- di Giuseppe RANDO -
Maria Costa è morta ieri, 7 settembre 2016, all’età di 89 anni: ne avrebbe compiuti 90, da Sagittaria qual era, il prossimo dicembre. È morta, però, la persona fisica di Maria Costa - bella, peraltro – che, in gioventù soprattutto e fino a qualche lustro fa, «si faciva vaddari», come dicono i suoi parenti: coscia lunga, passo deciso, busto eretto, occhi luminosi, bei capelli ondulati.
Ma Maria Costa era – non si dimentichi - una bella persona in assoluto: serena, sorridente, intelligente, piena di gentilezza, di grazia e di umanità. Ed era un poeta di eccezionale tempra. Messinese delle case Basse di Paradiso, ha pubblicato libri di poesie e racconti in limpido dialetto messinese, pregni della cultura, dei sentimenti, dei valori della sana, libera, onesta gente di mare dello Stretto; poesie e racconti, radicati nella migliore tradizione culturale siciliana, che tuttavia scavalcano di slancio le angustie della mentalità provinciale, proiettandosi di fatto negli orizzonti vasti della contemporaneità europea.
E va riconosciuto che Maria Costa, col suo canto lungo siciliano, non sillabato né frammentario, modulato, di norma, sui tempi lenti, discorsivi dell’endecasillabo sonoro, ha, tra l’altro, contribuito ad abbattere. uno dei tabù più duri a cadere: quello che vorrebbe relegare la donna-poeta negli ameni, sospirosi recinti della poesia sentimentale, idillica, familiare e amorosa, concedendo solo all’uomo-poeta il lusso dei temi forti, della poesia sociale, epica, impegnata, politica, giambica, di denuncia e/o di protesta che sia. Quanto dire che nella storia di liberazione della donna dalla millenaria prevaricazione maschile e maschilista, la poetessa messinese un posto se lo è già assicurato nella storia della Sicilia: pur conservando intatte la grazia e la bellezza femminile, si è mossa nella vita di relazione e si è espressa in poesia con la stessa libertà concessa agli uomini, senza arretrare di fronte ad alcun tema e ad alcuna (anche mala) parola.
Talché si può prevedere che, nei women studies, le sarà presto riconosciuto il merito di avere inaugurato, in Sicilia, proprio nella provincia messinese, la poesia sociale al femminile. E se Messina e la Sicilia vivacchiano nella melassa perbenistica e para-mafiosa, nel parassitismo sociale e nel servilismo politico o nell’indifferenza morale, questa donna messinese tiene alta la bandiera dell’impegno, della giustizia, della dignità umana e – perché no – di genere.
Epperò Maria Costa è morta davvero soltanto per chi crede che siamo solo corpo; per chi non ama e non capisce la poesia; per chi della poesia (senza aggettivi) misconosce la funzione eternatrice; per chi non ama il bello; per chi non ama.
Tutti gli altri sanno, per converso, che Maria Costa vive e vivrà nel ricordo di quanti hanno avuto la gioia di conoscerla (nessuna persona è mai morta finché se ne custodisce il ricordo); vive e vivrà nei suoi racconti e nelle sue poesie; vive e vivrà nel Paradiso dell’Eterno di chi crede, come lei e con lei, che Gesù di Nazareth è il Messia, il Cristo, il figlio di Dio.