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VIAGGI, CONFERENZE, VISIONI, SAPORI

- Giuseppe Rando -

Mi è capitato di fare (alla mia età!), in dieci giorni, quasi un giro d’Italia, partecipando a tre convegni in tre diverse regioni: nel Veneto, nel Lazio, in Calabria, cioè nell’Italia settentrionale (Venezia), nell’Italia centrale (Roma) e nell’Italia meridionale (Serra S. Bruno). 
Un viaggio bagnato, bagnatissimo: pioggia torrenziale a Venezia dal 2 al 4 maggio (tanto che ho dovuto comprare in un’edicola, presso la Libreria Toletta [pron. Toleta], nei paraggi di San Barnaba, per due euro, un ridicolo mantello di plastica trasparente, in aggiunta all’ombrello che avevo portato da Messina, su consiglio di mia moglie: se non ci fossero, le mogli, bisognerebbe inventarle); pioggia battente a Roma, tutta la giornata di martedì otto maggio, dove mi è tornato utile il mantello veneziano di plastica trasparente che ha fatto sorridere di cuore i commensali stranieri al mio ingresso in un’accogliente trattoria non molto distante dalla stazione Termini; pioggia leggera ma persistente, con nebbia diffusa, a Serra S. Bruno, che non mi ha però impedito di riassaporare la spiritualità diffusa nei pressi del laghetto, sotto i pini secolari, davanti alla chiesa che costruì, intorno al 1100 (!), lo stesso santo e davanti al suo dormitorio in una grotta antistante.
Ringrazio Dio per il lungo viaggio sotto la pioggia (ma, toccando ferro, senza malanni di sorta), per l’opportunità di portare il mio verbo (!) a tre diversi, selezionati gruppi di auditores, per le sensazioni, le esperienze, i pensieri nuovi che ho potuto provare ed elaborare in questa fortunata prima decade di maggio: frutti tardivi, invero, ma graditissimi, di una vita trascorsa, in gran parte, tra i libri, non senza risultati tangibili sul terreno della critica letteraria (per i miei «innovativi» saggi alfieriani, quantomeno) e della didattica.
Sono però fiero di continuare a dare qualcosa alla diffusione della cultura e – perché no? – alla mia Università. Non sono mai stato preside, né direttore di Dipartimento, né prorettore né delegato di alcuno dei rettori che ho avuto la fortuna di conoscere, ma, venendo dalle barche del Faro, ho avuto, per caso, l’opportunità di girare, in una mattinata piovosa, per calli, ponti, campielli di Venezia, entrando in tutte le chiese che mi è capitato di incrociare e godendomi gli affreschi di Giorgione e di Tintoretto: che potrei volere di più?
A Roma, mi sono deliziato a seguire, insieme con l’avvocato Carlo Mastroeni e col professore Carlangelo Mauro, i “Percorsi 900” della Biblioteca Nazionale, architettati, con grande competenza, dal Direttore (di origini siciliane) Andrea De Pasquale e dalla sua collaboratrice, dott.ssa Eleonora Cardinale, visitando lo studio di Laura Morante, entrando nella stanza dell’Accattone di Pasolini, riascoltando da un totem multimediale Quasimodo che legge le sue poesie, osservando manoscritti, foto, filmati di Ungaretti, di Montale, di Sereni, di Caproni, di Bertolucci … Ah!, Roma.
Ma non solo lo spirito. Per un marinaio siculo e terragno come me, ci sono anche i piaceri della gola: della cucina, cioè di tre cucine diverse, nella fattispecie: delicata, più tendente al dolce, quella veneziana (ricordo un bel baccalà mantecato con polenta bianca); gustosa, con sommo equilibrio, quella romana (ho apprezzato un succoso primo di linguine ai funghi porcini e un secondo di trippa alla romana con contorno di bietole passate all’aglio); saporitissima, abbondante, piccante, appetitosa quant’altre mai quella calabrese (una montagna di antipasti con salame, capocollo, funghi, fagioli cannellini tenerissimi; due primi di pasta con funghi e peperoncino; un arrosto misto di carni e salsicce che non finivano più).
A Serra San Bruno mi ha molto gratificato l’entusiasmo degli studenti del liceo locale, a cui mi sono soprattutto rivolto nel corso della mia relazione su “La passione di Cristo da Jacopone a Pasolini e Turoldo”. Ho evidenziato la forza dell’espressione poetica che resiste all’usura dei tempi e la sua indiretta funzione educativa, che il cinema talvolta recupera, nonché la necessità di non perdere i legami col passato e di vivere il presente anche in funzione di un futuro migliore da conquistare (contro l’antistoricismo edonistico, giocoso, ironico del postmoderno neocapitalistico da cui i giovani rischiano di essere soffocati). Quando ho accennato allo psicoanalista Massimo Recalcati, al bisogno che i giovani hanno di punti di riferimento stabile, di valori, di un padre reale (magari non perfetto, ma non assente, né banalmente amico), e ai sentimenti che non sono naturali (sono invece naturali gli istinti), poiché s’imparano attraverso gli esempi, i comportamenti degli adulti responsabili e anche attraverso la poesia, la buona letteratura, il buon cinema, il buon teatro, la buona televisione, si è levato un applauso lungo e fragoroso: da stadio o da teatro.
Per chi ci crede, si vive anche di questo.

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