Che Renzi parli di tutto lo scibile umano è risaputo, così come è ormai venuto alla luce che, per farlo, parla anche di cose che non conosce per nulla. Ha detto che inaugurerà la A3 Salerno-Reggio Calabria il 22 dicembre ed ha anche aggiunto che “Costi quel che costi noi vogliamo che sia un’autostrada seria a QUATTRO corsie. Forse non sarà bellissima tutta ma deve essere messa in sicurezza perché lo si deve alla civiltà e alla sua credibilità all’estero”.
Non potendo, ne volendo credere, che il Vanna Marchi della politica abbia deliberatamente detto delle bugie, optiamo per l’ipotesi più credibile. Non conoscendo il Sud, al di sotto di Salerno, vuol dire che nessuno lo aveva informato che dei 443 km di autostrada tra Salerno e Reggio Calabria soli 54 km sono a 4 corsie, ed è la parte iniziale dell’A3 a partire da Salerno, poi l’infrastruttura si snoda verso Reggio con 3 corsie di cui una di emergenza, e per ben 4 tratti (per un totale di 52 km) rimane quella che era stata costruita nel 1972 (2 strette corsie senza quella di emergenza).
Se la visita di questi giorni in Calabria è stata fatta senza elicottero non ha più alcun alibi anche se lui non si preoccupa per nulla perché pensa che col “bla, bla, bla” nelle televisioni le sue bugie reggono parecchio. Si illude, però. Perché se fosse così non si capirebbe perché il Fonzie perda, senza soluzione di continuità, punti di consenso. Fa lo stesso con le tasse, convinto che basti negare perché tutti gli debbano credere. In questo caso però la cartina di tornasole ce la fornisce la Cgia di Mestre (ormai ‘promossa’ a reale controcanto di qualunque governo bugiardo) che negli ultimi dati resi pubblici ha quantificato nel 50,2% il livello record raggiunto dalla fiscalità sui redditi ‘legali’.
Anche per il Ponte sullo Stretto la sta facendo lunga. Mentre l’Egitto si adegua alle esigenze trasportistiche con container, raddoppiando, nel Canale di Suez, la capacità di transito dei carghi sempre più mastodontici; i cinesi stanno attrezzando il porto del Pireo in Grecia (dopo essere stati messi in fuga dall’Italia) per farne una delle entrate dei propri prodotti in Europa; la Turchia inaugura il terzo ponte sul Bosforo; il parolaio si limita a dire che “sul Ponte dello Stretto si è giocato un derby ideologico tra fautori e detrattori totalmente privo di aderenza alla realtà”.
Ma chi lo ha informato di queste sciocchezze? Come osa parlare di derby ideologico tra la comunità scientifica nazionale e internazionale e il sindaco di Messina o il Presidente Crocetta? Dovrebbe sapere che la prima (professori universitari, ingegneri, architetti ed economisti) si è mossa con dati scientifici alla mano, gli altri nel migliore dei casi si son fatti guidare dall’ignoranza e dalla non conoscenza, nel peggiore ha risposto positivamente al richiamo dei traghettatori dello Stretto che non intendono mollare il loro enorme business. Se a ciò si aggiunge l’egoismo della stracciona borghesia locale tutta protesa a difendere la propria casetta al mare, considerata a rischio per la costruzione del Ponte, ci si capacita del perché, a Messina, si sia affermato come sindaco il tibetano Accorinti dal quale la stessa popolazione, che lo ha fatto trionfare, ora vorrebbe liberarsi anzitempo.
Renzi, comunque, non se la vorrebbe guastare con nessuno. Dicendo che ci sono prima priorità da soddisfare il premier, ignorando che il Ponte, che ha un progetto subito cantierabile, ‘serve’ all’intero Paese (se non vuole perdere l’occasione del trasporto containerizzato e, anche, di superare il problema delle penali da pagare per la vergognosa rescissione dell’appalto operata da Monti), Renzi, dicevamo, punta a tacitare i ‘No Ponte’ usando la categoria, tanto cara agli stessi, del ‘benaltrismo’, e contemporaneamente tenta di tenere buoni quanti si battono per la sua realizzazione usando, come fece con Enrico Letta, la speranza del #stateserenivoidelsiponte con un “prima o poi il Ponte sarà fatto”. Sbaglia però se pensa che può tacitare chi si batte per la fine dell’isolamento, dall’Italia e dall’Europa, delle tre regioni del profondo Sud: Sicilia, Calabria e Lucania perché rischia di restare isolato dall’intero Mezzogiorno proprio lui.
- di Giovanni ALVARO -