- di Marcello Crinò -
Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, durante il maltempo che ha portato anche ad una fitta nevicata, abbastanza insolita per Barcellona, un fulmine ha colpito la parte sommitale del campanile posto sul lato destro della chiesa dei Basiliani, nel quartiere Immacolata. Il fulmine ha divelto la croce in ferro, parte della cornice di coronamento del campanile e la copertura a tegole. Il danno è stato prontamente segnalato gli abitanti del quartiere alla stampa locale, e subito si sono intrecciate le reazioni e i commenti sullo stato di abbandono in cui versano la chiesa e l’adiacente convento, costruiti nella seconda metà del Settecento.
Il convento è chiuso, inaccessibile, e la chiesa è sostanzialmente chiusa al culto, dopo aver subito numerosi danni e furti al suo interno. Inoltre al momento non è possibile accedere neanche al cortile antistante perché recintato dal cantiere per i lavori in corso di una strada di collegamento con la via Leopardi. Gli abitanti del quartiere si sono subito mobilitati per chiedere alle Autorità competenti gli interventi di messa in sicurezza del complesso monumentale, propedeutici ad un restauro definitivo che si attende ormai da troppi anni.
Il sindaco Roberto Materia giorno 7 ha emesso una nota, pubblicata sul sito web del Comune, dove si legge fra l’altro che si tratta di un “sito di notevole rilevanza storico-culturale, patrimonio della comunità barcellonese“, e “che questa Amministrazione, oltre a completare le procedure e fare avviare i lavori inerenti la riqualificazione del quartiere Immacolata, ormai in via di conclusione, ha anche dato mandato ai progettisti incaricati di provvedere al completamento del progetto esecutivo per la ristrutturazione del monastero dei Basiliani, il quale, a breve potrà essere inviato alla Regione Siciliana per farlo rientrare nella programmazione 2014/2020”.
E prosegue: “Non v’è dubbio che il complesso monastico dei Basiliani paga anni di abbandono e di incuria al pari, purtroppo, si altri siti d’interesse storico e culturale, ma altrettanto indubbio è che l’attuale Amministrazione sta attivando in poco tempo tutte le procedure possibili per recuperare il tempo perduto da altri”. La nota si chiude con una buona notizia: “Per quanto riguarda il danno subito dal campanile, si provvederà con immediatezza alla sua messa in sicurezza”.
Nota storica sul complesso monumentale dei Basiliani.
L’architetto siciliano Giovan Battista Vaccarini (Palermo 1702-Milazzo 1769), nella qualità di Architetto della Deputazione del Regno, nel 1748, durante sopralluoghi in provincia di Messina, si recò anche nella frazione Gala di Barcellona, presso l’antica sede del monastero basiliano. I monaci, che avevano subito danni alle loro costruzioni a seguito di smottamenti del terreno, decisero di lasciare quel luogo per trasferirsi nella vicina città in via di formazione. A quanto pare fu proprio il Vaccarini a predisporre una serie di “istruzioni” o “capitoli” per i muratori che sarebbero stati ingaggiati per la costruzione del nuovo complesso monastico. E’ sostanzialmente l’appalto del 12 settembre 1749 ricordato dallo storico Filippo Rossitto (Filippo Rossitto, La città di Barcellona Pozzo di Gotto, Crupi, Messina, 1911, p. 540), senza nominare il Vaccarini. Inoltre esistono degli elaborati progettuali, custoditi nell’Archivio di Stato di Palermo, attribuibili all’architetto messinese Francesco Basile (Ecclesia Triumphans, architetture del Barocco siciliano attraverso i disegni di progetto, XVII-XVIII secolo, catalogo a cura di M. R. Nobile, S. Rizzo, D. Sutera, Edizioni Caracol, 2009, pp. 125-127), forse da mettere in relazione ad un progetto del Vaccarini, per la costruzione del nuovo complesso monastico in contrada Faì, cioè nel quartiere Immacolata, databili tra il 1769 e il 1775. Il monastero basiliano, costruito tra il 1776 e il 1791, rispecchia in buona parte questo progetto. Le informazioni relative al ruolo del Vaccarini nella costruzione del complesso basiliano sono frutto del lavoro dello storico dell’arte americano Erik H. Neil, il quale ha redatto una scheda per il catalogo della mostra Ecclesia Triumphas, tenuta a Caltanissetta nel 2009 (Ecclesia Triumphans,…, p. 125) dove sono riportati anche i disegni del Basile, che mostrano come il progetto originario fosse costituito da due corpi di fabbrica con corte interna e chiesa a pianta ovale al centro. In corso di esecuzione furono apportate delle modifiche: si realizzò un solo corpo, con i prospetti rispecchianti abbastanza bene il progetto originario, mentre la chiesa a pianta ovale fu modificata, sia in pianta che in prospetto. Sappiamo che il prospetto fu realizzato da Giuseppe Chindemi, poiché l’autore appose la sua firma e la data sulla parte sommitale del retro del campanile sul lato destro: “Gioseppe Chindemi fecit 1791” (cfr.: Pietro Genovese, in “Il Punto”, mensile edito a Milazzo, maggio 1979). Il convento è una grande costruzione a corte, che nel corso del tempo è stato adibito a sede del Liceo classico Luigi Valli, poi di altre scuole ed anche della Pretura. Il forzato abbandono definitivo del monastero da parte dei monaci nel 1866, a seguito delle leggi di soppressione degli ordini religiosi, favorì il degrado della chiesa e la spoliazione di gran parte degli arredi sacri, della biblioteca dei monaci e di alcune opere d’arte, come il ritratto del Conte Ruggero e il ritratto dell’Abate Eutichio Ajello (1711-1793). Per molti anni la chiesa rimase abbandonata e resa inaccessibile con le tre porte d’ingresso murate. Negli anni Cinquanta una martellante campagna di stampa e una lettera firmata da un gruppo di docenti del Liceo Valli e inviata alla Soprintendenza, sollecitarono il restauro dell’importante sacro edifico, cosa che avvenne in varie fasi negli anni Sessanta e Settanta, permettendone la riapertura al culto nel 1969. Fu rifatto il tetto, che nel frattempo era crollato, ma senza il controsoffitto a volta, e ricostruita in cemento armato, con una scelta non molto felice, la cantoria originariamente il legno. Il prospetto della chiesa era arricchito da un prezioso tondo in marmo del XVI secolo attribuito al Gagini, proveniente dal vecchio monastero di Gala, e sottratto furtivamente da ignoti nell’estate del 1991. All’interno si trova, murato in un vano, un coperchio di un sarcofago in marmo, raffigurante un personaggio sconosciuto. Le pareti della chiesa sono affrescate con scene della vita di San Basilio, e nell’altare è posta la statua della Madonna di Tindari, analoga a quella custodita nel Santuario omonimo, opera realizzata nel 1925 dallo scultore barcellonese Matteo Trovato. I Basiliani ci hanno lasciato pure un dipinto su tavola del periodo tardo bizantino raffigurante San Nicola.