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Dal decennio inglese al 1900

Scritto da  Apr 26, 2013

Di lì a poco la situazione per i Borboni precipita a seguito dell'avanzata delle truppe francesi che occupano gran parte del regno di Napoli. Le circostanze di guerra si rivelano vantaggiose per la città dello Stretto che nell'occasione torna a ricoprire l'antico ruolo di chiave per il possesso dell'Isola. II cosiddetto "decennio inglese" vede concentrate nel territorio peloritano le truppe inglesi di rincalzo al fragile esercito borbonico. Diverse migliaia di uomini vivono attorno al porto falcato e molte sterline entrano nelle casse dei mercanti sempre presenti sulla piazza. Si formano nuove fortune, anche perché nel nostro porto convergono le navi inglesi cariche di prodotti in cerca di sbocco, visto che Napoleone con il "blocco continentale" ha precluso ogni rapporto tra Inghilterra e Stati d'Europa.La Sicilia ed in particolare Messina con il suo porto diventano la base per traffici più o meno clandestini con il continente, ciò a tutto vantaggio dell'economia locale.
Con il Trattato di Vienna del 1815 gli Inglesi si ritirano come pure il Re torna a Napoli.
Iniziano le cospirazioni massonicoliberali e già nel 1820 vi furono i primi moti, anche se con scarso successo.Nel 1837 una nave giunta nel porto di Messina diffonde in città un'epidemia di colera, contagio questo che dai liberali venne attribuito alla cattiveria dei Borboni, anche se in realtà non è proprio così che andarono le cose. Altri moti nel 1847 e nel 1848. Ristabilito l'ordine, Ferdinando II conferma il Porto Franco ampliandone i limiti ancora negli anni successivi (1852). Morto repentinamente il Sovrano, forse avvelenato, si attua con la spedizione garibaldina la proditoria annessione del Regno delle Due Sicilie allo Stato Sabaudo.La legislazione è uniformata a quella piemontese, ma il privilegio del Porto Franco non viene subito abolito. Ciò avverrà di lì a qualche anno, anche se la reale applicazione, essendo aggregata al completamento della Ferrovia Messina-Caltanissetta, avverrà solo nel 1880.
Tra la fine dell’Ottocento e il 1908, la città di Messina, dal punto di vista economico-commerciale, si presentava piuttosto prospera. Messina poteva vantare una posizione di tutto rispetto sotto il profilo dell’attività portuale. Il porto della città, infatti, continuava a essere uno dei primi in Italia e punto nevralgico del commercio internazionale. In particolare, "con le prime navi da traghetto (1899) si affermava il nuovo ruolo del porto che diventava anche e soprattutto punto di raccordo e di transito di uomini e merci tra l’isola e il continente, pur continuando a essere uno dei primi in Italia per tonnellaggio, volume di merci e per movimento commerciale” (Michela D’Angelo-Storia moderna e contemporanea).Nei primi anni del ‘900, l’economia messinese si fondava sulla produzione e sull’esportazione di agrumi: manteneva, infatti, ottimi rapporti coi mercati europei (Austria, Germania, Gran Bretagna) senza trascurare il lancio e la diffusione di successo dei propri prodotti anche negli Stati Uniti d’America.Accanto all’esportazione degli agrumi, fiorente, in quegli anni, la produzione e il commercio di essenze. Molte sono le famiglie che decidevano di dedicarsi all’attività di trasformazione degli agrumi, impiantando aziende medie o a conduzione familiare, come nel capoluogo così in provincia. L’azienda più importante e la più antica era la “Sanderson-Barret & C.” . La fabbrica produceva agrocotto, essenze di limoni e bergamotto dal 1897, anno in cui fu fondata, e rimase in attività fino alla seconda guerra mondiale.Dal libro "Il Porto di Messina dagli argomenti ai croceristi" di Franz Riccobono edito da Skriba
"Si ringrazia Franz Riccobono e l’editore per l’autorizzazione"

Ultima modifica il Domenica, 23 Ottobre 2016 04:58
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