L'antica rua del Rodo, poi strada delli Biscottari, oggi semplicemente via Biscottai, è una via fra le tante nel cuore della vecchia Trapani marinara.
Il porto è a due passi, appena dietro i palazzi, dai più recenti a quelli addirittura vetusti perché gli uni e gli altri cominciarono a mischiarsi senza nessun armonia dopo che le bombe della seconda guerra mondiale si accanirono su tutto il quartiere.
Esattamente da questi luoghi si espanse la città.
In quel cuore pulsante il santo patrono rimase per parecchio tempo il santo principale, il festeggiato per antonomasia e la sua festa aveva tutti i connotati propri a una qualsiasi festa patronale: dall'attesa alla piena partecipazione (emotiva e devozionale), dai botti alle preghiere, dalla penitenza alle abbuffate. Erano i giorni del 6 e 7 agosto, oggi abbastanza comuni per quel cuore che cessato di battere.
Sotto un sole impietoso, la via del Rodo sembra quasi squassata dal caldo umido e afoso dei primi giorni di agosto e nulla, ma proprio niente e nessuno ritornerà a ingentilire almeno quei due giorni in cui il Patrono splendeva dall'alto del suo altare all'aperto che i pescatori allestivano apposta per lui. Da lassù dominava quasi tutta la strada. Quasi tutta perché la via Biscottai è abbastanza lunga per essere una strada di quartiere. Ma se dal suo punto estremo non si riusciva a scorgere lo scintillio delle vesti d'argento del santo, ciò era anche dovuto al suo assetto tortuoso, tipico delle strade marinare che necessitano il riparo dai venti.
Proprio fra quelle viuzze perciò, la mattina del 6 agosto di ogni anno, la Piccola Marineria trapanese conduceva in processione il simulacro di sant'Alberto. L'altro però, non quello ufficiale conservato al Santuario dell'Annunziata ma il sant'Alberto detto della Marinella, santu Libettu d'a Marinedda, ecco.
Usciva da S. Maria delle Grazie. La chiesa occupava l'angolo tra la via Porta Grazia e l'attuale Ammiraglio Staiti. Di essa non rimane più traccia alcuna.
A mezzogiorno in punto, dopo qualche ora di processione, sistemata la statua sopra un argano ascensionale costruito apposta, veniva finalmente innalzata sull'altare provvisorio collocato in fondo la via Biscottai.
Era l'inconsapevole riproduzione dell'apparizione del santo, quando in un giorno remoto (stando a una prima versione dei fatti) egli si recò nella via del Rodo per guarire gli ammalati affetti dalla peste.
La struttura lignea veniva posta praticamente in parallelo alla chiesa di S. Maria delle Grazie, quasi all'angolo con la via Porta Grazia. In questo luogo sono ancora visibili una lapide dedicata a
sant' Alberto e una alla Madonna e, più in alto, occultata da un groviglio di fili dell'elettricità, una mano in pietra sta ancora a indicare la via percorsa dal santo.
La statua veniva quindi innalzata in un'atmosfera intrisa di curiosità e devozione, la stessa che aveva provveduto allo sfoggio di copriletto amorevolmente e orgogliosamente disposti sulle ringhiere dei balconi.
La festa patronale aveva esaurito così il suo prologo.
Nel pomeriggio i trapanesi si spostavano al Borgo. "Andavano a prendere", come ancora in uso dire, "a sant'Alberto". Questa volta la statua reliquiario, per così dire, ufficiale.
Cronache d'altri tempi ci riferiscono dello sfarzo e dell'ammirazione dei…"forestieri", ciò indurrebbe a desumere la rinomanza di una festa, che varcava almeno i confini della città.
Gli stendardi delle parrocchie aprivano il corteo.
Le trombe e i timpani del Senato annunciavano con fragore l'arrivo in città del santo.
Serventi a cavallo seguivano con indosso casacche color cremisi: il cavaliere posto al centro conduceva lo stendardo con impresso il festeggiato.
Fino al 1838, anno di costruzione dell'attuale carro, la statua veniva posta nella carrozza senatoriale per l'occasione trainata da sei mule; attorno ad essa i mazzieri del Senato, il priore e altri tre carmelitani.
Infine, ….una compagnia di granatieri col suo uffiziale e con piffare e tamburo battente, segue la carrozza e quindi un'infinità di popolo parte del quale precede, o sta accanto la carrozza, tutti a lodare e a dar mille evviva al santo cittadino (P. Benigno di S. Caterina, Trapani Sacra… man. 1812).
Durante il tragitto non mancavano i consueti spari di mortaretti, assieme al suono delle campane spiegate che annunciavano l'arrivo in città del corteo diretto alla chiesa del Carmine.
Poco vicino, in quella della Congregazione dei Sacerdoti di S. Alberto, sulla via Garibaldi, venivano celebrati i vespri solenni, tipici delle vigilie, a cui interveniva il Senato, mentre, nella chiesa del Carmine, i ceri votivi crescevano a dismisura innanzi il simulacro.
Atteso momento della serata era l'accensione dell'illuminazione della facciata del Palazzo Senatorio (Cavaretta, ndr.), cosa che avveniva quando il Senato, reduce dai vespri, ritornava al Palazzo.
Intanto, nella via Biscottai, la festa sciorina il suo copione popolare e spontaneo. La strada risplende di luminarie, ogni suo cortile ha a proprio modo gareggiato con gli altri nel preparare un altarino innanzi ai quali musicanti dispensano note gioiose passando da un cortile all'altro… e in ognuno si prega e si fa baldoria, si digiuna e si mangia.
Infatti il Benigno: Qui si vede un grandissimo apparecchio ed una gran folla di popolo che a stento può passarci…in fondo il superbo apparato e torce in quantità si vede un'altra statua conservata dai Pescatori della chiesa della venerabile S. Maria delle Grazie. In tutti i cortili si osservano diverse invenzioni e altarini illuminati e intervento della musica.
.pubblicato a puntate dal settimanale Monitor di Trapani ( si ringrazia lo scrittore Giovanni Cammareri )
Capitolo secondo, dove si narra il giorno festivo del 7 agosto, della vita di Alberto e della contesa fra trapanesi e montesi nel pretenderne la nascita a Trapani, gli uni, a Erice, gli altri.
Il 7 agosto, a Trapani, è il giorno festivo dedicato a sant'Alberto.
Un clichè abbastanza usuale dava principalmente spazio alle funzioni religiose; nelle tre parrocchie cittadine (allora S. Lorenzo, S. Pietro, S. Nicola), nei monasteri e nei conventi. Nel monastero della SS. Trinità in particolare, nella mattinata si celebravano messe cantate, sebbene le funzioni principali avevano luogo nella chiesa del Carmine e nella Congregazione dei Sacerdoti, alla Rua Nuova. Il tempietto, per fortuna, esiste ancora.
Nel pomeriggio, finalmente, la processione solenne.
Veniva avviata dalla Chiesa Madre Reggente e ad essa intervenivano tutte le confraternite della città, oltre al Clero e al Senato.
Questo l'ordine del lungo corteo. Suonatori di trombe e timpani, banda del Senato, serventi a cavallo, Superiore della Congregazione dei Sacerdoti con stendardo, seguito dai congregati recanti torce accese. Appresso le confraternite nel solito ordine delle precedenze, uguale per ogni processione alla quale intervenivano; dietro di esse le comunità dei religiosi, anch'esse secondo una successione prestabilita.
Il convoglio si avviava alla volta della chiesa del Carmine dove canonici e sacerdoti prelevavano la statua ponendosela in spalla. La conducevano così per le vie della città facendo ingresso nelle chiese dei monasteri.
La processione si concludeva nella chiesa del Carmine. Il santo vi dimorava fino al 10 agosto quando…lo si riporta al santuario non appena l'orologio scocca le ventuno. D'Italia, mi permetto di aggiungere, che d'estate corrispondevano più o meno alle 18,00. Era l'epilogo di una festa patronale che davvero poteva definirsi tale. Ma il colore, il phatos di quei primi momenti delle feste di mezz'agosto - forse ancor di più della sontuosa processione nella quale le autorità civili e religiose intervenivano ufficialmente, nel rispetto di un cerimoniale rigido e tradizionale - rimaneva in quell'antichissima via del Rodo nella quale, alla mezzanotte del 7, sant'Alberto della Marinella veniva sceso dal suo alto podio e dopo una breve processione ritornava a occupare un altare nella chiesa dei suoi devoti pescatori.
Ma quando e come iniziarono festa e patronato?
La proclamazione di sant'Alberto a patrono della città avvenne l'8 dicembre 1576.
Successivamente, nel 1624, riunitosi nella chiesa di S. Agostino il Senato decretò, concordi i padri carmelitani, l'annuale trasporto in città della statua reliquiario.
Se Trapani intese scegliere proprio sant'Alberto come patrono, i motivi sono poi abbastanza comuni per la maggior parte dei centri siciliani e non: l'avere dato i natali al santo stesso.
Tuttavia, nei secoli, non poche polemiche sono sorte attorno alla patria di sant'Alberto, una sorta di contesa che ha talvolta acuito l'asprezza nei rapporti fra montesi e trapanesi.
A supportare le pretese degli ericini, Padre Castronovo. Attraverso la sua Erice Sacra contribuisce a rendere singolare la diatriba, anche perché il trapanese Padre Benigno non si tirerà certo indietro nel recriminare i lesi diritti dei suoi concittadini. Siamo intorno al 1812. Il contesto propone una rivalità che può ben definirsi campanilistica.
I due frati, religiosi e colti, si lanciano invettive, pretese e smentite; l'uno dalla vetta, l'altro dalla valle.
Il suo Erice vendicato, pieno zeppo di menzogne, di ampollosità e ciarlanate… . In questi termini quasi conclude Benigno, indicando nella via S. Elisabetta il luogo del primo vagito di Alberto.
Ciò ovviamente contrasta con l'ubicazione dell'altra sua casa natale, dietro la chiesa di S. Francesco d'Assisi di rimpetto là dove oggi si trova la statua del Beato Alberto, nello spazio antistante la chiesa di S. Giuliano. Ovviamente a Erice.
Anche con riferimento alla data di nascita manca l'assoluta certezza, non è errato però collocarla intorno al 1250; Benedetto Abbati e Giovanna Polici furono i genitori.
Sulle origine degli Abbati non sussistono dubbi; anzi, il palazzo Benedetto sorgeva in Trapani nell'attuale via Carreca. Ma ritornando alla "contesa " va detto pure che Giovanna Polici era ericina.
E' un dato affatto trascurabile in favore delle pretese sollevate dagli ericini in favore dei quali si è pronunciata la Santa Congregazione dei Riti.
Brevemente sulla vita di Alberto.
Nacque dopo ben ventisei anni di matrimonio e per la coppia, non più giovanissima, rappresentò la grazia per la quale avevano invocato la Madonna alla quale avrebbero consacrato il bimbo a cui venne dato il nome del nonno.
A diciotto anni prese i voti e nel convento dell'Annunziata di Trapani e vestì l'abito carmelitano.
La cella dove egli trascorreva in preghiera e penitenza le sue ore, si trovava nel luogo del santuario accanto a dove oggi sorge la cappella occupata dal suo simulacro.
Completò gli studi teologici a Messina, ma più della dedizione al sacerdozio vadano ricordati i sacrifici e l'impegno cristiano. Nel rispetto delle argomentazioni evangeliche, viaggiò molto divulgando la parola di Cristo anche per la conversione dei musulmani, allora assai numerosi in Sicilia.
Agrigento, Licata, Sciacca, Lentini, Corleone, Palermo, Napoli, la Terra Santa, testimoniarono il passaggio del santo unitamente ai suoi miracoli.
Morì a Messina nella notte fra il 6 e il 7 agosto 1307; si racconta che al momento del trapasso dal suo corpo si staccò una bianca colomba e la campana rintoccò a lutto senza che nessuno la suonasse.
Nel 1623 il Senato di Messina gli conferì la cittadinanza onoraria.
Si narra che in quella città, per la cerimonia funebre del nobile frate carmelitano, il cui corpo venne esposto in cattedrale, si verificarono momenti di tensione fra popolo e clero.
La gente riteneva addirittura indegna una messa di suffragio alla stregua di un uomo qualunque, la Chiesa, dalla sua, non poteva onorarlo come un santo poiché, in fin dei conti, fino a quel momento santo non era.
Occorrerà attendere il 31 maggio 1476, quando la Bolla di Canonizzazione emanata da Sisto IV ufficializzerà il culto per sant'Alberto.
Capitolo terzo, dove si racconta di quando i resti di Alberto vennero trafugati e da Messina giunsero a Trapani, della diffusione del culto nel mondo e della chiesa di via Garibaldi al Patrono titolata.
Le reliquie oggi conservate a Trapani - delle quali il teschio è stato posto esattamente all'interno della testa della statua, appunto per questo, reliquiario - sembra siano giunte nella città falcata in circostanze non del tutto corrette: rubate!
I fatti andarono così: Cataldo D'Anselmo, ericino, Padre Provinciale dei Carmelitani, pensò di nominare un suo concittadino priore del Convento dei Carmelitani di Messina dove era sepolto il corpo del carmelitano Alberto. Ordinò quindi a Simone Di Cherco, il neo priore, di… fare tutto ciò che occorreva al fine di ottenere ciò che voleva… .
E il priore - stando a quanto asserisce Daniele della Vergine Maria in Speculum Carmelitanum anno 1680 - profanò (?) la tomba trafugando il teschio e altro. Ritornato a Trapani consegnò il tutto a Cataldo D'Anselmo che a sua volta nascose la"refurtiva" nella propria cella, nel convento dell'Annunziata.
Avrebbe successivamente voluto portare le reliquie a Erice, anzi, era stato questo il suo originario intento. Ma la morte lo colse improvvisamente impedendogli il completamento del progetto.
Il culto di sant'Alberto si diffuse intanto immediatamente dopo la sua morte. Da quel momento venne chiesta la beatificazione.
Gabriele Monaco, autore di un volume sulla vita di sant'Alberto, menziona un dipinto del santo a Benaco (Brescia), una statua nel Carmine di Padova informandoci altresì di un protettorato a Revere (Mantova), che in Olanda, esattamente a Zenderen, esiste un ginnasio intitolato a sant'Alberto e a Middletow, negli Stati Uniti, un seminario carmelitano a suo nome.
Infine, per concludere con la diffusione del culto, non vada dimenticata Messina dove si conserva una reliquia ossea del braccio e tuttora viene organizzata una processione.
Curioso appare come la prima cappella in assoluto costruita in suo onore a seguito di un miracolo avvenuto nel 1309, venne eretta a Piazza Armerina. Frattanto, verso la metà del 1600, in ogni convento carmelitano del Belgio, non mancava la venerazione al Santo che per molto tempo accolse il rito di benedire l'acqua con le sue reliquie. E' verosimile legare detto rituale alla pratica di far bere agli ammalati l'acqua benedetta con qualche minuto frammento di reliquia.
La seconda cappella in suo onore venne eretta a Trapani esattamente dov'era la sua cella presso il convento dei Carmelitani. Più tardi, come si è avuto modo di dire, venne ampliata in quella che è oggi la sua cappella barocca realizzata nel 1676 per volere dei fratelli Giuseppe, Antonio e Salvatore Ripa. E mentre altre città importanti siciliane come Palermo e Catania costruivano luoghi di culto dedicati a sant'Alberto, nel 1423 Erice ebbe la sua chiesa dedicata al santo, restaurata nel 2006. In essa, nel 1670, venne allocata una statua realizzata da Giovanni Travaglia, autore pure della già menzionata statua collocata nel 1951 nel sagrato della chiesa di S. Giuliano sempre a Erice: Beato Alberto concivi suo Civitas Erycino, dicavit è quanto rimane inciso nel piedistallo.
A Trapani, nel 1681 iniziarono i lavori per la costruzione di una chiesa a lui dedicata.
Stiamo finalmente parlando della chiesa della Congregazione di S. Alberto di via Garibaldi, dove, per intenderci, la sera del 6 agosto avevano luogo i vespri solenni con l'intervento del Senato. Ultimata nel 1700, fu anche una sorta di succursale della Cattedrale.
Il tempietto, oggi recuperato come sala espositiva, oltre a rappresentare un'espressione del Barocco trapanese, è in città l'unica chiesa a croce greca e quindi a pianta centrica.
I tre altari accoglievano: una statua lignea di sant'Alberto, una della Madonna di Trapani e un crocefisso di Andrea Tipa. La statua del titolare si trova oggi nella chiesa parrocchiale di Bonagia.
La festa fu invece istituita nel 1624 per regioni di voto et elemosina visto che Trapani era stata liberata dall'epidemia della peste. A essere precisi venne stabilita l'effettuazione di una solenne processione all'anno e nella circostanza venne puntualizzato che la statua doveva essere condotta dal santuario alla chiesa del Carmine.
Ma il fulcro della festa, o meglio, l'embrione dal quale si svilupparono le grandi celebrazioni in onore di sant'Alberto, rimase la via Biscottai là dove due marinai ebbero in sogno il santo (seconda versione; nella prima era stato il santo in persona a recarsi nel quartiere) il quale li rassicurò che l'epidemia della peste sarebbe cessata.
La Piccola Marineria, la Marinella, provvide a organizzare le celebrazioni aperte da un novenario nella chiesa di loro pertinenza che era, appunto, S.Maria delle Grazie.
Il 6 agosto mattina, come si è avuto modo di dire, la statua di sant'Alberto usciva dalla chiesa per essere poi esposta nella vicinissima via Biscottai.
Si tratta, lo ribadiamo, a scanso di equivoci, dell'immagine venerata nel quartiere marinaro.
Infatti, quando Benigno di S. Caterina scrive: in fondo il superbo apparato si vede un'altra statua…, è perché nel suo lavoro aveva finito di descrivere i momenti celebrativi con al centro la statua per così dire, ufficiale, proveniente dal Santuario.
Capitolo quarto, dove si narra di come la festa ufficiale decadde, quella di sant'Alberto della Marinella finì e la statua del Nolfo venne posta sull'altare maggiore di una chiesa a lui titolata ma lontana anni luce dal mare e dai suoi pescatori.
Cessata la seconda Guerra Mondiale e parzialmente distrutta la chiesa seicentesca di S. Maria delle Grazie o (della Grazia), il simulacro venne condotto presso la chiesa dei Cappuccini titolata all'Epifania e popolarmente conosciuta come di S. Lucia.
Tuttavia, nell'immediato dopoguerra ci si sforzò nel voler dare continuità alla festa rionale, solo che, dato affatto irrilevante, nel quartiere della Viscuttara, parte integrante dell'antichissimo Casalicchio, abbondavano i danni e il venerato simulacro si trovava ormai altrove, ai Cappuccini, estremo lembo occidentale della città.
Le celebrazioni curate dai pescatori durarono pochi anni. L'usanza della processione mattutina e soprattutto dell'allestimento dell'altare all'aperto per l'esposizione avvenne addirittura altrove.
La via Biscottai si trovò inopinatamente fuori dai festeggiamenti e l'altare all'aperto cominciò a essere allestito in piazza Generale Scio, nei pressi della chiesa che oramai ospitava l'immagine.
L' equivoco contribuì ad accelerare il processo di decadimento. Non fu più la stessa cosa, quindi. E neanche la stessa festa. Rapiti dal loro spazio naturale, i festeggiamenti di Santu Libettu d'a Marinedda perdettero colore e vita e a un certo momento il simulacro rimase immobile nella chiesa dell'Epifania. Quando il 7 agosto 1964 uscì in processione dalla Cattedrale al posto di quello ufficiale, non fu affatto un risveglio improvviso ma la consegna definitiva all'oblio. Così uscì per l'ultimissima volta al solo scopo di essere condotto nella nuova chiesa parrocchiale proprio al Patrono titolata ma lontanissima dalle motivazioni storiche legate alla città, al mare e ai suoi pescatori.
La nuova costruzione si trovava (e si trova) al Rione Palme (dal 2007 Quartiere S. Alberto), che allora dovette sembrare veramente distante dall'antica Trapani marinara che per oltre due secoli aveva tenuto con sé il sant'Alberto del Nolfo, festeggiandolo calorosamente.
Ma anche delle celebrazioni complessive patronali oggi rimane poco.
Ragioni legate ai normali cambiamenti sociali (e religiosi) modificano, in generale, abitudini e atteggiamenti della gente.
L'approccio nei confronti di certe ricorrenze risulta talvolta abbastanza tiepido e l'indifferenza diffusa non conduce alle massicce partecipazioni di una volta. A maggior ragione quando una festa offre poco dal punto di vista delle attrattive, dal lato cioè puramente "spettacolare" e quando a questo si unisce il naturale esaurimento del ciclo vitale della festa stessa. Non dimentichiamo che l'inizio dei festeggiamenti risale al 1624!
Rendere vivi i momenti attorno al 7 agosto potrebbe essere la proposta, tuttavia non è assolutamente semplice alimentare devozioni e interessi oggi smorzati da numerose concause in un contesto socio-culturale-religioso influenzato da altrettante, continue variabili.
Per esempio, i trapanesi in villeggiatura nelle località limitrofe, il 5 agosto non interrompono più le loro vacanze al fine di essere partecipi alle feste di mezz'agosto culminanti il 16 con il giorno dedicato alla Madonna di Trapani. Ma va anche detto che una volta erano pure in molti a rimanere in città poiché la maggior parte della gente non poteva permettersi di andare in vacanza.
Qualcuno, inoltre, e diciamolo pure, maliziosamente non ha esitato a sostenere che se i festeggiamenti di sant'Agata a Catania fossero d'estate e non in febbraio, neanche là sarebbe la stessa cosa… . La provocazione è legittima, la logica dell'affermazione non è del tutto fragile ma l'analisi per una risposta razionale rimane complessa e non è di pertinenza.
Ai nostri giorni frattanto, permane almeno la consuetudine della distribuzione del cotone ai fedeli nel corso della mattina del 6. Trattasi del cotone che era rimasto in contatto con la reliquia (il cranio) del santo.
Il trasporto del simulacro nel centro storico avviene al tramonto e ancora con il carro realizzato nel 1838, restaurato nel 1998. Se qualcuno ha notato che ruote, parafanghi e traino richiamano i medesimi modelli presenti nelle carrozze, ciò rappresenta il richiamo storico legato al fatto che la statua giungeva in città posta all'interno della carrozza del Senato.
Fu un suo rappresentante che a partire esattamente dall'anno della realizzazione del carro, all'arrivo del simulacro in città diede avvio all'usanza di fare omaggio al Patrono con un mazzo di fiori preparato dalle monache del convento di S. Andrea in Erice.
Più tardi il medesimo gesto venne esternato dal sindaco il quale, ai nostri giorni, consegna simbolicamente al santo le chiavi della città. Ciò avviene nel contesto di una breve cerimonia davanti Palazzo D'Alì, comprendente una piccola omelia da parte di uno dei Padri Carmelitani (e del parroco della Cattedrale) che accompagnano sant'Alberto nel tragitto che va dal Santuario alla Cattedrale, attraverso un itinerario che negli ultimi anni fa transitare il corteo appena avviato, dal Quartiere oggi S. Alberto.
Subito dopo la breve cerimonia nei pressi di Palazzo D'Alì, viene quindi imboccata la via Garibaldi. E' la ripresa del cammino alla volta della Cattedrale, nella sera della vigilia.
Capitolo quinto, dove si narra di come si giunse al trasporto in Cattedrale anziché alla Gancia, ai nostri giorni completamente esclusa da festeggiamenti continuamente in trasformazione, tra sviluppi più o meno recenti e memorie smarrite.
La questione del trasporto in Cattedrale, anziché nella Gancia dei Carmelitani, scaturì subito dopo l'istituzione della Diocesi a Trapani avvenuta l'8 dicembre 1844.
Il 6 agosto 1845 giunse da Palermo la Regia risposta ai carmelitani i quali non avevano esitato nel rivolgersi al re delle Due Sicilie al fine di ottenere chiarimenti sul da farsi.
La risposta, apparentemente chiara, di fatto suscettibile a interpretazioni, lasciava intendere che… si poteva continuare come prima. In realtà qualcosa cambiava.
In effetti, prima del 1844 il corteo processionale della giornata festiva veniva avviato dalla Chiesa Madre Reggente che poteva essere, in base alla famosa turnazione della reggenza, appunto, S. Lorenzo, S. Pietro o S. Nicola. La solenne processione composta quindi in una delle tre menzionate chiese, si dirigeva poi verso la chiesa del Carmine dove dalla sera precedente dimorava la statua di sant'Alberto. Esattamente da lì veniva aggregata al lungo corteo.
Insomma, nell'ambiguità del dispaccio regale, poteva anche intendersi che il 6 sera la statua doveva essere dapprima condotta in Cattedrale per la processione ufficiale del giorno successivo, e poi rimanere esposta alla venerazione dei fedeli nella chiesa del Carmine. Ma non può certo dirsi che si… stava continuando a fare come prima. Tuttavia fu questo il nuovo iter rituale dei festeggiamenti.
Per la cronaca, proprio nella chiesa del Carmine, dove di regola il simulacro cominciò a essere condotto a conclusione della processione del 7, il 9 agosto 1881 la statua venne defraudata di una catena d'oro, del giglio, del crocifisso e del cappuccio, prontamente rifatto nel 1882 da Giuseppe Parisi per donazione del Cav. Giuseppe D'Alì.
L'intera statua venne invece cesellata da Vincenzo Bonaiuto e Michele Tumbarello alla metà del '700 e più tardi restaurata per onze 28 (Gabriele Monaco, Vita di S. Alberto, pag.45) dall'orafo Giuseppe Amico. Prima della cennata realizzazione veniva utilizzato un mezzobusto reliquiario anteriore al 1616 realizzato da ignoto argentiere.
Dietro la testa, esattamente sotto la nuca dell'attuale statua, durante le uscite annuali poteva notarsi una fiammella, alimentata forse a olio, che omaggiava la reliquia contenuta nel capo. Ai nostri giorni non vi è traccia alcuna... .
Sant'Alberto continua invece a giungere in Cattedrale la sera del 6 per essere condotto in processione ufficiale con intervento del Clero e delle autorità civili la sera successiva, quando la partecipazione di fedeli non risulta affatto scarsa nell'ambito di un itinerario piuttosto breve riguardante il centro storico e nel corso del quale viene condotto in spalla.
Va a tal proposito segnalato che fino a poco più di un trentennio addietro, era antico privilegio la conduzione del santo da parte dei salinai di stagione che nell'occasione indossavano sacco e cappuccio bianchi. Sopra al simulacro, in quanto reliquiario, veniva posto un bianco baldacchino anch'esso accantonato.
Una lunga sosta veniva effettuata in largo S. Francesco d'Assisi, nei pressi degli ingressi laterali dell'omonima parrocchia. La ragione di questa usanza era legata alla sede, in quel luogo, della cappella di S. Antonio da Padova, protettore dei salinai.
Fino al 1974 perciò, nel rispetto di un secolare diritto, oramai mutuato dalla tradizione, la processione del 7 veniva conclusa nella chiesa del Carmine, dove, posto al centro dell'abside, rimaneva fino al giorno 10.
Ai nostri giorni rientro e permanenza in città avvengono in Cattedrale.
Dal 2001, mai prima, ci si accorse che il 10 agosto coincideva con il giorno di san Lorenzo e per questo il ritorno al Borgo venne anticipato al 9.
Ma nel maggio 2006, tre splendidi pomeriggi presso il seminario vescovile alimentarono le speranze per qualche forma di recupero. Si trattò di un convegno dedicato al santo locale in occasione dell'apertura dell'anno giubilare per il settimo secolo dalla sua morte: 1307/2007.
In quel contesto avviene il restauro della chiesa di S. Alberto a Erice, il rione Palma prende il nome di Quartiere S. Alberto e il 6 agosto 2007 viene inaugurato il monumento in Piazza Martiri d'Ungheria. Nell'anno del settimo secolo però, era forse lecito aspettarsi qualcosa in più riguardo i festeggiamenti. Invece il simulacro, che al solito arrivò in città il 6, venne ricondotto al Santuario addirittura il 7. Nell'oratorio dove si conserva la statua del Patrono, una lapide e due gagliardetti, uno offerto dal Comune di Trapani, l'altro da quello di Erice, testimoniano la conclusione dell'anno giubilare.
Dopo un'altra discutibile parentesi aperta e chiusa nel 2009, quando il trasporto venne effettuato alla volta della nuova e vicina chiesa di S. Alberto e non in Cattedrale, con ritorno al santuario ancora il 7, dal 2010, le fasi delle celebrazioni ritornano, per così dire, alla normalità. Quella oramai recepita dai tempi, si capisce, senza la dimora al Carmine, per certi versi frattanto riaperta, e con il ritorno al Borgo il pomeriggio del 9.
Sant'Alberto vi ritorna sul carro dalle ruote di carrozza trainato con le corde dai suoi devoti e, di tanto in tanto, qualcuno di loro almeno ci prova, a gridarlo ancora: e chi, nun semu trapanisi? Viva Maria e Santulibeeettu!.
Programma festeggiamenti 2011
- 6 agosto - ore 20,00: Inizio trasporto della statua reliquiario di S. Alberto dal Santuario alla Cattedrale.
- ore 21,30: Consegna delle chiavi della città da parte del sindaco in p.zza Vittorio Veneto.
Subito dopo la cerimonia il corteo proseguirà fino alla Cattedrale.
7 agosto - ore 11,30: S.Messa con benedizione dell'acqua e bacio della reliquia (Cattedrale).
- ore 19,30: Concelebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo (Cattedrale).
- ore 20,45: Processione della statua reliquiario di S. Alberto per le vie del centro storico
9 agosto - ore 18,15: Trasporto della statua reliquiario del santo dalla Cattedrale al Santuario.