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Sulle poesie: lettera del Presidente Prof. Giuseppe Rando della Giuria poetica alla Commissione del Concorso Arteincentro.

docsi

Care colleghe, Prof.ssa Maria Morganti Privitera e dott. Teresa Fresco

solo per propiziare il nostro prossimo incontro (in cui parleremo di poesia e sulle poesie da giudicare), mi permetto d’inviarvi un promemoria su cosa non può dirsi poesia, che uso (variandolo, magari, con aggiunte o espunzioni, e lasciandolo, comunque, aperto ai suggerimenti dei colleghi) in occasione di concorsi poetici.

Non penso ovviamente a un decalogo negativo, anche perché la poesia non è affatto grammaticalizzabile – semmai è uno dei luoghi eletti della libertà – e perché non ho titoli speciali al riguardo: sono, soltanto, uno dei tanti che amano la poesia e credono nella creatività umana, come prerequisito fondamentale dell’esistenza uti singulus, cioè della formazione della personalità individuale (o soggettivazione che dir si voglia): «Mi esprimo, dunque sono».

Con quest’ultima massima, che ho codificato parodiando il «Cogito ergo sum» di Cartesio, esorto da sempre i miei amici, i miei familiari, i miei allievi a diventare sé stessi, unici e irripetibili, cioè a distinguersi dalla massa, esprimendosi per l’appunto. E cito l’esempio di una nonna normanna che si esprimeva lavorando all’uncinetto e producendo splendidi scialli, ancora ammirati sulle spalle delle nipoti: si è espressa con gli scialli ed esiste ancora (ed esisterà finché durano gli scialli) nel ricordo di tutti come nonna normanna. C’è, dunque, chi si esprime con gli scialli, chi con certi piatti prelibati in cucina, chi con un pallone al piede, chi con le corde di una chitarra, chi con i colori, chi con il marmo, chi con la cinepresa, chi con ogni altro oggetto possibile. E chi con la poesia.

Quanto dire che la poesia è una delle forme possibili della espressione umana: meno quotidiana, sia pure, del lavoro all’uncinetto, ma accomunata a questo e a tutte le altre forme dell’espressione dalla padronanza di una tecnica specifica e dall’esercizio di tale tecnica: non si fa poesia con la sola ispirazione (tuttavia indispensabile), bisogna possedere la tecnica appropriata ed esercitarsi a lungo: scrivere, riscrivere, correggere, limare (per nove anni, secondo Orazio, per venti anni come Ariosto o come Manzoni): nessuno si è mai alzato una mattina e ha scritto all’improvviso L’infinito.

E qua smetto, per non scadere nell’ovvio tout court, affidandovi il mio promemoria personale.

PROMEMORIA PERSONALE

Nessuno sa che cosa sia la poesia. O almeno, nessuno - da Aristotele a Orazio a Pseudo-Longino a Dante a Tasso ad Alfieri a Leopardi a De Sanctis a Marx a Freud a Pascoli a Croce a Nietzsche ad Heidegger a Pasolini a Segre ecc. - ne ha dato una definizione definitiva ed accettata da tutti.

Molti tuttavia concordano su cosa non è poesia.

E non sono pochi, ad ogni modo, i sintomi di ciò che non si può definire poesia. Ne elenchiamo dieci:

  1. la retorica dei buoni sentimenti, dei valori strombazzati, delle virtù (sociali, politiche, religiose ecc.) enfatizzate, degli insegnamenti gratuiti, delle condanne aprioristiche; delle amenità di tutti i tipi e, in ispecie, di quelle naturalistico-campestri (arcadiche);
  2. le facili rimerie del tipo cuore-amore;
  3. l’assenza di musicalità nei versi;
  4. l’assenza, per ignoranza, dell’enjambement;
  5. la povertà lessicale;
  6. le astruserie lessicali e/o concettuali, esibite come metalinguaggio poetico;
  7. l’ignoranza della metrica, della retorica, della stilistica e, ovviamente, della grammatica (e della lingua);
  8. la non conoscenza dei classici;
  9. la non conoscenza dei poeti contemporanei;
  10. il déja vu.

Il catalogo può essere accorciato o ampliato con le aggiunte di tutti coloro che amano la poesia.

E si può azzardare l’ennesima definizione (minimalistica) di poesia: «rappresentazione sintetica, simbolica e musicale del mondo esteriore e/o interiore, per mezzo di versi scritti»; oppure «poesia è dire in versi, col minor numero possibile di parole, il maggior numero possibile di cose non dette e/o indicibili, sfruttando la dimensione simbolica, ma soprattutto ritmica, musicale della lingua».

Cordiali saluti

Giuseppe Rando

Biografie:

- Prof. Giuseppe  Rando: http://www.messinaweb.eu/artisti/associazione/scrittori/item/1508-giuseppe-rando.html

- Prof.ssa Maria Morgenti Privitera:http://www.messinaweb.eu/artisti/poeti-e-pittori/partecipanti/item/876-maria-morganti-privitera.html

- Dott.ssa Teresa Fresco:http://www.messinaweb.eu/artisti/poeti-e-pittori/partecipanti/item/899-teresa-fresco.html

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