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Partono i bastimenti per terre assai lontane…

Tutto cominciò verso la fine dell’800. Dopo l’unità d’Italia, i nodi irrisolti dello Stato unitario, vennero subito al pettine. Disoccupazione, sottosviluppo, analfabetismo , provocarono un terribile cortocircuito, e nulla valse a fermare la grande fuga verso gli Stati Uniti, l’ Argentina, il Cile e in tutta l’America del Sud, oltre che in Francia, Svizzera e Germania.

Come non ricordare ancora che anche noi, in Svizzera, nell’immediato dopoguerra, vivevamo in baracche di legno e lamiere e non potevamo portare la famiglia al seguito. In Francia, addirittura, in un duro periodo per la “nazione cugina” all’inizio del secolo, fummo perfino massacrati a decine e decine, per aver sostituito gli operai francesi in sciopero.

Insomma, i nostri emigranti si adattarono persino a fare i crumiri, evocando immagini di gente miseramente vestita che, accanto a brutte valigie di “spago e cartone” attendono rassegnati immensi navi.

Le partenze di migliaia e migliaia di persone avvenivano da Napoli e da Genova. Alcune società di navigazione imbastirono, su quella massa di poveri, terribili e ignobili speculazioni. Una inchiesta parlamentare stabilì che le navi partivano stracariche. Se potevano portare mille passeggeri, ne caricavano duemila o tremila. Si parlò di “tonnellate umane”.

Di gente, cioè, caricata a peso e non a numero. Gli emigranti venivano cacciati giù nelle stive e nei sottoponti, ammucchiati come animali sui letti a castello e senza poter uscire all’aria, neanche in caso di tempesta. Le società armatrici imbarcavano su quei vapori anche buoi, pecore e capre che

venivano macellati sui ponti e in viaggio per sfamare quella massa di disperati.

Occorrevano più di trenta giorni per arrivare sotto la Statua della Libertà, sull’isolotto di Ellis Island dove gli emigranti venivano sbarcati per i controlli medici e dei documenti.

Nel grande dormitorio di Ellis Island, gli italiani, come tutti gli altri, rimanevano in quarantena. Chi veniva trovato non in buone condizioni di salute doveva tornare indietro. Ed era un dramma sconvolgente per chi, in Italia, era stato costretto a vendere quel poco che aveva per racimolare i soldi del viaggio. Proprio come oggi, come in questi giorni e come nei mesi scorsi, per i poveracci approdati da noi in cerca di lavoro e di fortuna.

Anche durante la grande emigrazione italiana ci furono terrificanti tragedie del mare.

Non sarà facile dimenticare che anche noi siamo stati romeni, albanesi, neri, rom ed extracomunitari.

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