvolgeva un tempo i trapanasi che devotamente hanno innalzato un tempio alla Vergine. La chiesa dell’Immacolatella (sorge sulla via San Francesco d’Assisi), riccamente istoriata di stucchi, attualmente chiusa al culto( per una serie di interminabili restauri o per carenza di clero da parte della diocesi ) rappresenta oggi un raro esempio architettonico nella costellazione del barocco siciliano.
Poi nel pomeriggio del giorno della festività Trapani si vestiva a festa per la procession lungo le vie della città del simulacro in argento (misteriosamente scomparso).
La processione muoveva poi dall’antica chiesa di San Francesco ed era gestita dai frati minori conventuali.
Vi partecipavano oltre al Sindaco anche tutti i componenti del Senato trapanese con grande partecipazione di fedeli.
Una Lapide ancora esistente all’interno della chiesa di San Francesco ricorda l’impegno assunto dai Senatori in occasione di tale festività.
Gino Lipari