Antichissima, praticamente vetusta, popolareggiante e dimenticata, la Torre di Mare, sull'esatto versante opposto a quella di Terra, baluardo di pietra sulle acque di ponente, guardiano delle cose e perfino del tempo. Se la sono proprio scordata. Proprio adesso che di altro non si parla in città, che di gare veliche e turisti attesi come salvatori dei nostri atavici disastri, delle nostre miserie dienticate, dei troppi giorni di un indolente vita trascorsi a guardarci indifferenti, le rughe degli anni che niente e nessuno potrà mai cancellare.
Così, adesso che pare sia arrivato Merlino, aspettiamo. Come novelli profeti di un aleatorio benessere inganniamo l'attesa aggirandoci nell'immenso cantiere metropolitano, ininterrotta sequela di gru, polvere, fossi, reticolati, deviazioni, segnaletiche d'emergenza e imprechi.
Dalla terra ferma perciò, è consigliabile guardare il mare. Almeno lì, oltre le nuove banchine del porto, sembra sia rimasta un po di tranquillità. Verso le isole, tra il sud e l'occidente. E proprio a un passo dalla città, separata da una striscia di sparute acque salmastre, la Colombaia che col foco allumatovi sopra .. . addetare i suoi vicinissimi scogli che da schivare vi avessero, riferisce il Pugnatore.
La immaginavo già sui manifesti (che ci finisca davvero?), come lògo forse scontato ma, sempre e comunque di suggestive e ammalianti forme. Quel castello che galleggia nel mare.
Davvero unico per non accorgersi che c'è.
E nel suo immobile navigare sembra volerci raccontare la sua e la nostra vita che da laggiù ha visto scorrere interminabili. Anche perché dicono che ella sia stata costruita non sol più innanzi dei Cartaginesi ma ancor nell'istesso primo principio di Trapani... vedetta di vasselli nimici che da lontano venissero.
Racconti troppo lunghi per la poca disponibilità ad ascoltare che abbiamo, per il troppo poco tempo che rimane, fra noi e le vele spiegate che aspettiamo con il solito naturale, svogliato senso di ospitalità e distacco. Tipico dei siciliani, della gente di riviera.
Così trascorrono altri giorni, mesi, secoli e millenni. Fin dall'antica Plejade (o Peliade) rammentata da Virgilio, sul cui isolotto pare si librassero i colombi consacrati a Venere. Vi giungevano il 23 di aprile, all' inizio delle Katagoghie, le feste per la bella stagione; se ne andavano il 25 ottobre con le Anagogie, perché soltanto due erano le stagioni. Primavera e autunno dovevano ancora essere inventate.
Nel 480 a. C. però, pare che nascesse veramente. Indica ai Cartaginesi la strada del porto, li avvisa dell'arrivo dei Greci Sicilioti, alleati a Gelone di Siracusa, pronti all'assedio.
Ingrandita sotto Federico III d'Aragona verso il 1300, con muraglioni e un maschio, nasce l'attuale torre ottagona alta trentadue metri; quindi Re Martino nel 1408, Giovanni de Vega alla metà del XVI secolo e il Principe di Ligny (quello dell'omonima torre) intorno a 1670, decidono alcune fra le più rilevanti modifiche susseguitesi nel corso dei secoli.
Ma non è esattamente della sua storia che intendevo parlare. Per chi ne volesse sapere di più potrei semmai rinviare alla lettura de La Colombara di Trapani di Alberto Costantino, contenente notizie complete e dettagliate sull'argomento.
Io avevo inizialmente pensato a questo antichissimo baluardo della città verosimilmente ad essa legato fin dal principio alla stregua di un simbolo- perché, incredibilmente, proprio il mare stesso ora sembra emarginare.
Eppure qualche anno addietro avevano almeno provveduto a illuminarla, la Colombaia, epurandola, tra l'altro, di un'orribile antenna che svettava sul faro, curiosamente, puntualmente riprodotta dalla paesaggistica locale del periodo. Quindi il vuoto delle parole: diverrà ristorante, albergo, museo, molo per imbarcazioni da diporto. Niente di tutto questo, eppure niente di più pregnante, giusto adesso che qui stanno confezionando una specie di epopea legata al mare, paradossale luogo di solitudine per quel caro vestigio che noi trapanesi crediamo eterno.
(foto da internet)