- di Giuseppe Messina -
“Leggere Il Gattopardo” è un pregevole libro di Melo Freni che mi ero perso, (un libro del 2009 edito da Dario Flaccovio, euro 10,00) che ho avuto in dono dall’autore e che non ho potuto fare a meni di leggere senza fare sosta.
Da ragazzino avevo letto il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e l’ho riletto dopo diversi anni ed ancora una decina di anni fa, ma ogni volta c’è stato qualcosa che mi era sfuggita prima, forse perché non avevo letto niente come “Leggere Il Gattopardo”.
Con questo libro, Melo Freni ha fatto una straordinaria operazione culturale-didattica che dovrebbe essere presa in seria considerazione dai dirigenti delle scuole medie superiori dal momento che il contenuto di “Leggere il Gattopardo” è d’interesse storico-analitico e psico-sociologico. Sì, senza dubbio, è un libro che dovrebbe essere adottato nelle scuole perché gli studenti abbiano la possibilità di capire la narrazione storica de “Il Gattopardo”.
Il libro si presenta come una grande lente d’ingrandimento o, addirittura, come un microscopio ed uno stetoscopio tramite cui al lettore è permesso d’immergersi tra le maglie, tra la texture del romanzo di Tomasi di Lampedusa per scoprirne la sostanza, il sapore, l’odore e ascoltarne i palpiti di una storia che riesce ad affascinare, dissetare, sfamare la curiosità del lettore interessato. Ma non basta. Lo scritto di Melo Freni ha la facoltà di risvegliare la rabbia, caso mai si fosse sopita, di chi conosce la storia, i fatti ovvero gli inganni dei “nuovi padroni piemontesi” nei confronti del Sud dell’Italia tradita, violentata, espropriata della libertà in tutte le sue forme e della ricchezza. un tradimento ordito, ahi noi, con la complicità di quelli che si sono manifestati i peggiori nemici della Sicilia e del Sud in generale, cioè la maggior parte dei politici (che nel Parlamento Nazionale avrebbero dovuto lottare per salvaguardare gl’interessi del popolo italiano) a cominciare da quel siciliano macellaio di siciliani che indegnamente andrà ad occupare il posto di primo ministro del regno ovvero Francesco Crispi: un infiltrato tra le fila garibaldine che, probabilmente, fu l’assassino di Rosolino Pilo il quale assieme a quel galantuomo di Giovanni Corrao e lo stesso Crispi avevano preparato lo sbarco dei “Mille” in Sicilia.
Il libro “Leggere Il Gattopardo” (che avrebbe potuto avere come titolo “Guida alla lettura de Il Gattopardo” oppure “Il Gattopardo sotto la lente d’ingrandimento” o “Alla scoperta del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa”) a mio avviso rappresenta una importantissima opera letteraria che mette a nudo un capolavoro facendone un accurato esame psico-sociologico dei personaggi, e persino dei paesaggi, degli ambienti e, naturalmente del periodo storico, tanto da suscitare nel lettore la mordente voglia di ritornare a leggere il romanzo esaminato. Si tratta di una pregevole operazione che fa capire come “Il Gattopardo” (ma, per riflesso, anche “I Vicerè” di Federico De Roberto ed “I vecchi e i Giovani” Di Luigi Pirandello) rappresenti l’analisi più ovvia e spietata di un periodo storico in cui fu realizzato il tradimento più sanguinario ai danni del Sud dell’Italia, che non era, come si volle far credere da parte degli occupanti e degli storici ruffiani, rozzo e povero, ma tanto ricco da suscitare la voglia irreprimibile nei reali piemontesi indebitati per spese militari, che mascherarono, pirandellianamente, con l’ amore per un’Italia unificata.
“Leggere Il Gattopardo” non è semplicemente un libro: Rappresenta un esame autoptico a carne viva da cui ne viene fuori un grave lamento che racchiude un atto d’accusa, non soltanto nei confronti del governo piemontese con a capo lo spietato calcolatore Cavour, ma anche, e soprattutto, nei confronti di quasi tutti i politici Siciliani, e meridionali in generale, che hanno avuto ruoli importanti nei governi nazionali fin dalla cosiddetta unità d’Italia; uomini venduti o incapaci, comunque traditori degli interessi del Sud. Eppure sapevano o avrebbero dovuto sapere cosa aveva scritto Goethe: “Senza la Sicilia non è possibile farsi un’idea dell’Italia. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto”.
Certamente viene da pensare che, conoscendo i fatti del dopo unità d’Italia, nel trattare l’argomento, sia stato facile per il Lampedusa mettere in bocca al principe Salina “…Chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene”, come non avrebbe potuto omettere di fare dire a qualche suo personaggi e, in questo caso usa il nipote Tancredi, per dire che tutto cambia perché tutto rimanga com’è. C’è da credere che senza queste affermazioni ed altre simili raffinatezze “Il Gattopardo” non avrebbe motivo di esistere o per lo meno non sarebbe il romanzo che è dal momento che perderebbe il suo valore storico e sociologico.
“Il Gattopardo” non è, infatti, un semplice romanzo, ma il racconto di un maledetto dramma; il dramma del Sud di una nazione violata nelle sue aspettative; ed il desiderio di morte del principe Fabrizio di Salina altro non è se non il desiderio di tanti gli intellettuali che intravvedono l’ineludibile nero futuro nel quale si rifiutano di vivere. È questo il motivo per cui il principe si “rifugiava tra le stelle” proprio perché rifiutava la disonestà degli uomini di potere. Così come Tancredi e Crispi dimostreranno: l’uno non aveva risparmiato la famigli e l’altro aveva tradito, oltre gli amici Rosolino Pilo e Giovanni Corra, la Sicilia tutta.
Il principe Fabrizio era diventato come un essere incorporeo che, conoscendo l’esistente drammaticità sociale, aveva scelto di vivere in un sogno creato da lui medesimo, un mondo che non esisteva ed in questo spazio-tempo si dedicava al corteggiamento della morte ed attendeva che questa giungesse a prenderlo.