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Fenomenologia di Giuseppe Conte di Giuseppe RANDO (Professore ordinario di Letteratura Italiana già presso l’Università di Messina)

Domanda: «Chi è Giuseppe Conte»?

Risposta: «Un professore ordinario dell’università, divenuto - dall’oggi al domani -presidente del Consiglio (dei ministri). Dunque, un professore universitario, in primis».

Domanda: «Ma chi è un professore ordinario dell’università? Esiste una tipologia unica di professore universitario»?

Risposta: «Direi di no. Ma, fra tutte, mi pare più convincente (cioè non celebrativa né aprioristicamente denigratoria) quella tracciata da Ferdinando Camon in Scrivere è più di vivere (Milano, Guanda, 2019, p. 19)». Vediamo:

Ho pensato a lungo a cosa sentono i protetti dalla mafia accademica […]. Vergogna? Pentimento? Imbarazzo? No, la risposta è ben altra: orgoglio. Perché […] l’allievo che viene messo in cattedra non si sente prescelto fisicamente dal suo docente ma misticamente da Dante o Manzoni o Verga, si sente chiamato dai grandi, invitato a salire alla loro altezza, amico tra amici. Da quel momento non è il prescelto dalla mafia che proverà imbarazzo quando incontrerà colui che dalla mafia è stato imbrogliato e defraudato, ma il contrario: il protetto della mafia mostrerà l’orgoglio che gli deriva dal potere mafioso, sentito come un favore divino, superiore al favore della legge, e guarderà con commiserazione il rivale che ha perduto: se ha perduto, gli dèi non sono con lui, dunque qualche colpa l’avrà.

Diagnosi perfetta, sia detto con la convinzione di chi vive da più di quaranta anni nell’Accademia e ne conosce tutti gli aspetti – anche quelli meno visibili a occhio nudo – e i «trucchi» che vi si approntano di norma.

Certo, la gestione dei concorsi universitari è egregiamente prefigurata da Camon: fanno tutto i «baroni» (cioè i professori ordinari, magari «illustri studiosi di Dante o Manzoni o Verga», definiti anche «maestri») che «organizzano […] trucchi per favorire un allievo (che non merita) sugli altri concorrenti (che meritano)».

Poco o nulla contano, difatti, negli organigrammi accademici, i professori associati e i ricercatori, tra cui non è tuttavia insolito trovare competenze e conoscenze che ci si aspetterebbe in un ordinario. Costituiscono una sparuta minoranza, invero, i professori ordinari, magari molto accreditati a livello scientifico, che si sottraggono alle mistificazioni della «mafia accademica protetta dallo stato», come Camon definisce la congrega, appunto, dei baroni.

Certo, la maggior parte dei professori ordinari in Italia passa per la trafila prefigurata da Camon. Ora, Giuseppe Conte, stando alle dichiarazioni sue e del suo maestro nonché a quanto si è letto del suo concorso a cattedra sui giornali, è un tipico allievo di un barone divenuto, a sua volta, barone.

Ciò posto, a me non interessa, in questa sede – sia chiaro –, la critica del reclutamento e degli sviluppi di carriera nell’Università (egregiamente fatta da altri). Mi preme piuttosto sottolineare gli aspetti salienti della personalità di un tipico allievo di barone divenuto, a sua volta, barone, in Italia, e il suo abituale modus operandi. Che è, propriamente, quello di chi crede che la realtà sia finzione, o che – detto in altri (filosofici) termini – l’essere sia l’apparente: se diventa professore ordinario dell’Università non chi ha i titoli per diventarlo ma chi è allievo di un barone che lo favorisce a discapito di chi merita, è reale solo chi si fregia del titolo (non il candidato trombato, che non esiste - non è reale - come professore ordinario). E però il neo barone non distingue più tra essere e apparire, tra realtà e finzione. Vive in un mondo di forme, di finzioni preconfezionate da altri e vi si conforma in tutto e per tutto. In pratica: se appari, per un «trucco» (legale), professore ordinario (anche senza meriti specifici), sei e quindi fai il professore ordinario. Da qui, peraltro, la tesi condivisa da molti (che ancora sanno distinguere tra finzione e realtà) secondo cui nell’Università italiana pochi sono professori laddove molti fanno i professori.

Ebbene, questo fenomeno è altresì patente nella salita al potere di Giuseppe Conte, il quale è diventato, per un «trucco» (legale), capo del governo ed è, quindi, secondo la suddetta logica baronale, capo del governo, senza avere mai dimostrato al alcuno di possedere doti e meriti specifici. Fa, infatti, la sua parte davanti al Parlamento, nelle piazze, in televisione, davanti a Trump, davanti a Putin, davanti a Macron, davanti a Merkel, davanti a Sarraj, credendo di essere vero ed è invece finto, apparente, virtuale. Simmetrie dei poteri.

Ultima modifica il Giovedì, 02 Maggio 2019 11:21
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