- di Marcello Crinò -
Continua senza tregua, anche ad agosto, l’affascinante progetto culturale “Impronta d’autore”, promosso dal Museo Epicentro con l’Associazione “Barcellona Live” e la testata giornalistica “24live.it”. Il progetto ha già visto la partecipazione dell’artista e poetessa Salva Mostaccio, dello scultore Salvatore De Pasquale, dell’artista e storico della città Marcello Crinò, del Direttore artistico del Teatro “P. Mandanici” Sergio Maifredi, del critico d’arte Andrea Italiano, del fondatore di Fumettomania Mario Benenati, dell’editore Pierangelo Giambra, del musicista Antonio Vasta, del cantautore Carlo Mercadante, del politico Domenico Nania, della giornalista e scrittrice Francesca Romeo, del poeta e critico letterario Carmelo Aliberti. L’impronta è stata lasciata anche da Patrizia Donato, vincitrice della settima edizione del Premio di Poesia Circolare 2017.
Mercoledì 9 agosto 2017, nei giardini dell’Epicentro, è stata la volta del pittore e scultore Filippo Minolfi. Dopo i saluti di Nino Abbate, fondatore e anima dell’Epicentro, il quale ha ricordato che Minolfi lo ha incoraggiato all’inizio della sua carriera artistica, la figura dell’artista è stata introdotta dal critico d’arte Andrea Italiano, il quale ha parlato dei suoi incontri con Minolfi, le lunghe discussioni intraprese in questi anni, da quando lo conobbe in occasione di una mostra in un locale barcellonese oggi scomparso, il Caffè tra le righe, dove si conciliava l’intrattenimento e la cultura. Ha parlato della mostra al Palacultura di Messina, poi replicata a Barcellona nel 2012, le difficoltà burocratiche e l’estrema pazienza di Minolfi di fronte a tutte le avversità. Un artista, ha ricordato Italiano, di grande modestia lontana dal clamore, e di assoluta grandezza artistica, partito dal realismo per approdare al surrealismo, il cui uso del colore e del segno può farci parlare di uno “stile minolfiano”.
Flaviana Gullì, caporedattore della testata on-line “24live.it”, prima dell’intervista ha proposto una nota biografica di Minolfi. Nasce nel 1930, frequenta Salvatore Stancanelli, suo compagno di scuola, ed entra, grazie a lui, in contatto con la “fucina” futurista del “Villino Mamertino” di Terme Vigliatore, di proprietà di Guglielmo Jannelli (1895-1950), arredato da Depero, con opere di Balla, Severini, Boccioni e Carrà, e con il Grand Hotel delle Terme dove erano esposte opere di Tosi e Morandi. Questo approccio con la grande arte italiana non poteva non lasciare il segno. Successivamente ebbe contatti con il pittore Nino Leotti (1919-1989), tornato da Roma negli anni Cinquanta, le prime mostre alla Corda Fratres e l’incoraggiamento dello scultore barcellonese Nino Randazzo, vissuto nella prima metà del Novecento.
Nell’intervista condotta dalla Gullì ha spiegato che certamente lo ha influenzato l’ambiente in cui è cresciuto, e importante è stata la frequentazione, l’ascolto soprattutto, di Guttuso e Migneco, spesso ospiti di Nino Leotti a Barcellona. Ha ripercorso le fasi della sua vita, dalla laurea in Giurisprudenza al trasferimento a Messina per lavoro, ma senza trascurare i contatti con la città natale. Si è parlato delle sue opere pubbliche a Barcellona, dal Cristo Pantocratore nel catino absidale nella Basilica di San Sebastiano, opera alla quale è legato per l’impegno e le difficoltà tecniche, al Monumento a Sebastiano Genovese, e al dispiacere legato al monumento a Bartolo Cattafi, in piazza Duomo. Nel corso della ristrutturazione della piazza il monumento fu rimosso e mutilato della base in acciaio, parte integrante dell’opera. Per concludere è stata chiesta l’origine delle sue campiture di colore. Ha spiegato che è stato colpito dalla grandi distese dei campi di grano al centro della Sicilia, che riporta nei suoi quadri come mondo della libertà. Infine, su domanda di Flaviana Gullì di cosa consiglierebbe ai giovani che si orientano verso l’arte, ha risposto che i giovani sognano di essere artisti, di essere arrivati, ma per giungere a dei risultati validi devono studiare ed essere umili.
Tra il pubblico era presente anche lo scultore Salvatore De Pasquale, con cui Minolfi, assieme a Nino Leotti, espose le sue opere in una grande mostra alla Corda Fratres nel 1984.
Per concludere, come da rituale dell’Epicentro, ha lasciato l’impronta della mano destra su una mattonella d’argilla cruda, che dopo la cottura andrà ad aggiungersi a tutte le altre della collezione.