di Cosimo Inferrera -
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Poiché “non è la nostra guerra” (vedi <Gli speciali>) nessuna azione in profondità dovrebbe essere effettuata sulla Libia. Nel contempo è giusto assicurare agli alleati la disponibilità delle basi aeree ed il pieno supporto dei Tornado nella configurazione ecr per la soppressione radar e la ricognizione elettronica. Ma soprattutto dobbiamo offrire il massimo sostegno al Consiglio nazionale transitorio libico attraverso l’invio di nostri istruttori e sistemi d’arma, i più avanzati, per la difesa dei centri di resistenza finora sopravvissuti.
Di fronte al massiccio impegno degli alleati, la prudente posizione italiana può sembrare dettata da egoismo più che da lungimiranza politica. E’ infatti innegabile che sin dall’inizio delle attività belliche abbiamo assistito ad una polluzione di missili e di bombe con la solita regia americana. Solo nella prima notte di attacco il Pentagono ha lanciato sugli obbiettivi tattici in Libia 110 missili Cruise Tomahawk, costati circa 533mila euro l’uno, mentre il conto delle bombe è già a 58,6 milioni di euro. Andando di questo passo il costo complessivo dell'operazione Odyssey Dawn è ancora impossibile da calcolare; e con quali risultati ? I nostri potenti alleati si sono finora distinti per scarso tempismo, imprevidenza, disarmonia operativa ed inefficienza. Ghedaffi ha ripreso gran parte del territorio libico e continua i massacri sulla popolazione inerme; i rivoluzionari rischiano di essere buttati a mare, mentre i morti sono a migliaia; solo attorno a Misurata se necontano 1000 con 3000 feriti.
Una vera e propria Caporetto per i volenterosi, se si confrontano gli obiettivi della risoluzione ONU mirati a proteggere la popolazione civile, il che evidentemente non avviene.Né va sottaciuto come questa mortifera decisione - legittimando l’Odissea di guerra - appaia doppiamente fallimentare alla luce dell’altra Odissea, quella umanitaria innescata dai flussi migratori.
In sostanza diciamo NO alle decisioni molto discutibili delle società opulente, che comportano l’irridente sperpero di risorse a fronte di sofferenze indicibili, dolori disumani e morti.Si aggiunga che per i trascorsi coloniali in Libia all’Italia non è consentito di contare un solo morto nella tragica Odissea bellica. Ma con la guerra in fase di stallo e con un Ghedaffi che tutto vuole tranne che andarsene: cosa fare ?
In medicina quando la malattia appare incurabile si mira a raffreddare i sintomi, circoscrivendone gli effetti patologici. L’unico dato certo è la necessità assoluta di mantenere gli attuali territori con tutti gli sforzi possibili, compresi i bombardamenti mirati su obiettivi specifici, come pare sia deciso in queste ore.
Tuttavia per non tenere acceso un pericoloso conflitto alle porte di casa, l’unica uscita conveniente resta la soluzione diplomatica, oggi più complicata rispetto all’inizio delle ostilità per l’andamento sfavorevole degli eventi, da un lato, e per il soggetto con cui trattare, in preda a crisi paranoide, dall’altro.
Un possibile escamotage in questo senso potrebbe essere quello di attribuire ai territori lo status di Città libera, almeno transitoriamente. In Italia vantiamo uno straordinario modello d’indipendenza con intensa attività internazionale come lo Stato Città di San Marino, prima Repubblica d’Europa fondata nel 301 d. C.. Tutti i principali organismi mondiali gli riconoscono un indiscusso primato sui temi della pace, della libertà e dei diritti universali dell'uomo. I propri ordinamenti giuridici ed istituzionali sono a sostegno della forma di governo più diffusa nel mondo: la democrazia.
Giova a tal fine la presenza stabile del nucleo umanitario di interposizione,allocato al confine Libia/Tunisia, accompagnandolo con Nave Ospedale, bianca e con la Croce Rossa, sulla scia di quelle tanto meritorie impiegate nella seconda guerra mondiale. A bordo attrezzature d’avanguardia, personale sanitario civile e militare con compiti integrati, compresa l’osservazione dei movimenti sulla costa africana. Un secondo nucleo umanitario dovrebbe operare anche al confine Egitto/Libia, mentre nelle acque antistanti la Libia con compiti dissuasivi dovrebbe trovarsi una consistente forza di intervento rapido per la protezione dei nostri uomini. Nel suo complesso questo sarebbe un eccellente modello filantropico da mettere di fronte ai criticoni dell’Italia, i musoni interni ed internazionali.
Però occorre il pensiero lungo dettato dalla cessazione immediata della guerra, per la quale auspicherei che l’Italia si batta, chiamando a raccolta i paesi meno potenti dell’area. Ci vuolela fondazione operativa di una “politica delle alleanze” con i paesi magrebini in particolare, con quelli africani in generale, su tutti i campi delle attività umane.
A tal fine - prescindendo dalle imprevedibili evoluzioni del conflitto oggi in atto in Nord Africa - è utile citare il comunicato stampa del CNEL del 22 giugno 2010 con oggetto: Superare criticità area libero scambio euro-mediterranea.
<Si è svolto questa mattina presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro il convegno “Mediterraneo, zona di libero scambio”. Il Cnel ha deciso di affrontare questo argomento perché il 2010 è l’anno dell’area euro-mediterranea di libero scambio, affrontato non senza criticità. Quest’anno, infatti, doveva essere la data limite fissata dal processo di Barcellona per concludere il capitolo economico e finanziario iniziato con la dichiarazione di Barcellona del 1995. Ma questo processo non esiste più, sostituito dall’Unione per il Mediterraneo, che a sua volta conosce un momento di stasi. Il completamento dell’Area di libero scambio è rinviato di un anno, se non, più probabilmente, di un periodo ancora indefinito. Per questo motivo il Cnel ha ritenuto necessaria una riflessione riguardo al paradosso mediterraneo, in considerazione della crescita considerevole di alcuni paesi terzi dell’area. La considerazione finale, rispetto alle prevedibili conseguenze che avrà l’area di libero scambio sui processi d’integrazione, soprattutto sulla base dei trattati tra Unione europea e stati arabi, è proprio quella di trovare un accordo per favorire la cooperazione tra gli stessi stati arabi e poi con l’Europa. L’accordo di Agadir potrebbe consentire la creazione di un’area di libero scambio estesa all’Europa, ai paesi mediterranei, ma anche ai paesi arabi membri dell’area panaraba. Passo necessario per relazionare il differente spessore dell’animus cooperandi che si manifesta in Europa e nel mondo arabo.>
Questo è il vero unico sostanziale obiettivo che l’Italia dovrebbe prefiggersi in Nord Africa mediante le risorse ricavate da una ottimale riduzione dell’impegno militare in altre aree del mondo.
Cosimo Inferrera nucleo strategico “Non solo Ponte”
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