- di Marcello Crinò -
La storia artistico-architettonica di Barcellona Pozzo di Gotto affonda le radici negli interventi di organizzazione agricola del territorio attuata dai monaci basiliani intorno all’XI secolo in Val Demone con la costituzione di veri e propri centri aziendali. Scrive Illuminato Peri a pagina 43 della sua opera Uomini città e campagne in Sicilia dall'IX al XIII secolo: “C’era bensì una dinamica volenterosa, ancor se non di rado asfittica, che ebbe manifestazione nell’attacco alle fiumare, e cioè nell’impegno a popolare e sfruttare quanto più largamente gli spazi e le possibilità che offrivano gli irrequieti rivoli avanti di esaurirsi nel mare. L’attacco alle fiumare si sviluppò nei territori di Castroreale promotori i basiliani di S. Maria di Gala...”.
A Gala, oggi frazione collinare di Barcellona, ed allora facente parte del territorio di Castroreale, i monaci edificarono un monastero, utilizzando le fondazioni ed i resti di un “castrum” fortificato di epoca romana (dove sorgeva pure un colosso di marmo bianco, raffigurante forse una divinità pagana), parallelamente ad altri monumenti normanni come quelli di Forza d’Agrò, Mili, Itala. Secondo la tradizione la chiesa e il relativo monastero esistevano già nel VII secolo, e furono ricostruiti per volontà del Re Ruggero I, che prima di morire lasciò le sue disposizioni, raccolte dalla moglie Adelasia nel Diploma del 1105.
Dalle descrizioni fatte dagli antichi storici, Santa Maria di Gala risultava sormontata da cinque cupole, secondo il modello delle chiese centriche orientali, mentre in un disegno di fine Ottocento, dovuto alla matita di Placido Lucà Trombetta, si legge perfettamente il motivo degli archetti intrecciati in mattoni emergenti dalla muratura, che oltre alla funzione statica, conferivano una valenza qualificante alle murature stesse. All’interno pare fosse affrescata con scene della vita di Santa Venera, nata secondo la tradizione proprio in territorio di Gala nel X secolo.
Della chiesa oggi rimangono scarse tracce; il muro disegnato da Lucà Trombetta è crollato, e sopravvive solo il relitto del campanile del XVII secolo. Il degrado del complesso architettonico iniziò dopo l’abbandono del luogo da parte dei monaci nel 1776 al fine di spostarsi in un posto più vicino alla città, dove edificarono un nuovo monastero, completato nel 1791, che sorge su una collinetta sita sul margine occidentale del centro urbano, nel quartiere Immacolata.
Tutto l’insediamento è stato ora riutilizzato e trasformato in abitazioni, stalle e magazzini che ne hanno stravolto l’immagine originaria. Secondo quanto riferisce Antonino Quattrocchi (Sui sentieri dei monaci di Vanella, Edizioni Quattrocchi, Barcellona P.G., 2017, p. 223) citando Salvatore Cucinotta (Sicilia e Siciliani. Dalle riforme borboniche al “rivolgimento” piemontese. Soppressioni, Edizioni Siciliane, Messina, 1996, p. 217), a seguito delle leggi di soppressione degli ordini religiosi del 1866 e 1867 vennero alienati numerosissimi monasteri basiliani. Tra questi quello di Gala, acquistato nel 1891 da un certo Giovanni Molino, vendita n. 3079 (Cucinotta, op. cit., p. 223).
La Soprintendenza per i Beni Culturali di Messina nel 2013 avviò le procedure propedeutiche all’emanazione del provvedimento di tutela del Monastero Basiliano di Gala, in quanto ritenuto di particolare interesse storico architettonico ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004. Ma adesso pare che non ci siano stati ulteriori sviluppi.
Come in tutti i monasteri, anche a Gala si volgeva l’attività “scriptoria”. Come ha ricordato il professore Angelo Raffa (I Basiliani nella storia di Barcellona P.G., Atti del Convegno “900° Anniversario del Monastero di S. Maria di Gala”, Barcellona P.G., Pungitopo Editrice - Marina di Patti, 2006), autore di numerose ricerche e di studi pubblicati da autorevoli riviste, e membro della Società Messinese di Storia Patria, nel monastero operò un famoso copista, autore di pergamene basiliane, Bartolomeo da Reggio. Questi, che probabilmente fu il primo Abate di Gala (come riportano sia Rocco Pirri che padre Carmelo Biondo nel libro sulle chiese di Barcellona), realizzò nel 1141 una pergamena contenente la vita di San Simeone lo Stilita. E’ probabile, secondo il Raffa, che a Gala quel codice sia stato riprodotto e conservato, assieme ad altri. Ma i codici manoscritti del monastero sono tutti scomparsi, ed i motivi andrebbero ricondotti alla presenza di Silvestro Maurolico abate a Gala fino al 1589, il quale avrebbe venduto alla biblioteca reale dell’Escorial l’intera biblioteca manoscritta di Gala.