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Domenico Venuti nome

 

La redazione

Messina, detta anche "porta della Sicilia" e anticamente Zancle e Messana, come è noto, raggiungeva il massimo del suo splendore, fra il tardo medioevo e la metà del XVII secolo, quando contendeva a Palermo il ruolo di capitale della Sicilia.I disastrosi terremoti, come quello del 1908 e i   bombardamenti della seconda guerra mondiale che avevano colpito al cuore la città vedevano la sua ripresa grazie alla forza morale, il coraggio, l’intelligenza e l’amore dei suoi concittadini. Possiamo dire quindi che i messinesi hanno sempre saputo reagire imponendosi anche per meriti nel contesto europeo, meritando alla città l’appelletivo di “Città d’Europa”. Oggi ci si chiede, ma che cosa sia successo ? che cosa sta succedendo ? , dov’è finita la sua antica gloria ?

Il Prof Domenico Venuti in occasione di un incontro al Museo Etnoantropologico dell’area peloritana di Castanea, che lo vede Soprintendente onorario, rivolgendosi al numeroso e qualificato pubblico , dopo avere fatto un breve parallelo storico rievocativo su   Messina di ieri e di oggi , ne rilevava le attuali assurde mancanze che rischiano di umiliarla. Invitava a seguire l’esempio operativo di associazioni di volontariato pronte a dare con i propri componenti idee e fatti positivi anche per il patrimonio culturale cittadino. Si soffermava a parlare della locale ’associazione , che sotto la direzione del Cavaliere Domenico Gerbasi è stata capace di divenire una istituzione museale di valore con i suoi 2500 reperti,   attenzionati e in parte catalogati dalla Soprintendenza BB-CC di Messina. Esprimeva parole di lode ai volontari, che con sacrificio e impegno riescono, malgrado le relative difficoltà create da vandali a tenere pulito il sito che si ritiene luogo di sepoltura di Antonello da Messina, il più grande pittore siciliano del ‘400. A tal proposito, dichiarava l’urgenza dello scavo, anche proprio perché, nel dubbio della reale sepoltura.Si aggiunge, fatto anch’esso importante, proprio perché lì il CNR ne ha rilevato il primo convento carmelitano in Europa e questa si aggiunge una rilevante cripta sottostante.

In un secondo momento il Prof Venuti, in occasione di un brillante incontro nella sede del Centro Europeo di Studi Universitari Human Rights of Peace dei CO.B-GE che presiede, sollevava la sua voce dicendo :”….I beni culturali messinesi non devono essere portati altrove, come è avvenuto ad esempio, per le famose icone e per alcune antiche monete che si trovano al museo Paolo Orsi di Siracusa. Nell’occasione faceva presente la necessità di onorare le figure di uomini illustri come il cittadino onorario William Shakspeare. Chiedeva il rispetto dei monumenti e invitava rivolgendo il suo pensiero agli amministrato rio cittadini di evitare di piantare alberi e di non lasciarli coperti da rami che rischiano di danneggiarli e di provvedere a fare piantare prima possibili fiori .” . Messinaweb.eu considera importante, quanto espresso dal prof Venuti, essenziale per una concreta ripresa dellla città, perché intervenendo sul patrimonio culturale si contribuisce positivamente, grazie al turismo sull’ economia e sul sociale di Messina. Solo così si potrà giustamente parlare di Area Metropolitana dello Stretto.

Porto di Gioia TauroAnche se i dati ufficiali, riferiti al 2015, sul volume del traffico dei container nei porti italiani, europei e internazionali non sono ancora disponibili, circolano i dati ufficiosi che presentano il porto di Gioia Tauro come l’unico con un forte regresso rispetto al 2014. Una vera e propria mazzata, seguita all’anno negativo per il transhipment, che faceva solo vivacchiare le maestranze ormai costrette a convivere con la cassa integrazione, che rischia di trasformarsi in messa in mobilità e, quindi, in fuoruscita dal settore.

E’ credibile che sia stato l’allarme, suscitato nell’opinione pubblica dalla diffusione dei dati ufficiosi, a spingere la MedCenter (MCT) di Gioia Tauro a far sapere che è possibile raggiungere un traffico settimanale di ben 42.000 teus con un incremento di circa 8.000 container a settimana. Ammesso che non sia una bufala quanto divulgato, è chiaro che la notizia non tranquillizza per nulla perché non basta l’incremento del traffico a segnare la sorte del Porto calabrese. Fin quando esso resterà solo porto container senza reale collegamento alle reti di Alta Capacità ferroviaria, la speranza di un suo reale consolidamento sarà una pia illusione. Qui – intendiamo Sud come Nord – non si vuole dare peso ai sistemi di mobilità e di logistica.

Sarebbe tempo che le forze politiche smettano di inseguire falsi obiettivi, come quelli rappresentati dalla richiesta di nuovi approdi per carghi portacontainer, anche di nuova generazione. Richiesta ingenua, che serve piuttosto a mettersi in pace con la coscienza, perché le compagnie marittime non cedono a richieste se esse non si coniugano con le proprie convenienze economiche. In più arzigogolare col transhipment porta a cozzare con gli interessi degli spedizionieri, dominati dalla necessità di fronteggiare la concorrenza attraverso l’accorciamento dei tempi di trasporto.

Insomma, come è possibile non capire che senza il collegamento alla rete ferroviaria dotata di alta capacità (A/C) non solo Gioia Tauro in Calabria, ma anche Augusta in Sicilia e i loro territori regionali non avranno alcun futuro? Ciò è ancor più grave se si constata che altri porti del Mediterraneo (spagnoli, francesi, marocchini, egiziani, anche italiani) abbiano avuto incrementi consistenti di traffico merci e puntano ad aumentarli attrezzando la capacità d’accoglienza a carghi di 12.000 teus.

Ma vi è di più. Una parte del traffico merceologico transitante nel Mediterraneo finirà direttamente al Pireo, gestito dai cinesi che, viste le scelte del signor Monti, hanno abbandonato l’Italia ed i suoi muri di gomma frapposti ai loro progetti per infrastrutture idonee ai trasporti più avanzati. Così una parte cospicua delle merci continuerà la circumnavigazione del Vecchio Continente per approdare ai porti del Nord Europa. Una frazione non meno significativa sarà necessariamente smistata sull’asse iberico–francese (v. FERRMED), nei porti che già oggi registrano incrementi significativi di traffico containerizzato. In Sicilia e in Calabria resteranno solo briciole di un traffico colossale, colpevolmente sottovalutato da Monti e dai suoi successori al Governo.

Il Presidente Renzi da Milano con il banner Ferrari alle spalle si limita a ripetere che “l’Italia c’è” e che “la ripresa è avviata”, forse auspicando che il tempo possa far superare la crisi mentre è più verosimile supporre che quelle poche frazioni decimali di PIL vantate siano piuttosto frutto del crollo del petrolio, delle iniziative di Mario Draghi, delle grandi opere concluse (Expo, BreBeMi A35, terzo valico appenninico) e di quelle in itinere. In realtà il Governo, l’ultimo ma non solo, rifiuta di capire la grande occasione rappresentata dalla realizzazione dell’ex corridoio Berlino-Palermo (TEN-T1, oggi TEN-T5), quale via privilegiata, rapida e competitiva di trasporto container. Senza quel corridoio soffriranno non solo le due estreme regioni meridionali, con i loro 7 milioni di abitanti, ma anche la stessa Italia, quella che i potentati considerano tale, da Salerno in su.

Il disastro non è solo questo, vi è anche il pasticcio cronico di una Italia che non capisce l’importanza vitale del Sud e del Mediterraneo, lì attorno. Ci sono gli errori strategici della 2^ guerra mondiale e i passaggi drammatici della vita di Mattei, Moro, Craxì, la loro difforme evoluzione, seppure convergente nella fine impietosa, a farcelo intravedere. Dopo la caduta del Presidente Berlusconi, lo spread si è sotto livellato fino ai valori minimi attuali perché i ‘Governi del Presidente’ continuano a rispettare l’ordine di abbandonare alla politica dell’emergenza le peculiarità geopolitiche e strategiche insite nella terra siciliana al soverchiante influsso straniero, evitando con alchimie di mettervi mano con programmi e progetti di medio-lungo termine.

Questo tuttora è l’amaro destino senza possibilità di riscatto, perché per liberarsene sul serio, non a parole, ci vuole un vero Statista ed una nuova politica delle infrastrutture collegate a un sistema di mobilità e logistica integrata. Il resto sono chiacchiere. Intanto i cargo container scivolano via mentre inquinano il mare fra Tunisia e Sicilia. L’Africa di fronte resta lontana, non ci appare quel nostro orizzonte del secolo, che come passaggio obbligato vedrebbe appunto la Sicilia e la Calabria, completamente abbandonate ad accogliere uomini disperati (se non malvagi), non già a creare lavoro, crescita e sviluppo ma a dar vita a nuove e gravi tensioni sociali.

                                                           - di Giovanni ALVARO – Cosimo INFERRERA – Bruno SERGI -

 

In “Storia, arte e tradizione nelle chiese di Messina” di Mons. Giuseppe Foti ( Me, Grafo editor 1983) prezioso e certosino lavoro sulla storia delle chiese di Messina, nulla è detto in merito alla scoperta di eventuali reperti archeologici ( di qualsiasi epoca) rinvenuti nell'area di scavo relativa alla costruzione della nuova chiesa di S. Maria di Gesù Sup., eretta nel 1934 “ in un'area molto vicina, ma al di qua del torrente, mentre prima si trovava al di là “. L'area era di proprietà del Barone Marullo di Condojanni che ne fece donazione, cosi come si legge nella lapide affissa sul prospetto della chiesa, che porta la seguente epigrafe: “ Questa lapide a ricordo di don Francesco Marullo di Condojanni Barone Arau di Giampaolo che dono il terreno perché si edificasse questo luogo di raccoglimento e di preghiera 27 Maggio 1934 “. Né ritrovamento, di alcun tipo, è stato rilevato durante la costruzione dell'adiacente sede dell'Azienda Acquedotto. Nulla di nulla. Nessun testo storico oggi conosciuto, tra l'altro, ci dà notizie di costruzioni religiose in quel sito, contrariamente a quanto avvenne per l'antico Monastero/Convento di S. Maria di Gesù Sup. Sorto nel 1161, su preesistenti resti di terme romane, di cui alcuni reperti -diverse colonne – sono ancora oggi visibili e riutilizzati dai frati in varie epoche successive. Dal Samperi al Reina, dal Grosso Cacopardo al Bonfiglio, da La Farina al Tramontana,( per citare i più recenti), tutti individuano l'attuale sito con l'antico Convento di S. Maria di Gesù Sup. e ancor prima conosciuto con il nome di S. Maria del Carmelo. Due appassionati di storia patria come il La Corte Cailler e Gioacchino di Marzo ( entrambi in contesa per la paternità della scoperta del testamento di Antonello da Messina) a un certo punto convengono sull'ipotesi della sepoltura di Antonello nel sito da Lui stesso indicato, ovvero nel Convento di S. Maria di Gesù Sup. a Ritiro : “ Che finalmente Antonello venne sepolto nel convento di S. Maria di Gesù, com'egli volle: anch'io e il La Corte Cailler fummo concordi ad opinar di leggieri, che ne sia stata la tomba nel primo convento di quel titolo, dei frati Minori Osservanti di San Francesco, ossia nell'antica chiesa di esso, di già fondato nel 1478 ( 1418 0 1421, secondo fonti storiche diverse )dal beato Matteo di Girgenti sulla sinistra sponda del torrente di San Michele, ( i torrenti venivano indicati nel senso di marcia monte-valle), a due chilometri da Messina, e che poi fu detto di Santa Maria di Gesù Superiore e più comunemente fin oggi il Ritiro.” G. di Marzo su Nuovi studi ed appunti su Antonello da Messina con 25 documenti – Me 1905. Tutti gli atti trascritti dal notaio Antonio Mangianti, ( Notaio che raccolse le volontà testamentarie di Antonello ), per le sepolture in quel sito, sono indicate con il toponimo di S. Maria di Gesù . Recentemente un erede del notaio, il prof. Paolo Mangianti, da Genova, ci segnala che anche a Barcellona, presso la cappella Picardi, esiste una lapide funeraria ( vedi foto ) a firma del notaio A. Mangianti e riferita al Convento di S. MARIAE DE IESU, datata 1476. Probabilmente i resti mortali sono stati traslati, dagli eredi, e portati nella Cappella di famiglia a Barcellona P.G. dopo un evento alluvionale o un terremoto. Si inviano: Foto 1. Foto della lapide funeraria famiglia Picardi ; Foto 2 .Veduta del campo nella fiumara di S.Maria di Gesù di Paolo Filocamo –stampa D’Amico 1718, dove sono indicati chiaramente al n.1 il Convento di S. Maria di Gesù Sup e al n.4 quello inferiore; Foto 3. Anonimo, sec. XVIII. Pianta e veduta della Nobile Bella e forte Città di Messina scossa dal terremoto del 1783. Si vede il Convento di S.Maria di Gesù inf. nei pressi del forte dei Cappuccini ( Forte Vivonne ) e sopra il Convento omonimo. In realtà il Convento di S. Maria di Gesù inf. è in posizione leggermente più a valle del forte Cappuccini e occupava l’area dell’attuale scuola L.Boer . Foto 4. Stampa di Nicolas de Fer. Sopra il Convento di S.Maria di Gesù inf. si vede il quadrato di forte Vivonne e, più in alto, il Convento dei Cappuccini. Foto 5. Stampa di James Basire. Londra 1751. Si vede , al n.14 il Convento di S. Maria di Gesù inf., al n.13 il Fortino Vivonne e, al n.12 il Convento dei Cappuccini.

- di Giuseppe Previti -

 

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In “Storia, arte e tradizione nelle chiese di Messina” di Mons. Giuseppe Foti ( Me, Grafo editor 1983) prezioso e certosino lavoro sulla storia delle chiese di Messina, nulla è detto in merito alla scoperta di eventuali reperti archeologici ( di qualsiasi epoca) rinvenuti nell'area di scavo relativa alla costruzione della nuova chiesa di S. Maria di Gesù Sup., eretta nel 1934 “ in un'area molto vicina, ma al di qua del torrente, mentre prima si trovava al di là “. L'area era di proprietà del Barone Marullo di Condojanni che ne fece donazione, cosi come si legge nella lapide affissa sul prospetto della chiesa, che porta la seguente epigrafe: “ Questa lapide a ricordo di don Francesco Marullo di Condojanni Barone Arau di Giampaolo che dono il terreno perché si edificasse questo luogo di raccoglimento e di preghiera 27 Maggio 1934 “. Né ritrovamento, di alcun tipo, è stato rilevato durante la costruzione dell'adiacente sede dell'Azienda Acquedotto. Nulla di nulla. Nessun testo storico oggi conosciuto, tra l'altro, ci dà notizie di costruzioni religiose in quel sito, contrariamente a quanto avvenne per l'antico Monastero/Convento di S. Maria di Gesù Sup. Sorto nel 1161, su preesistenti resti di terme romane, di cui alcuni reperti -diverse colonne – sono ancora oggi visibili e riutilizzati dai frati in varie epoche successive. Dal Samperi al Reina, dal Grosso Cacopardo al Bonfiglio, da La Farina al Tramontana,( per citare i più recenti), tutti individuano l'attuale sito con l'antico Convento di S. Maria di Gesù Sup. e ancor prima conosciuto con il nome di S. Maria del Carmelo. Due appassionati di storia patria come il La Corte Cailler e Gioacchino di Marzo ( entrambi in contesa per la paternità della scoperta del testamento di Antonello da Messina) a un certo punto convengono sull'ipotesi della sepoltura di Antonello nel sito da Lui stesso indicato, ovvero nel Convento di S. Maria di Gesù Sup. a Ritiro : “ Che finalmente Antonello venne sepolto nel convento di S. Maria di Gesù, com'egli volle: anch'io e il La Corte Cailler fummo concordi ad opinar di leggieri, che ne sia stata la tomba nel primo convento di quel titolo, dei frati Minori Osservanti di San Francesco, ossia nell'antica chiesa di esso, di già fondato nel 1478 ( 1418 0 1421, secondo fonti storiche diverse )dal beato Matteo di Girgenti sulla sinistra sponda del torrente di San Michele, ( i torrenti venivano indicati nel senso di marcia monte-valle), a due chilometri da Messina, e che poi fu detto di Santa Maria di Gesù Superiore e più comunemente fin oggi il Ritiro.” G. di Marzo su Nuovi studi ed appunti su Antonello da Messina con 25 documenti – Me 1905. Tutti gli atti trascritti dal notaio Antonio Mangianti, ( Notaio che raccolse le volontà testamentarie di Antonello ), per le sepolture in quel sito, sono indicate con il toponimo di S. Maria di Gesù . Recentemente un erede del notaio, il prof. Paolo Mangianti, da Genova, ci segnala che anche a Barcellona, presso la cappella Picardi, esiste una lapide funeraria ( vedi foto ) a firma del notaio A. Mangianti e riferita al Convento di S. MARIAE DE IESU, datata 1476. Probabilmente i resti mortali sono stati traslati, dagli eredi, e portati nella Cappella di famiglia a Barcellona P.G. dopo un evento alluvionale o un terremoto. Si inviano: Foto 1. Foto della lapide funeraria famiglia Picardi ; Foto 2 .Veduta del campo nella fiumara di S.Maria di Gesù di Paolo Filocamo –stampa D’Amico 1718, dove sono indicati chiaramente al n.1 il Convento di S. Maria di Gesù Sup e al n.4 quello inferiore; Foto 3. Anonimo, sec. XVIII. Pianta e veduta della Nobile Bella e forte Città di Messina scossa dal terremoto del 1783. Si vede il Convento di S.Maria di Gesù inf. nei pressi del forte dei Cappuccini ( Forte Vivonne ) e sopra il Convento omonimo. In realtà il Convento di S. Maria di Gesù inf. è in posizione leggermente più a valle del forte Cappuccini e occupava l’area dell’attuale scuola L.Boer . Foto 4. Stampa di Nicolas de Fer. Sopra il Convento di S.Maria di Gesù inf. si vede il quadrato di forte Vivonne e, più in alto, il Convento dei Cappuccini. Foto 5. Stampa di James Basire. Londra 1751. Si vede , al n.14 il Convento di S. Maria di Gesù inf., al n.13 il Fortino Vivonne e, al n.12 il Convento dei Cappuccini.

- di Giuseppe Previti -

 

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Antonello da Messina 058

RIPORTIAMO MESSINA AL SUO ANTICO SPLENDORE CON I SUOI UOMINI ILLUSTRI

 

La Redazione

 

“ Antonello da Messina e le sue opere “ sono state oggetto di un brillante calendario presentato nella Sala del Consiglio della Provincia Regionale di Messina.

Considerata la “ quaestio disputazio…… “ su “Antonello ed il suo luogo di sepoltura” ci rivolgiamo al Prof Domenico Venuti docente di Beni Culturali e Ambientali, già Prorettore dell’Università della Pace della Svizzera ( Lugano), che con la collaborazione di docenti volontari e studiosi ha creato la Commissione Culturale Centro Europeo di Studi Universitari Human Righs of Peace dei CO.B-GE, che presiede ed ha Rettore Emerito il Prof Don Biagio Amata già Preside dell’ Università Pontificia Salesiana di Roma.

Il Prof Venuti ci porge una breve relazione che pubblichiamo.

” ….. che deve prevalere il buon senso e che non è giusto essere così scettici davanti a documenti leggibili ed evidenti quali le ultime volontà espresse con testamento da Antonello da Messina al Notaio Antonio Mangianti sempre evidenziate dall’erede prof Erasmo Paolo Mangianti che “non ha alcun dubbio” che il luogo di sepoltura è il Convento di S. Maria del Gesu’ Superiore.

A tal proposito, ci ricorda l’esistenza di una lapide su cui si può leggere “ ACQUAE S(ANCTAE) MARIAE DE IESU   EX ACT(IS) NOT(ARII) ANTONY MANGIANTI AN(NO) 1476”che si trova nella Cappella privata della famiglia Picardi, a Barcellona ed il cui luogo di provenienza era proprio il Convento Santa Maria del Gesù.

Ciò comprova e sono molti gli atti, così come asserisce l’appassionato e solerte Pippo Previti, già ottimo amministratore della città di Messina, cheDomenico Venuti nome “ per i defunti ( e non solo) sepolti nel Convento di S.Maria di Gesù non veniva indicato il termine Superiore ( Sup.).

Non avveniva così per quello inferiore, perché sempre espresso chiaramente “Santa Maria del Gesù Inferiore”. Fatto importante ritengo sia considerare che lì proprio a Ritiro nel 1166 vi era il Convento di S. Maria del Monte Carmelo ( Primo Convento dei frati Carmelitani eretto in Europa) che a causa di una alluvione ricoperto di terra interrato con la sottostante cripta.

Come si può quindi non fare i lavori di scavo? Sarebbe sufficiente solo questo motivo per dire: “scavo immediato ! ”.

Dire il contrario sarebbe una vera mortificazione alla città ed a tutti i cittadini e agli studiosi che desiderano che questo avvenga. Mi sia consentito anche per il rispetto dovuto ai volontari che con sacrificio ed impegno hanno reso e rendono decoroso il luogo.

Desidero sottolineare che I beni culturali a Messina, malgrado il serio impegno della Soprintendenza ai BB.CC. non ricevono il giusto sostegno e l’opportuna attenzione da chi dovrebbe.

“ Povera città” e dire che è una delle più ricche di Beni culturali della Sicilia. Mi chiedo il perché?- Fatto grave, si critica chi vuole portare alla luce la tomba di Antonello da Messina e cioè Silvano Vinceti che si è dichiarato convinto assieme a numerosi e insigni studiosi ed i nostri cari concittadini Pippo Previti e l’ Arch. Nino Principato che sulla base di documenti visionati e prove storiche che il grande Maestro del ‘400 sia stato sepolto nel Convento Santa Maria del Gesù Superiore.

Personalmente credo non solo che nel dubbio di una eventuale sepoltura di questo “grande figlio di Messina " sarebbe opportuno scavare, ma come ho più volte detto si riporterebbe alla luce il più antico Convento Carmelitano in Europa e il primo monastero dei Minori Osservanti in Sicilia. Basterebbe solo questo.

Credo sarebbe opportuno che si provveda senza indugio, anche perché porterebbe ad un rilancio turistico e quindi economico.

Pensiamo seriamente alla nostra Messina e sosteniamo concretamente coloro che dimostrano di operare per la sua ripresa, non dimenticando la sua gloriosa storia.

 

   Nella storia di questo scavo, s'inseriscono voci contrastanti che a vario titolo e in momenti diversi, hanno espresso perplessità e disappunto. Quello che per alcuni, è senza ombra di dubbio il posto giusto, per tanti altri è il posto sbagliato. Un luogo, quello del casale di Santa Maria di Gesù superiore che gli ultimi documenti fin qui prodotti, non lo riescono a trovare, identificandolo nelle mappe. Le carte che segnalo invece, possono essere strategiche per lo scavo che si vuole intraprendere, dalle quali si possono estrarre numerosi fattori ambientali, descrivendoci fisicamente l’ubicazione originaria del monumento. La singolare storia di questo complesso per troppo tempo è stata ricordata, attraverso le pagine di un solo autore, il gesuita Placido Samperi. Dalla penna di Placido, apprendiamo soltanto minute generiche informazioni sulla contrada di Ritiro. Mantenendo su questa posizione un’attenzione morbosa, ci si è lasciati prendere la mano. Invece come capita molto spesso in una ricostruzione storica, basta distogliere lo sguardo da quelle pagine per scoprire altri fondi e altre verità, puntualmente coinvolgenti e chiarificatrici. Una ricerca orfana di tutto il materiale più antico non può dare, il risultato a cui si spera di giungere. Questo modo di operare ha generato due correnti di pensiero. Il dilettante punta al percorso più facile, quello meno faticoso, che possa dare i risultati immediati. Chi invece conosce la materia, si affida al sentiero di montagna: magari passando dalla strada più tortuosa e più lunga per giungere in ritardo, ma con una conoscenza dei tempi e dei luoghi, altrimenti impossibile da immaginarsi.  

Io e gli amici che abbiamo trattato quest'argomento in diversi appuntamenti, siamo del parere opposto: il luogo del cantiere di scavo, oggetto di indagine archeologica, non crediamo sia quello giusto. Non crediamo alle fanfare di questi ultimi anni e non ci facciamo abbagliare, da rovine che non raccontano da sole, tutta la storia della contrada, men che meno, delle volontà di un pittore; di cui si sono perdute le tracce dopo la sua dipartita da questa terra. Il territorio, invece, può ancora raccontarci questi luoghi. Non importa se siano passati secoli; la dove s'immagina impossibile la memoria, questa è più forte e radicata. Il territorio mi ripeto, possiede nelle sue balze quella memoria che vorremmo raccontare.                          

   Un elemento questo non riscontrato in nessuna delle recenti ricognizioni storico-documentarie rivolte a quello scavo archeologico. Un quartiere quello di Giostra e una strana sepoltura, sotto le insegne di un grande pittore, sembra il titolo di un giallo da colorarsi a tinte fosche, quello che si vuole raccontare da alcuni anni a Messina. Il tempo passato da quel 14 febbraio del 1479, é ancora celebrato come l’inizio di un mistero, quello che ricorda la sepoltura del più grande pittore che Messina abbia mai avuto. Un luogo, quello che ha accolto i resti mortali del famoso artista ancora da scoprire, ricco di sfumature nascoste, di retroscena mai raccontati che merita le pagine delle maggiori riviste e quotidiani specializzati. Un luogo dicevo, avvolto dal più completo mistero, cercato come un ago in un pagliaio, fra le pagine della storia, fra le righe di mille autori che non hanno saputo spiegare, dove mai sia stato riposto il corpo mortale del grande Antonello. Negli ultimi anni, la memoria è riapparsa nelle discussioni di molti testimoni, forte e dirompente come le acque che dal cielo, cercano la terra e nella terra travolgenti, passano velocemente. Nella precipitazione di fatti, valori, documenti e opinioni, la tomba di Antonello si è trasformata in un argomento avvincente, sempre vivo, sempre in voga qui nelle case di Messina. Fra i banchi di scuola, fra la gente in fila ad attendere qualcosa, ad aspettare gli eventi, ricordando di quel morto, che fa discutere da generazioni il suo popolo, nella assolata terra dello stretto. L’entusiasmo provocato da quella fossa che ritorna quotidianamente nei pensieri di tanta gente, spiazza per certi versi gli astanti nelle infinite discussioni: immaginando soluzioni già scontate, già previste nelle ingenue riflessioni. I recenti fatti, le intromissioni col geo radar, vogliono nelle intenzioni tagliare i tempi, accelerando nel tentativo di promuovere l’indagine archeologica. Il luogo scoperto, in quel di Ritiro, é annunciato da possenti fanfare. Gli olé si sprecano, il vanto si tocca con mano quasi fosse cosa viva, quasi fosse materia conosciuta. Sappiamo invece, cosa è accaduto negli ultimi anni sul tema: si conosce la tesi formata da un racconto che non possiede carattere d'indagine storico-documentale. Un luogo quello dello scavo, dei resti di Santa Maria di Gesù il superiore, che ritorna prepotentemente alla ribalta, ogni volta che qualcosa spezza la quiete del posto, l’equilibrio del paesaggio. Intenerisce osservare quanta gente, celebri Messina attraverso un fosso, un deposito di pietre e di sabbie come se ne vedono tanti in giro per questa disgraziata città. Questo posto però a differenza di altri ricettacoli ha assunto per mandato divino, una potenza invincibile, quella della memoria delle glorie cosiddette patrie.

   Dove appare immutabile l’inerzia delle cose messinesi, nel sito della tomba di Antonello tutto è possibile, e nulla rimane immobile. La fantasia per esempio, galvanizza chi la culla: immaginando scoperta quella salma, già si pontifica sul sito, si accumulano le benefiche idee, si gonfia il petto orgogliosi di un simile trofeo. Come fare a svegliare gli ignari? Come scuoterli dal gioco? Rabbiosa la voce che celebra la memoria, infuocata e spasmodica l’attesa a dispetto del risultato, veicolato dalle carte che non celebrano quel posto. Che non lo ricordano come quello giusto. Che continuano a rinnegare un'assonanza in termini, di cifre e di argomenti. Non diverte il ruolo del guastatore, quando deve risvegliare la memoria, quella vera e mai immaginifica; quella che non deve rivolgersi al sognatore ma necessaria al burocrate, all’esperto, all’amministratore più pratico e proiettato al risultato dei fatti. Non diverte fare il bastian contrario, quello che spariglia le carte, quello che indugia sui documenti e non sulle ciarle vuote non di sentimento. Il prodotto della sepoltura di Antonello da Messina deve vincere un rodaggio, quello dei documenti, dei riscontri, delle verifiche tecnico-storiche.

   Da alcuni anni mi ritrovo sul baluardo opposto, insieme a tanti altri che conoscono la materia. Celebrando documenti indigesti, motivando le trovate e gli stratagemmi col peso di certificazioni presenti nella memoria, nelle pietre oserei aggiungere, quelle che sono state testimoni di accadimenti, che possono ritornare a esserlo di nuovo. In fondo, cosa segnalo di così sbagliato? L’archeologo chiede prove e riscontri; io cerco di portarlo sul luogo, quello del misfatto nulla di più e nulla di meno. L’avventura partita fin dal 2006 con la promettente opera, pubblicata sotto il titolo di “Antonello a Messina” affascinava già allora, come affascina ancora oggi, ogni giorno di più. In quel fondo si rispecchia una lodevole posizione sulla verità storica. Il risultato però, verso il quale ci si è indirizzati in prima battuta, non ha avuto soluzione. Da quel punto di partenza, tanti risultati sono saltati fuori: molti dei quali importanti, dove la sua gente ha dimostrato di rispondere prontamente. Da quelle posizioni piano piano, sono emersi toni contrastanti, puntando al recupero di una zona: il fondo che tutti o quasi, sono pronti a scommettere, è quello in cui fu sepolto Antonello da Messina, risulta essere per i più un fatto conosciuto. Il mio studio però, mette al bando quelle certezze, segnalando allo stesso tempo, che le fonti in oggetto al sito di Ritiro, sono troppo limitate e scarne in contenuto, quando si vuole individuare nello scavo, i resti originali del complesso di Santa Maria di Gesù superiore.

   Tante carte recuperate, sono emarginate rispetto alla storia così come c’è stata raccontata. Troppi sono gli elementi non valutati per certificare che quei ruderi, da soli bastano a testimoniare vicende lontanissime. Il mio studio, ha da subito puntato il dito verso una società, quella del XV secolo, e verso le passioni condivise da quella genie i populares che motivarono, le azioni di tanti seguaci degli Osservanti e dello stesso pittore. In quella mischia, si trovano numerosi personaggi radicati sul territorio di Ritiro.     I loro beni in parte recuperati nei registri degli ordini religiosi che hanno gestito il monumento oggetto d'indagine, permettono di leggere i limiti del casale e allo stesso tempo, identificano il sito in cui il primo convento dei Carmelitani è stato costruito. Le scelte mai facili d'indagine, hanno generato un percorso filologico, proveniente dagli atti notarili, necessari per individuare l’organizzazione delle singole proprietà e relativi confini del casale in quel territorio. Dalla raccolta di nuove carte, salta fuori una verità inattaccabile. Queste prove, si riflettono attraverso quei testimoni insediati sul territorio del casale, formatosi attorno alla comunità degli Osservanti. I suoi discepoli e fra essi lo stesso pittore, ci raccontano una realtà che travalica il tempo e tramite questo movimento, giunge a tutte le generazioni che vogliono raccogliere quelle testimonianze. I luoghi frequentati da Antonello da Messina possono svelarsi, vivendoli come quella gente li praticava negli atti più antichi. Le contrade e le balze, le case, i rispettivi terreni, i fondi nascosti alla storia, adesso ritornano prepotentemente a svelarci fatti che si credevano perduti. La relazione che ho prodotto in questo lavoro, parziale in verità, limitata a una parte del materiale scovato in polverosi scaffali, crea il precedente necessario per identificare il sito originario del complesso di Santa Maria di Gesù superiore. Attraverso il contenuto di alcuni atti notarili, ho potuto individuare il perimetro che conteneva l’antico convento del XIII secolo, che accoglierà in tempi diversi, gli ordini religiosi che si sono insediati nel casale di Ritiro.

   La cadenza temporale in rapporto agli ordini conventuali e monastici, che hanno abitato le mura dell’antico complesso religioso, favorisce tutta una serie di valutazioni, fino a questo momento, rimaste fuori dalla storia di questi luoghi. In fondo, il quartiere che oggi si chiama La Giostra, è stato il palcoscenico presso il quale, attraverso una particolare storia, si sono determinati gli avvenimenti principali della storia di Messina nel quattrocento. Quello che oggi è sinonimo di degrado un tempo, era accostato a posizioni contrapposte. Un giardino fresco e vivace in piante e arbusti di vario genere, di varie fragranze e qualità, faceva da cornice a un paesaggio mozzafiato. Una selva strettissima, popolata di cipressi, di noccioli, di vite e frutteti cingevano isolate abitazioni, sulla bassura dei declivi collinari o vicina alle sponde delle fiumane. Tanti corsi d’acqua oltre il principale fiume accarezzavano le pareti della vallata. Il mormorio dei ruscelletti provenienti dai colli, secoli dopo conosciuti come contrade: san Jachiddu, Tremonti, Poggio, San Michele, Scala e Ritiro faranno da sfondo, ai visitatori che frequentarono queste terre, ricordati come i luoghi in cui Antonello è cresciuto, e dove ha espresso la volontà di riposare in pace.

Alessandro Fumia

   SGB ANTONELLO CENSOREDNella storia di questo scavo, s'inseriscono voci contrastanti che a vario titolo e in momenti diversi, hanno espresso perplessità e disappunto. Quello che per alcuni, è senza ombra di dubbio il posto giusto, per tanti altri è il posto sbagliato. Un luogo, quello del casale di Santa Maria di Gesù superiore che gli ultimi documenti fin qui prodotti, non lo riescono a trovare, identificandolo nelle mappe. Le carte che segnalo invece, possono essere strategiche per lo scavo che si vuole intraprendere, dalle quali si possono estrarre numerosi fattori ambientali, descrivendoci fisicamente l’ubicazione originaria del monumento. La singolare storia di questo complesso per troppo tempo è stata ricordata, attraverso le pagine di un solo autore, il gesuita Placido Samperi. Dalla penna di Placido, apprendiamo soltanto minute generiche informazioni sulla contrada di Ritiro. Mantenendo su questa posizione un’attenzione morbosa, ci si è lasciati prendere la mano. Invece come capita molto spesso in una ricostruzione storica, basta distogliere lo sguardo da quelle pagine per scoprire altri fondi e altre verità, puntualmente coinvolgenti e chiarificatrici. Una ricerca orfana di tutto il materiale più antico non può dare, il risultato a cui si spera di giungere. Questo modo di operare ha generato due correnti di pensiero. Il dilettante punta al percorso più facile, quello meno faticoso, che possa dare i risultati immediati. Chi invece conosce la materia, si affida al sentiero di montagna: magari passando dalla strada più tortuosa e più lunga per giungere in ritardo, ma con una conoscenza dei tempi e dei luoghi, altrimenti impossibile da immaginarsi.  

Io e gli amici che abbiamo trattato quest'argomento in diversi appuntamenti, siamo del parere opposto: il luogo del cantiere di scavo, oggetto di indagine archeologica, non crediamo sia quello giusto. Non crediamo alle fanfare di questi ultimi anni e non ci facciamo abbagliare, da rovine che non raccontano da sole, tutta la storia della contrada, men che meno, delle volontà di un pittore; di cui si sono perdute le tracce dopo la sua dipartita da questa terra. Il territorio, invece, può ancora raccontarci questi luoghi. Non importa se siano passati secoli; la dove s'immagina impossibile la memoria, questa è più forte e radicata. Il territorio mi ripeto, possiede nelle sue balze quella memoria che vorremmo raccontare.                          

   Un elemento questo non riscontrato in nessuna delle recenti ricognizioni storico-documentarie rivolte a quello scavo archeologico. Un quartiere quello di Giostra e una strana sepoltura, sotto le insegne di un grande pittore, sembra il titolo di un giallo da colorarsi a tinte fosche, quello che si vuole raccontare da alcuni anni a Messina. Il tempo passato da quel 14 febbraio del 1479, é ancora celebrato come l’inizio di un mistero, quello che ricorda la sepoltura del più grande pittore che Messina abbia mai avuto. Un luogo, quello che ha accolto i resti mortali del famoso artista ancora da scoprire, ricco di sfumature nascoste, di retroscena mai raccontati che merita le pagine delle maggiori riviste e quotidiani specializzati. Un luogo dicevo, avvolto dal più completo mistero, cercato come un ago in un pagliaio, fra le pagine della storia, fra le righe di mille autori che non hanno saputo spiegare, dove mai sia stato riposto il corpo mortale del grande Antonello. Negli ultimi anni, la memoria è riapparsa nelle discussioni di molti testimoni, forte e dirompente come le acque che dal cielo, cercano la terra e nella terra travolgenti, passano velocemente. Nella precipitazione di fatti, valori, documenti e opinioni, la tomba di Antonello si è trasformata in un argomento avvincente, sempre vivo, sempre in voga qui nelle case di Messina. Fra i banchi di scuola, fra la gente in fila ad attendere qualcosa, ad aspettare gli eventi, ricordando di quel morto, che fa discutere da generazioni il suo popolo, nella assolata terra dello stretto. L’entusiasmo provocato da quella fossa che ritorna quotidianamente nei pensieri di tanta gente, spiazza per certi versi gli astanti nelle infinite discussioni: immaginando soluzioni già scontate, già previste nelle ingenue riflessioni. I recenti fatti, le intromissioni col geo radar, vogliono nelle intenzioni tagliare i tempi, accelerando nel tentativo di promuovere l’indagine archeologica. Il luogo scoperto, in quel di Ritiro, é annunciato da possenti fanfare. Gli olé si sprecano, il vanto si tocca con mano quasi fosse cosa viva, quasi fosse materia conosciuta. Sappiamo invece, cosa è accaduto negli ultimi anni sul tema: si conosce la tesi formata da un racconto che non possiede carattere d'indagine storico-documentale. Un luogo quello dello scavo, dei resti di Santa Maria di Gesù il superiore, che ritorna prepotentemente alla ribalta, ogni volta che qualcosa spezza la quiete del posto, l’equilibrio del paesaggio. Intenerisce osservare quanta gente, celebri Messina attraverso un fosso, un deposito di pietre e di sabbie come se ne vedono tanti in giro per questa disgraziata città. Questo posto però a differenza di altri ricettacoli ha assunto per mandato divino, una potenza invincibile, quella della memoria delle glorie cosiddette patrie.

   Dove appare immutabile l’inerzia delle cose messinesi, nel sito della tomba di Antonello tutto è possibile, e nulla rimane immobile. La fantasia per esempio, galvanizza chi la culla: immaginando scoperta quella salma, già si pontifica sul sito, si accumulano le benefiche idee, si gonfia il petto orgogliosi di un simile trofeo. Come fare a svegliare gli ignari? Come scuoterli dal gioco? Rabbiosa la voce che celebra la memoria, infuocata e spasmodica l’attesa a dispetto del risultato, veicolato dalle carte che non celebrano quel posto. Che non lo ricordano come quello giusto. Che continuano a rinnegare un'assonanza in termini, di cifre e di argomenti. Non diverte il ruolo del guastatore, quando deve risvegliare la memoria, quella vera e mai immaginifica; quella che non deve rivolgersi al sognatore ma necessaria al burocrate, all’esperto, all’amministratore più pratico e proiettato al risultato dei fatti. Non diverte fare il bastian contrario, quello che spariglia le carte, quello che indugia sui documenti e non sulle ciarle vuote non di sentimento. Il prodotto della sepoltura di Antonello da Messina deve vincere un rodaggio, quello dei documenti, dei riscontri, delle verifiche tecnico-storiche.

   Da alcuni anni mi ritrovo sul baluardo opposto, insieme a tanti altri che conoscono la materia. Celebrando documenti indigesti, motivando le trovate e gli stratagemmi col peso di certificazioni presenti nella memoria, nelle pietre oserei aggiungere, quelle che sono state testimoni di accadimenti, che possono ritornare a esserlo di nuovo. In fondo, cosa segnalo di così sbagliato? L’archeologo chiede prove e riscontri; io cerco di portarlo sul luogo, quello del misfatto nulla di più e nulla di meno. L’avventura partita fin dal 2006 con la promettente opera, pubblicata sotto il titolo di “Antonello a Messina” affascinava già allora, come affascina ancora oggi, ogni giorno di più. In quel fondo si rispecchia una lodevole posizione sulla verità storica. Il risultato però, verso il quale ci si è indirizzati in prima battuta, non ha avuto soluzione. Da quel punto di partenza, tanti risultati sono saltati fuori: molti dei quali importanti, dove la sua gente ha dimostrato di rispondere prontamente. Da quelle posizioni piano piano, sono emersi toni contrastanti, puntando al recupero di una zona: il fondo che tutti o quasi, sono pronti a scommettere, è quello in cui fu sepolto Antonello da Messina, risulta essere per i più un fatto conosciuto. Il mio studio però, mette al bando quelle certezze, segnalando allo stesso tempo, che le fonti in oggetto al sito di Ritiro, sono troppo limitate e scarne in contenuto, quando si vuole individuare nello scavo, i resti originali del complesso di Santa Maria di Gesù superiore.

   Tante carte recuperate, sono emarginate rispetto alla storia così come c’è stata raccontata. Troppi sono gli elementi non valutati per certificare che quei ruderi, da soli bastano a testimoniare vicende lontanissime. Il mio studio, ha da subito puntato il dito verso una società, quella del XV secolo, e verso le passioni condivise da quella genie i populares che motivarono, le azioni di tanti seguaci degli Osservanti e dello stesso pittore. In quella mischia, si trovano numerosi personaggi radicati sul territorio di Ritiro.     I loro beni in parte recuperati nei registri degli ordini religiosi che hanno gestito il monumento oggetto d'indagine, permettono di leggere i limiti del casale e allo stesso tempo, identificano il sito in cui il primo convento dei Carmelitani è stato costruito. Le scelte mai facili d'indagine, hanno generato un percorso filologico, proveniente dagli atti notarili, necessari per individuare l’organizzazione delle singole proprietà e relativi confini del casale in quel territorio. Dalla raccolta di nuove carte, salta fuori una verità inattaccabile. Queste prove, si riflettono attraverso quei testimoni insediati sul territorio del casale, formatosi attorno alla comunità degli Osservanti. I suoi discepoli e fra essi lo stesso pittore, ci raccontano una realtà che travalica il tempo e tramite questo movimento, giunge a tutte le generazioni che vogliono raccogliere quelle testimonianze. I luoghi frequentati da Antonello da Messina possono svelarsi, vivendoli come quella gente li praticava negli atti più antichi. Le contrade e le balze, le case, i rispettivi terreni, i fondi nascosti alla storia, adesso ritornano prepotentemente a svelarci fatti che si credevano perduti. La relazione che ho prodotto in questo lavoro, parziale in verità, limitata a una parte del materiale scovato in polverosi scaffali, crea il precedente necessario per identificare il sito originario del complesso di Santa Maria di Gesù superiore. Attraverso il contenuto di alcuni atti notarili, ho potuto individuare il perimetro che conteneva l’antico convento del XIII secolo, che accoglierà in tempi diversi, gli ordini religiosi che si sono insediati nel casale di Ritiro.

   La cadenza temporale in rapporto agli ordini conventuali e monastici, che hanno abitato le mura dell’antico complesso religioso, favorisce tutta una serie di valutazioni, fino a questo momento, rimaste fuori dalla storia di questi luoghi. In fondo, il quartiere che oggi si chiama La Giostra, è stato il palcoscenico presso il quale, attraverso una particolare storia, si sono determinati gli avvenimenti principali della storia di Messina nel quattrocento. Quello che oggi è sinonimo di degrado un tempo, era accostato a posizioni contrapposte. Un giardino fresco e vivace in piante e arbusti di vario genere, di varie fragranze e qualità, faceva da cornice a un paesaggio mozzafiato. Una selva strettissima, popolata di cipressi, di noccioli, di vite e frutteti cingevano isolate abitazioni, sulla bassura dei declivi collinari o vicina alle sponde delle fiumane. Tanti corsi d’acqua oltre il principale fiume accarezzavano le pareti della vallata. Il mormorio dei ruscelletti provenienti dai colli, secoli dopo conosciuti come contrade: san Jachiddu, Tremonti, Poggio, San Michele, Scala e Ritiro faranno da sfondo, ai visitatori che frequentarono queste terre, ricordati come i luoghi in cui Antonello è cresciuto, e dove ha espresso la volontà di riposare in pace.

Alessandro Fumia

 SAMrid

 

NUMEROSE ASSOCIAZIONI LE HANNO DATO E DANNO COLLABORAZIONE:.

 

La Redazione

“ I Cavalieri della Stella” , reduci dalla partecipazione al prestigioso Raduno Internazionale dei Cortei Storici di Gravina di Puglia e in numerose località della Sicilia, con la propria luce ricca di successi hanno contribuito a dare splendore alla città di Messina.

Cosi oggi, In una significativa prosecuzio, allo stupendo Corteo del 1989, presieduto dal Prof Vincenzo Pugliatti, in ricordo dell’arrivo nella città Peloritana di Carlo V.

Alla realizzazione davano il loro meritevole apporto di operatività e di idee, l’allora Assessore alla Cultura della Provincia Regionale Pracanica, il Dott.Franz Riccobono, L’Arch. Nino Principato, il Dott. Mario Sarica, che poneva all’attenzione dei presenti un importante video sul “Corteo”. I Cavalieri della Stella “, con proprio Fondatore il Barone Giuseppe Amato, noto araldista e genealogista messinese e Presidente l’entusiasta Carmelo De Leo, davano il via, ad un nutrito programma di eventi, con una Cavalcata storica al centro della città, ammirato dal pubblico cittadino.

Tutte le iniziative ricevevano gli auspici   del Centro Europeo di Studi Universitari- Human Rights of Peace dei CO.B-GE presieduto dal Prof Domenico Venuti , già Prorettore dell’Università della Pace della Svizzera Italiana di Lugano.

Gli interessanti incontri musicali e i concerti e le conferenze avevano luogo presso l’antico Monte di Pietà   (opera voluta dall'Arciconfraternita degli Azzurri su sollecitazione di fra’ Egidio Romano dell’Ordine degli Agostiniani Eremitani). Le Conferenze “Incontri Fiaba e Storia” a cura di Giovanni Lauritano; “La Conferenza Carlo V a Messina nel 1989”,sono risultate seguite da una qualificata presenza di pubblico particolarmente interessato per i riferimenti storici, la spiccata analisi sociologica rievocativa, le profondità concettuali. Riuscivano infatti a sollecitare riflessioni sul glorioso passato della città di Messina e su una sua possibile rinascita futura.

Sicuramente anche L ‘attesa Conferenza “ La Messina dell’Ordine Equestre della Stella” a cura di Alessanda Fumia” si pensa sarà coronata anch’essa da successo.  

Si rivelavano nell’occasione meritevoli di plauso il concerto per Arpe del “Due Gemelle Palazzolo” particolarmente , suggestivo, seguito da danze rinascimentali a cura della Compagnia della Stella, ricche di fascino,; il Concerto della Corale Polifonica “Giovanni Pier Luigi da Palestrina” riusciva a coinvolgere il pubblico, nella delicatezza espressiva delle voci, che toccavano la sensibilità del pubblico. Si prevede sarà particolarmente melodioso l Concerto Rinascimentale “ Fiati e TimpanI. La Mostra con i suoi splendidi costumi d’epoca e con i suoi diversi reperti, riceveva la visita di appassionati e studiosi.

Messinaweb.eu, nel porgere all’iniziativa il suo vivo compiacimento ed ai Dirigenti dei “Cavalieri della Stella, l’augurio di sempre maggiori successi, invita gli operatori culturali messinesi a tenere alto il nome della città di Messina, con iniziative come la suddetta che l’UNESCO considerava nelle Convenzioni Internazionali di Parigi e di Ginevra, quali veri beni culturali immateriali

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