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Dagli Arabi al periodo normanno-svevo

Scritto da  Apr 26, 2013

II periodo dell'occupazione musulmana della Sicilia, per quanto riguarda le città della Valdemone e Messina in particolare, andrebbe meglio studiato in una visione serena dei ruoli svolti dalle diverse comunità culturali cristiana e musulmana.

In realtà gli Arabi nella parte nord orientale dell'Isola non incontrarono grande successo, probabilmente a causa del radicamento nella popolazione della fede cristiana. In ogni caso, i culti devozionali cristiani permangono, come diffusamente documentato. II porto e quindi la città del Peloro risentono della stasi dei traffici e pare che gli Arabi non abbiano utilizzato lo scalo falcato, ma piuttosto abbiano preferito usare come riparo i laghi di Ganzirri e del Faro, così come ricordato dal primo toponimo (Ganzirri significa ""terra dei porci" e tali erano intesi gli Arabi dai Cristiani) e dal fatto che un ampio canale d'ingresso sia stato scavato in quel periodo tra il mare e la parte settentrionale del pantano di Ganzirri.
Proprio al periodo arabo viene riferita la leggenda secondo cui fu il grande Alessandro a scavare il nostro profondo porto. Agli inizi del secondo millennio la Sicilia viene riconquistata dai cavalieri normanni e Messina diventa la base sicura per le progressive operazioni. II Gran Conte Ruggero riconosce alla città dello Stretto il suo ruolo strategico di porta della Sicilia e di porto dell'Isola. Ritornano gli antichi privilegi e la città rifiorisce quale emporio cosmopolita dove si incontrano cristiani e Greci, Arabi ed ebrei sotto I'occhìo vigile dell'aristocrazia creata dai Normanni. .

Al centro dell'arco interno del porto viene eretto il Palazzo reale, pare sui resti di un precedente castello arabo. Palazzo turrito "bianco come una colomba"; che per tutto il medioevo domina il porto. Rimaneggiato nel cinquecento, danneggiato dal sisma del 1783, permane fino a metà dell'ottocento, quando ormai perso il suo ruolo, pericolante, viene abbattuto per dare spazio ai padiglioni dell'attuale Dogana. Questo complesso edificio, assieme alla Palazzata, era stato l'orgoglio dei messinesi che per secoli ottennero che qui risiedesse il Re e la Corte, con ciò che da tale circostanza derivava alla città.

Alla fine del XII secolo Arrigo od Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, sposo di Costanza d'Altavilla e padre di Federico II di Svevia, fa di Messina la sua residenza preferita, concede alla città quello che diverrà nei secoli successivi il 'Porto Franco", cioè l'esenzione di qualunque tassa sulle merci trattate in entrata ed in uscita nel nostro porto.
II periodo normanno-svevo può considerarsi fondante per quello che sarà lo sviluppo dell'Isola e della città di Messina in particolare.
In quegli anni il porto, riaperto ai traffici, diventa una tappa ineludibile per quel flusso di uomini e mezzi che dall'Euopa si sposta verso oriente, verso i luoghi santi della cristianità, con le Crociate.
I difensori armati di Cristo tornano spesso malconci dalle spedizioni in Terra Santa, feriti o malati, ed anche in questo caso Messina con il suo porto attrezzato accoglie pellegrini e crociati nei suoi ospedali, nei suoi lebbrosari.

Non a caso in città si consolidano le rappresentanze dei principali ordini cavallereschi, da S. Giovanni di Gerusalemme ai Cavalieri del Santo Sepolcro, Templari e Teutonici. E proprio attorno al porto ancora oggi restano i relitti di un più vasto patrimonio architettonico, le Chiese di S. Maria degli Alemanni e, più a nord, il tempio della SS. Annunziata dei Catalani. Come pure si consolidano le posizioni dei "mercadanti" genovesi, veneziani, amalfitani, pisani e fiorentini, che con i loro "fondaci" incrementarono non poco I'attività del nostro porto.

La città viene cinta da mura turrite che chiudono lo spazio occidentale del porto sino alle retrostanti colline dominate dal castello di Matagrifone, più lungi dal Castellaccio ed il colle della Capparrina con quella che diverrà poi Torre Vittoria. II braccio esterno del porto rimane sguarnito se sì escludono la "Torre Mozza" che sorgeva grossomodo all'esterno dell'attuale stazione marittima e la Torre di S. Anna sull'estrema punta del braccio di S. Raineri, a controllo dell'ingresso del porto. Ingresso che, nella sua lunghezza di oltre trecento metri, in occasione del Vespro verrà chiuso alle navi francesi con una lunga catena resa galleggiante da travi in legno ad essa collegate.

L'attività mercantile continua e viene incrementata durante il periodo aragonese e castigliano sino alla conclusione dell'età di mezzo. Nel XV secolo approdano nel nostro porto quelle navi provenienti dalle Fiandre che consentiranno al giovane Antonello la calligrafica precisione dei maestri fiamminghi, le cui opere superstiti sono ancor oggi visibili nel nostro Museo cittadino.

Con il passaggio alla dinastia degli Asburgo, per precisa volontà di Carlo V, Messina ed il suo porto mutano aspetto grazie a radicali interventi urbanistici che dureranno per tutto il cinquecento. Viene rifatta la cinta muraria bastionata secondo le regole più avanzate dell'architettura militare. Sorge in posizione strategica il Castello del SS. Salvatore là dove per secoli vi era stato l'importante monastero basiliano dall'omonimo titolo.

Viene costruita la possente torre quadrata con la Lanterna di S. Raineri, in ricordo dell'omonimo monaco pisano. Si consolida il forte don Blasco alla testa del braccio falcato. All'apice del colle di Montepiselli viene costruito il poderoso Castello Gonzaga. Viene ammodernata la struttura del Castellaccio.

La nuova cinta include sia a sud ovest che a nord-ovest i nuovi quartieri già periferici.
Messina ed il suo porto sono attrezzati per affrontare con serenità ogni attacco proveniente sia dal mare che da terra.
II porto, fra l'altro, viene dotato della monumentale fontana del Montorsoli dedicata al dio del mare con accanto Scilla e Cariddi, ormai rese innocue ai naviganti. Fonte lì posta, al centro delle banchine per comodo non solo dei messinesi, ma soprattutto di quanti approdavano nel molo peloritano. Secolo d'oro il cinquecento, quando lungo le banchine del porto era possibile trattare ogni specie di mercanzia specie quando in estate veniva organizzata dai mercanti messinesi la grande "Fiera franca" usufruendo dei consolidati vantaggi derivanti da privilegi e consuetudini locali, spesso esclusivi in tutto il territorio dei Regno. Porto ospitale, porto trafficato, porto cosmopolita, porto attrezzato e ben fornito, quello di Messina in quegli anni.

Dal libro "Il Porto di Messina dagli argomenti ai croceristi" di Franz Riccobono edito da Skriba
"Si ringrazia Franz Riccobono e l’editore per l’autorizzazione"

Ultima modifica il Domenica, 23 Ottobre 2016 04:55
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