Il Cavaliere del Regno,avvocato Paolo Spadaro,in quell’ottobre piovoso del 1892 ,seduto all’ampia scrivania che severa campeggiava nella stanza del Sindaco,fu distolto dal suo lavoro dalla seguenza di tocchi della grande pendola fissata alla parete di fronte,guardò le carte che aveva consultato,decine,quella mattina,dopo aver ricevuto i soliti due o tre costruttori edili di prima mattina,noiosa consuetudine d’inizio giornata,lui che Commissario Regio al Comune di Messina,aveva trascorso i primi due anni di mandato,inseguendo e costruendo tassello dopo tassello,un sogno di tutta una città e di parte della Provincia,cioè quella della costruzione del Tram che unisse Messina a Giampilieri da un lato,e Barcellona nel versante tirrenico,opera moderna,di civiltà e di avveduto sviluppo,per una città che lentamente,dopo aver perso buona parte della sua potenza economica,da quel 1861 con l’Unità Nazionale imposta dalla Storia e dalla politica internazionale,riavviava in quegli anni ’80 i commerci e le attività industriali e portuali,in gran parte legate all’agricoltura dell’hinterland peloritano e reggino,nell’altra sponda dello Stretto,mentre investitori,anche di altre nazioni,insediavano a Messina nuove attività.
Quella mattina,sotto gli sguardi di un baffutissimo re Umberto I° e di una bellissima e giovane Regina Margherita,si erano firmati i preliminari dei contratti,le concessioni e quant’altro fosse servito per avviare l’inizio della grande opera: Il Tram a vapore Giampilieri - Messina –Barcellona,con il classico brindisi di fine iter burocratico,si erano stappate due bottiglie di ottimo Champagne francese di Gran Marca,e brindato con tutti i dirigenti e funzionari comunali impegnati nella definizione dell’importante pratica,primo fra tutti il responsabile al bilancio comunale,dottor Giovanni Moschella,sempre vicino al Commissario con la sua diligente opera precisa e puntuale. Erano le 12 e 10,e continuava a piovere,i torrenti portavano nuova acqua nello Stretto,attraversando la città da monte al mare,gorgogliando e raspando ghiaie e terricci dalle colline,i cui “Vadduni”riempivano le Fiumare,impietose ed irriverenti dei Casali che incontravano nel loro scendere a valle,Casali che spesso inondavano,sommergendo strade e case,con grave danno per i loro abitanti…
L’avvocato Paolo Spadaro si affacciò con fare svogliato al balcone che dava sul porto,non tanto…però,per non bagnarsi di pioggia,che continuava a scendere,ricamando fitte linee argentate,che davano,quel caratteristico riverbero,che contrastava col grigiore della giornata,scurusa,per le gonfie nuvole basse,grigio scuro,tanto per non cambiare…e lì sull’ampia banchina del porto,fermo per la pioggia e per l’ora di pausa degli operai,e degli scaricatori,scorse sotto una tettoia di tavolati,un gruppo di uomini che si riparavano dalla pioggia e facevano colazione,e riconobbe Domenico,dalla giubba militare piemontese,un po’ sdrucita e sbiadita, ma sempre con la farfalla repubblicana, ed i suoi operai,ed allora,come se la sua mente fosse stato attraversata da un lampo,si ricordò di una vecchia storia,di quando si parlò a Messina,di un progetto,datato 1861,dello Stato Maggiore del Generale Cialdini,allora a capo del Corpo di Spedizione piemontese,che venne a Messina con l’ordine di conquistare la Real Cittadella Borbonica di San Raineri ed il Forte di Sant’Alessio,vicino Giardini. Di questo progetto,ne aveva parlato a lungo con l’ex geniere piemontese Domenico,oggi capomastro,un giorno che capitò nel suo studio di avvocato per una noia legale legata alla sua attività di artigiano edile… “Lo svuotamento dello Stretto di Messina”,si proprio così,avete capito bene,eliminare l’acqua che riempie lo Stretto…
2° capitolo...Una storia questa,a cui l’avvocato Paolo Spadaro,non aveva dato tanta importanza,pensando ad un prodotto di pura follia del suo interlocutore,ad un suo stato stuporoso di esaltazione magniloquente,ad una povera grande millanteria,ma un fascicolo,intestato “Stato Maggiore del Genio del Regio Esercito di Sardegna e Piemonte” “Atti Riservati” datato 10 novembre 1861 a titolo “Studio idrogeologico e sismologico delle terre emerse e sommerse della regione dello Stretto di Messina”, “Dati e risultati degli studi e dei sopralluoghi”,ritrovato in uno scaffale dell’anticamera sindacale,incidentalmente,durante un riordino di carte e documenti,gli aveva fatto ritornare alla mente quell’assurda discussione,col suo interlocutore piemontese,è vero,non si parlava specificatamente del progetto ipotizzato,ma in termini generali ,con un lessico molto criptato,si concludeva,senza menzionare alcun intervento,rilevando, la funzione dello Stretto di Messina quale “cassa di risonanza ed amplificazione dei fenomeni sismici,scaturiti nel diametro di almeno 50 Miglia terrestri,dal centro geografico dello Stretto di Messina,tanto da essere fonte di distruttivi maremoti…”
L’ex geniere Domenico in quegli anni era rimasto a Messina,mettendo a frutto le sue conoscenze del mestiere edile,tirando su una piccola azienda artigianale,di costruzioni e riparazioni,dopo aver fatto famiglia,convivendo “more uxorio”,così si diceva allora,con una bella e giovane nobildonna di Castroreale,che per essersi invaghita di lui ed averne corrisposto la passione amorosa,fu scacciata dalla famiglia e diseredata secondo il diritto nobiliare borbonico,non scritto,che proibiva ad una nobildonna di intrattenere rapporti affettivi e convivenza con un elemento di una classe inferiore,e mai in ogni caso,con un elemento delle classi salariate ed operaie,specie poi se cittadino di altro Stato,e mai in assoluto,se di fede repubblicana.
Ella però visse con lui per tutta la vita a Messina dandogli anche dei figli. L’avvocato Spadaro,ritornando da questi pensieri,chiamò un messo e gli ordinò,prestandogli però il suo ombrello,di raggiungere Domenico al porto,indicandoglielo dalla porta finestra,e di condurlo al suo cospetto nella stanza sindacale. Don Miciu lo chiamò l’usciere, informandolo in maniera concitata,sotto il battere dell’acqua piovana sui tavoloni della tettoia del piccolo cantiere,Domenico annuì,un po’ contrariato per l’appellativo “Miciu” che ogni tanto doveva subire,e gli disse nervosamente che sarebbe venuto con lui,ma gli disse,non chiamarmi più Don Miciu,che mi sembra di gatto,ma chiamami Meneco,e se vuoi signor Domenico,che mi sembra più appropriato,così si aggiustò la giacca,alzadosi il collo alla coreana con le stellette un po’ossidate nel ricamo e si avviò insieme al messo verso il portone monumentale del Municipio,mentre una gioiosa comitiva di giovani francesi,approfittando di una pausa della pioggia,e di un timido sole che squarciava le nubi,usciva dal Grand Hotel Trinacria,proprio accanto al Municipio alla Palazzata.
Passarono quindi per lo scalone a due rampe,con alla base,al centro,in una nicchia, la statua di Messina del Prinzi che mostra il cartiglio del porto franco, Il messo bussò alla porta del Sindaco e ne seguì uno stentoreo “avanti !”del commissario regio Paolo Spadaro,che accolse Domenico con affabilità ed una certa confidenza,per essere stato suo cliente di studio,e per una simpatia reciproca che era nata fra i due,i quali si incontravano nelle passeggiate domenicali sul Corso Garibaldi,o allo Chalet a mare nelle giornate estive,ed anche, certe volte,al Teatro Vittorio Emanuele II,nelle pause degli spettacoli operistici e teatrali,una volta addirittura,l’avvocato Spadaro invitò Domenico al lussuoso ristorante dello stesso Teatro,ove la cravatta repubblicana,quella buona,campeggiava sulla candida camicia di Domenico,sottola giacca di velluto nero rasato,destando un certo scalpore fra commensali ed avventori,tutti di fede monarchica ,in gran parte d’ispirazione savojarda.
Esauriti i convenevoli,l’avvocato Paolo Spadaro,dopo aver informato Domenico dei progressi della questione del Tram,ricevendone i complimenti e le felicitazioni,andò dritto al problema,”Domenico sapete voi,disse,che la Massoneria messinese mi ha fatto il funerale in vita?Pubblicando da un lato la notizia della mia dipartita,sulla Gazzetta di Messina e delle Calabrie,e poi ha organizzato una vera e propria cerimonia funebre,all’interno della Loggia con tanto di cappucci e grembiuli,con un vero catafalco,incenso e torcia capovolta,spenta sul pavimento…con preghiere funebri ed orazione,non proprio benigna nei miei confronti, no,non lo sapevate,ebbene è proprio così,loro,i massoni,mi vogliono intimidire perché sto realizzando il Tram,no non lo sapevo,rispose Domenico,con tutta la sorpresa e l’incredulità che poteva dimostrare in quel momento,anzi disse, la ringrazio infinitamente per codesta confidenza,ma per questo mi avete chiamato?
Proseguì Domenico,no rispose l’avvocato ,vi ho disturbato per quel progetto di cui una volta mi avete parlato,di cui custodisco la relazione preliminare sismologica e idrogeologica dell’area dello Stretto di Messina,cosa veramente interessante,per quello che in essa si rileva e si prevede di catastrofico nello Stretto di Messina e per i suoi centri abitati rivieraschi,compresa la città di Messina,ma io vorrei sapere,proseguì il Commissario,se lo Stato maggiore del Generale Cialdini,ordinò un progetto di massima,sullo svuotamento dello Stretto,se esiste un faldone,un incartamento,qualcosa che lo descrivesse dal punto di vista tecnico,anche in maniera teorica,insomma se c’è nero su bianco di questa questione;dico ciò proseguì il Commissario perché i Massoni mi hanno dato quel sinistro avvertimento,loro mi vedono come fumo negli occhi,poiché con la mia presenza nel Municipio,si sentono relegati ai margini della vita politica messinese,e poi,dopo che ho chiuso positivamente la questione del Tram,sono inviperiti e buttano fiele,ed io proseguì l’avvocato Spadaro,li voglio fare annegare nella loro stessa rabbia mettendo in pratica,se sarà possibile,il progetto dello svuotamento dello Stretto,e poi andrò via… lo svuotamento dello Stretto,caro mio Domenico,come metafora della liberazione di questa città dalle logge segrete e dei potentati parassitari,si…rispose Domenico,vado subito al Regio Colleggio Militare dove nel ’62 riposi negli scantinati due faldoni con gli studi preliminari ed i dati di quell’opera,lì ancora ho dei buoni amici ,e dopo che il Commissario ebbe consegnato a Domenico una richiesta di presa in visione atti,lo salutò affabilmente,Domenico uscì,riponendo nella tasca della giubba il foglio di richiesta del Commissario… Antonio Cattino © 2 ottobre 2012 – tutti i diritti riservati.