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La cavalcata di Scicli

- di Giovanni Cammareri -

 

Dietro i palazzi il colle San Matteo sembra un presepe, con i suoi ruderi abbandonati dopo il rovinoso sisma del 1693. In strada invece, solo cavalli e fumo proveniente dai venditori di panini imbottiti di pancetta, wustell e perfino salsiccia preparata con la carne…di cavallo.

A Scicli la festa di san Giuseppe tende a discostarsi dal più diffuso e tipico banchetto, sebbene dietro le quinte di un proscenio essenzialmente equestre, ardano nei barbecue carni di ogni genere.

Il profumo d'arrosto invade perciò le strade mentre nell'ostentato barocco di qui passano i cavalli per una grande cavalcata serale, forse la più stravagante della Sicilia, a onorare il padre putativo di Dio.

E fra auto in sosta e in movimento, in una mistura di nuovo e antico, di partecipazione e indifferenza, in un assordante, festaiolo, irriducibile suono di campanacci legati ai variopinti collari di ogni cavallo, la serata del sabato più prossimo al 19 va via così.

Fino a quando S. Giuseppe rimase giorno festivo, cioè rosso sui calendari, la cavalcata ebbe luogo la sera del 18 marzo.

Fin dal tardo pomeriggio del sabato quindi, i cavalli giungono in piazza Italia.

I campanacci sono udibili da piazza Busacca, dalla non lontana chiesa di S. Bartolomeo, dove altri cavalli e cavalieri vanno e vengono nell'attesa di trasferirsi nei paraggi della chiesa di S. Giuseppe posta in uno slargo sollevato della omonima via.

Nella piccola chiesa a una sola navata, con la statua già collocata sulla vara ha luogo frattanto la messa vespertina. Nel presbiterio, assieme al sacerdote officiante, la Sacra Famiglia. Un uomo matura impersona il Patriarca, un bambino e una bambina rispettivamente Gesù e la Madonna; un'altra bimba con le ali di cartone, l'angelo.

Terminata la messa il gruppetto in costume viene trasferito sopra un palco allestito lateralmente al sagrato e prospiciente la via ormai invasa da cavalli puro sangue, da tiro, pony, puledri.

Da lassù il sacerdote tenta qualche preghiera. Poi preferisce passare rapidamente a illustrare i premi da conferire alla bardature più belle. Piccole cose davvero.

I veri premi vennero aboliti sul finire degli anni '90. Pare perché risse e scazzottate tra vincitori e vinti caratterizzarono tal volta il gran finale delle cavalcate. Ovviamente a causa di certe divergenze, conseguenze dei verdetti. Allora si preferì lasciar perdere le premiazioni.

Le bardature rimangono in ogni caso la grande singolarità della cavalcata.

Sopra un sacco (sagomato nella forma dell'animale) riempito di paglia, con lo strato più esterno in spugna, vengono applicate le violacciocche per l' intera superficie.

Quelle bianche creano di solito il campo sul quale in altri colori (viola, giallo, rossastro) vengono create complesse e artistiche composizioni raffiguranti il bastone del Santo, la Sacra Famiglia, croci, ostie, calici e altre allegorie a soggetto sacro.

Dalle dieci alle quindici persone partecipano alla certosina realizzazione.

Da oltre un decennio è mutato il sistema di applicazione dei fiori. Le violacciocche rigorosamente selvatiche, prima venivano cucite ad una ad una con lo spago; ai nostri giorni gli stessi fiori (coltivati) vengono applicati sulla colla a caldo che viene cosparsa sulla parte esterna del sacco.

Il risultato finale è una artistica e ricchissima bizzarria compresa di testiera, pure realizzata con i fiori. Così conciati i cavalli grandi sembrano ancora più grandi…visti da lontano potrebbero persino ingannare, sembrare altro.

E alle 19,30 in punto, dall'altezza della chiesa, la sfilata equestre fra le più eccentriche e sacre del mondo ha quindi inizio a un solo e reiterato grido udibile fino a tarda: "Patrià Patrià Patriaaarca!".

Ultima modifica il Venerdì, 07 Ottobre 2016 18:06
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