- di Alessandra Basile -
Così titolava il Corriere della Sera all'indomani della tragedia che sconvolse le due città dello Stretto. Il Terremoto del 1908, considerato uno degli eventi più catastrofici del XX secolo, si verificò alle ore 5:21 del 28 dicembre 1908 e in 37 "interminabili" secondi danneggiò gravemente le città di Messina e Reggio Calabria. Con una magnitudo della scala Richter di 7,2, il numero di morti stimato fu a Messina di circa 80.000 su 130.000 abitanti mentre a Reggio Calabria di circa 15.000 su di una popolazione di 45.000. Alla forte scossa, si aggiunse anche un'ondata di maremoto fin dentro le città, uno tsunami che arrivò a ricoprire interamente le piazze e le strade con una enorme massa d'acqua e con onde alte anche 10 metri. Infatti pare che la maggior parte delle vittime avvenne non tanto per i crolli degli edifici quanto perché la popolazione si riversò sulla costa e fu investita dalle onde. Si narra che il giorno precedente alla sciagura fosse stato molto tranquillo, per le strade si respirava un clima di festa e nulla lasciava intuire cosa sarebbe accaduto a breve, a Messina si era trascorsa una serata tranquilla (al Teatro si dava la prima dell'Aida, si festeggiava inoltre la festa di S. Barbara). Il governo italiano, guidato da Giovanni Giolitti, si accorge dell'immanità del disastro e dispone i primi aiuti soltanto parecchie ore dopo la scossa. I primi soccorsi arrivarono ai messinesi da una squadra navale della flotta imperiale russa, agli ordini dell'ammiraglio Litvinov, composta dalle corazzate Slava e Cesarevi, dagli incrociatori Makarov e Bogatyr e dalle cannoniere Giljak e Koreec che si trovavano alla fonda nel porto di Augusta nel corso di una esercitazione nelle acque del mar Mediterraneo occidentale. Immediatamente dopo l'arrivo dei russi, giungono a Messina i soccorsi dell'incrociatore inglese Sutley, comandato dal capitano Le Marchant. Alle ore 5:21 per 37 secondi "la terrà tremò" come disse Giovanni Pascoli, che era stato docente all'università di Messina, e che accorse immediatamente appresa la notizia. Durante il terremoto nel porto di Messina si trovavano molte navi che per causa della forte onda andarono ad incagliarsi, una delle poche navi a non riportare danni fu l'incrociatore Piemonte. Nel 2006 a Messina è stata intitolata una via alla Marina Russa, come riconoscimento per i soccorsi prestati nella tragedia. I soccorsi italiani arrivano soltanto nella mattinata del 29. Il governo affida al generale Mazza il comando delle operazioni di soccorso, decretando per l'intero territorio cittadino lo stato d'assedio, per evitare i continui sciacallaggi ai danni degli ingenti beni sepolti sotto le macerie assieme ai cadaveri di decine di migliaia di cittadini. Ecco come appariva la città di Messina ai sopravvissuti ed ai primi soccorritori poco dopo il disastro: «Cominciò finalmente ad albeggiare e con la luce cresceva la visione del disastro. Anzi, solo allora questo cominciava a delinearsi nella sua immensità. Le case tutte intorno, meno due o tre ad un solo piano e l'"Isola", erano rase al suolo o mozzate a metà. Ed avvicinandosi alla Marina, si scorgeva la famosa Palazzata, sino al Municipio, completamente distrutta. Perfino il sontuoso e fortissimo palazzo Ainis, che era in principio della Palazzata, erasi ridotto ad un ammasso di rovine. Il suolo della Marina e della piazza Vittorio, intriso dell'acqua che vi aveva lasciata la gigantesca mareggiata, presentava numerose e profonde spaccature, il selciato era divelto e il piano stradale era in moltissimi punti avvallato. Lo spavento maggiore era cagionato dalla scarsità della gente, che si rifugiava in quel luogo sicuro, cosa che faceva comprendere che la popolazione era rimasta sotto le macerie.» ("Il Mattino", 31 dicembre - 1° gennaio 1909 - testimonianza del prof. Arnaldo Bruschettini, docente di diritto commerciale.) Tra le prime squadre di soccorso che giunsero a Reggio vi fu quella proveniente da Cosenza, guidata dall'esponente socialista Pietro Mancini, il quale dichiarò: «Le descrizioni dei giornali di Reggio e dintorni sono al di sotto del vero. Nessuna parola, la più esagerata, può darvene l'idea. Bisogna avere visto. Immaginate tutto ciò che vi può essere di più triste, di più desolante. Immaginate una città abbattuta totalmente, degli inebetiti per le vie, dei cadaveri in putrefazione ad ogni angolo di via, e voi avrete un'idea approssimativa di che cos'è Reggio, la bella città che fu.» E ancora i giornali scrissero: «Oramai non v'è dubbio che, se a Reggio fossero giunti pronti i soccorsi, a quest'ora non si sarebbero dovute deplorare tante vittime.» «Si è assodato che Reggio rimase per due giorni in quasi completo abbandono. I primi ad accorrere il giorno 28 in suo soccorso vennero a piedi da Lazzaro - insieme al generale Mazzitelli ed a poche centinaia di soldati: furono i dottori Annetta e Bellizzi in unione ai componenti la squadra agricola operaia di Cirò, forte di 150 uomini accompagnati dall'avv. Berardelli di Cosenza. Questa squadra ebbe contegno mirabile e diede aiuto alle migliaia di feriti giacenti presso la stazione. Gli stessi operai provvidero allo sgombero della linea ferroviaria favorendo la riattivazione delle comunicazioni ferroviarie. Appena giunti furono circondati da una turba di affamati ed il pane da essi portato veniva loro strappato letteralmente dalle mani. Sicché essi dovettero patire la fame fino al giorno 30 quando cominciò l'arrivo delle navi.» Due giorni dopo il disastro, arrivarono nel porto di Messina in visita alla città distrutta il Re Vittorio Emanuele III di Savoia e la consorte Elena.
Domenica 28 dicembre 2008 - Santuario di Montalto
- Collocazione targa marmorea sulla facciata del Santuario;
- Corteo Santuario - Capitaneria di Porto;
- Deposizione corona dall'oro nel porto di Messina con l'aiuto di una pilotina della Capitaneria di Porto.
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