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Dagli anni '30 ad oggi

Scritto da  Apr 26, 2013

 

 

di Alessandra Basile

Il terremoto del 28   dicembre 1908 che devastò la Città dello Stretto, rappresentò per Messina una   frattura sociale ed economica. La distruzione totale della città, la perdita   del suo retroterra industriale e delle professionalità imprenditoriali legate   a essa, segnarono la sua vita economica nei decenni successivi, concentrando   nell’attività della ricostruzione edilizia tutti gli sforzi economici.
 
  L’economia messinese mostrò dei sintomi di ripresa nel corso degli anni   Venti. Per quanto riguarda, in particolare, il ramo dei servizi si riscontrò   uno sviluppo consistente nei comparti inerenti alla distribuzione   dell’energia elettrica, ai trasporti e alla produzione e distribuzione di   gas. Per quanto riguarda l’industria il settore maggiormente sviluppato era   quello manifatturiero. Negli anni Trenta, però, Messina fu costretta ad   affrontare un nuovo periodo di crisi, provocata dal rallentamento   dell’attività edilizia dovuto all’arresto dei finanziamenti statali.
 
  Alla crisi del settore edile si aggiunse anche quella dell’industria   agrumaria e dei suoi derivati. Ciò provocò una pesante riduzione delle   esportazioni, settore trainante dell’economia messinese.
  Gli anni Cinquanta, per Messina, furono gli anni del sogno, della ripresa   economica. "Due erano i nuclei di produzione industriale competitivi   sui mercati internazionali: il settore della cantieristica navale e quello   dei derivati agrumari". (Guido Signorino- Le attività   imprenditoriali). Nel 1956, venne brevettato dall’ingegnere Rodriguez un   nuovo mezzo di trasporto marittimo: la "Freccia del Sole",   il primo aliscafo commerciale al mondo. Un mezzo leggero e veloce, concepito   per affrontare le insidie dello Stretto.
 
  L’esportazione delle essenze agrumarie e dei limoni costituì l’altro settore   strategico dell’economia messinese. La "Sanderson",   azienda leader nel settore, continuò a registrare una notevole espansione   anche grazie a una positiva diversificazione produttiva. Un altro settore   industriale/artigianale che ebbe un peso notevole nella struttura produttiva   della città fu quello delle industrie alimentari: frantoi, industrie   dolciarie, pastifici. Inoltre anche il turismo diede i primi segnali di   risveglio grazie all’attrazione di Taormina e delle Eolie, che   diventeranno negli anni ’60, prestigiose mete del turismo di élite.
 
  Gli anni Settanta segnarono la svolta, la metamorfosi della Città dello   Stretto. Proprio nei primi anni dei ’70 ebbe inizio, infatti, il declino   inarrestabile di Messina che progressivamente perse il suo ruolo, la sua   identità e andò verso la stagnazione. Il settore edile, che aveva giocato un   importante ruolo nel mercato del lavoro locale, entrò in crisi per l’introduzione   di nuove tecnologie che permisero di ridurre il numero di addetti per unità   di prodotto. Anche il settore del commercio e del credito, che aveva fatto   registrare un incremento occupazionale nel periodo 1951-1971, fu   toccato dalla crisi legata alla stagnazione della popolazione e alla scarsa   dinamica delle forze produttive locali.
 
  Gli anni Ottanta e i Novanta si caratterizzarono per un fenomeno definito dei   "nuovi poveri". In sostanza, se nel primo ventennio del   Dopoguerra un operaio edile riusciva a comprare una casa e metter su   famiglia, negli anni ’90, un operaio edile era costretto a vivere nella casa   dei genitori con moglie e figli perché la sua condizione di precario   sottopagato non li consentiva di essere del tutto indipendente dai genitori.   Il lavoro dei giovani era caratterizzato da: assenza di sindacalizzazione,   salario da fame e precarietà assoluta. Accanto a questa massa di giovani   precari con contatti a termine, si affiancò, soprattutto a Messina, una massa   di giovani ufficialmente disoccupati. Si passò, infatti, nel comune di   Messina da un tasso di disoccupazione giovanile del 60,3% al 66,2%.
 
  Oggi la provincia di Messina si caratterizza per il grande peso assunto dal   terziario, l’84,2% del Pil provinciale. Questo sviluppo va letto in una   chiave ben precisa: provincia e città capoluogo, sono crollate sul piano   produttivo a vantaggio di un peso crescente di apparati pubblici parassitari   e assistiti dall’emergere di una criminalità organizzata che ha dato il colpo   di grazia a un tessuto sociale ed economico già profondamente sfibrato.
 
  Quella che negli anni Cinquanta era la provincia siciliana tra le più dotate   di potenzialità, è oggi diventata una delle aree di maggiore crisi   occupazionale.

Ultima modifica il Domenica, 23 Ottobre 2016 05:01
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