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SUL PONTE MONTI E RENZI SUONANO LA STESSA SOLFA

-  di Giovanni ALVARO – Cosimo INFERRERA – Bruno SERGI -

La visita dei Presidenti del Consiglio a Paesi esteri è sempre un’occasione per tentare di far bella figura ben sapendo quale incredibile megafono siano le testate dei media nazionali. E fu così che Monti, quando andò in Cina, si trasformò in ‘piazzista tradito’ perché i cinesi non avevano seguito il suo consiglio di comprare titoli italiani, e non seppe far altro che sentenziare: “avreste fatto un buon affare a comprare i nostri titoli e di certo ci avreste guadagnato”, denunciando la sua indole speculativa lontana dall’economia reale. Renzi invece, in Turchia, ha colto giustamente l’occasione per esaltare il terzo Ponte sul Bosforo ponendo l’accento sul collegamento tra due continenti (“opera di altissimo valore tecnologico per tenere unite Asia ed Europa”) ma, anche lui, con l’occhio rivolto verso le corazzate mediatiche del nostro Paese.

Tutte e due, quindi, dimostrando che il problema Ponte sullo Stretto di Messina non era nelle loro agende. Il primo (il bocconiano Monti), utilizzato per cancellare il corridoio 1 con ‘i compiti a casa’, ha realizzato i voleri della Frau Merkel spaventata che il più famoso dei corridoi europei (quello Berlino-Palermo) potesse creare problemi al sistema portuale della Mitteleuropa, non si pose il problema di verificare se veramente la Cina era interessata al finanziamento dell’opera. Il secondo, per la sua natura un po’ istrionica, si è limitato ad esaltare la realizzazione del terzo Ponte turco, con una frase di circostanza, e ha volutamente ignorato il progetto del Ponte di Messina che sancirebbe ‘l’unità’ dell’Italia e la cui mancata realizzazione costerà all’erario fior di quattrini sotto forma di penali.

Ci si trovasse in una situazione di avvio di superamento della crisi che sta distruggendo il Paese (che solo Renzi non vede perché continua a sparare la bugia di un’Italia ormai avviata a nuove glorie) sarebbe comprensibile una pausa di riflessione, ma dopo anni e anni di segni meno in tutti gli indicatori socio-economici è semplicemente assurdo continuare a ignorare la gallina dalle uova d’oro rappresentata dal corridoio italiano per l’Alta Velocità dei container nell’interscambio Europa-Estremo Oriente. Eppure l’Egitto ha provveduto a raddoppiare il Canale di Suez per far fronte al flusso mercantile nel Mediterraneo, e Spagna e Francia stanno realizzando il famoso sistema ad alta velocità FerrMed che punta proprio sui porti mediterranei dei due Paesi.

Perdere tempo non solo ci costa soldoni in penali per la liquidazione della gara d’appalto regolarmente vinta dalla cordata internazionale guidata dall’Eurolink, ma ci fa arrivare all’appuntamento totalmente nudi e senza alcuna competitività. Non c’è, infatti, da realizzare solo l’alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria, ma superare la convinzione che l’alta velocità serva solo ai passeggeri mentre invece è prioritaria per le merci che sono il fiume d’oro del commercio globale. Ciò comporterà che le gallerie, nel tratto appenninico tra Firenze e Bologna e nei trafori delle Alpi, siano adeguate alle superiori dimensioni dei container.

Se poi si pensa al rilancio dell’industria dell’acciaio in Italia, a partire dalle zone in crisi (Taranto e Terni), si comprende bene che l’attività indotta con la realizzazione del Ponte di Messina non è una speranza ma una indiscutibile certezza col trionfo delle rinnovate teorie di John MaynardKeynes. E questo solo per la costruzione dell’imponente infrastruttura e senza valutare gli indiscutibili vantaggi del dopo a partire dall’imponente sistema logistico integrato che ne deriva. Molta gente, soprattutto quella residente nel Nord del Paese, è convinta che il Ponte serva soltanto per facilitare il pendolarismo tra Reggio e Messina o, tutt’al più, per essere sfruttato come attrattiva turistica. E partendo da queste false convinzioni esprime un sotterraneo rifiuto alla sua costruzione.

Ma non è così, non è solo così. Se così fosse non ci sarebbero stati ‘compiti a casa’, non ci sarebbe stata la imposizione tedesca a cancellare il Corridoio 1, non ci sarebbe stato il prolungamento della crisi economica che continua a dilaniare l’Italia. Purtroppo sulla vecchia ma lungimirante classe dirigenti europea, ha avuto il sopravvento una classe dirigente, a trazione teutonica, che pensa soprattutto, ma sbagliando, agli interessi della propria bottega. Con questa classe dirigente l’Europa, purtroppo, non sarà mai una entità politica vera.

                                  

Ultima modifica il Sabato, 08 Ottobre 2016 11:57
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