- di Marco Giuffrida -
Non c’ero mai stato.
I miei Genitori, forse, non avevano avvertito la necessità di andarci.
Probabilmente, il “peso” degli anni appena trascorsi, aveva fatto preferire loro di evitare di frequentare luoghi che “parlassero” di Morte.
Forse, lo stesso stato in cui, il Cimitero, si trovava, nell’immediato dopoguerra, non ne consigliava la visita.
Inoltre, lì a Messina, in quegli anni, non avevamo familiari defunti da visitare, da commemorare, da piangere.
In vecchiaia, in uno dei miei rari “ritorni” ho voluto visitare il Cimitero della mia Città.
Consideravo questa non conoscenza come un tassello mancante nella ricerca delle mie Radici e della mia “provenienza”.
Questo, aldilà, di chi oggi, mio Familiare, vi è sepolto.
Inoltre, avevo già avvertito il bisogno di “avvicinarmi” e conoscere quei miei Concittadini defunti, più o meno famosi, per quella strana comunione che c’è e si crea fra Morti e vivi.
Grazie al Tram, lo scorso maggio 2009, da Piazza Cairoli, in una decina di minuti, mia moglie ed io, siamo già in prossimità del Cimitero. Pochi passi lungo il viale a fronte dell’ingresso ed eccolo!
Austero e splendido con le sue ampie e possenti mura.
Se ne affronta il cancello principale con la sensazione di entrare in un enorme Giardino.
I primi Monumenti, le prime ed importanti tombe di Famiglia e le molte croci avvertono che si è in un luogo di “Rimembranza e Meditazione”.
Affrontando la salita di uno dei viali laterali, ci si mette, subito, lontani dal frenetico e fastidioso rumore della Città.
Ci si immerge, a questo punto, nella lettura di Nomi che sai o scopri importanti e ti accorgi di essere di fronte ad uno strano libro, dove riesci, letteralmente, a leggere pagine di Storia e far scorrere, Tomba dietro Tomba, Monumento dietro Monumento, anche la Vita della Città.
Incredibili ed improvvise visioni che fanno viaggiare, indietro, nel Tempo.
Il ricordo del Funesto Terremoto incombe, tragico e silenzioso, ferendo nella distinzione fra ricchi e poveri.
Di ognuno o, addirittura, di famiglie intere il tragico e mesto ricordo.
Le dediche strazianti pesano come macigni, quelle tenere ed affettuose commuovono. Sgomentano quelle lapidi fredde, forzatamente prive di segni o di nomi.
Poi le Guerre, con i suoi Generali, gli Ufficiali, i Soldati.
Genitori, fieri del coraggio dei Figli morti in Armi, ne raccontano la Storia della breve vita facendola scrivere, incisa, sul freddo del marmo.
Mogli che, commosse, piangenti, ricordano i Mariti.
Figli che ricordano i Padri, forse neppure conosciuti.
Intrecci di vite vissute e perse in un solo istante per un fucile nemico, una nave affondata, un aereo abbattuto, una mina.
Poi, dell’ultima Guerra, le vittime dei bombardamenti sulla Città: un numero incalcolabile di loculi allineati, modesti, silenziosi, capaci di esprimere, però, la grande dimensione della tragedia.
Ed ancora Tombe di Famiglia, come piccole case, più o meno grandi e lussuose.
Scalinate ti portano verso l’alto.
Di terrazza in terrazza arrivi alto fino a vedere, rassicurante, il Mare e si riesce a dominare una parte del Cimitero.
La Città, col suo Porto, la intravedi fra le fronde degli alberi ed il crinale del Colle.
Avevo, fedele, la macchina fotografica ma, inizialmente, ho evitato di riprendere qualche scorcio o qualche particolare storico ed interessante per una forma di strano pudore. Bloccato, forse, dal profondo silenzio del luogo, rotto appena e di tanto in tanto, dal frusciare del vento.
Spazi da “meditare”, viali, senza anima viva oltre noi. Viali da percorrere lentamente, in silenzio, volgendo lo sguardo attento ed interessato alle file interminabile di Memorie e lacrime poste ai lati.
Superati i momenti di emozione e commozione, a un tratto, ho sentito crescermi dentro un sentimento di rabbia, di repulsione, fino alla ribellione.
Un senso di malessere crescente al mio “realizzare” lo stato di trascuratezza e di abbandono di questo Luogo che consideravo e considero Sacro. Dando a questo termine, “Sacro”, un significato prettamente “Civile”.
Sacro come qualsiasi luogo che “racconti” di Donne, di Uomini e Fanciulli, di Umanità e di Patria.
Scuoto di dosso quel senso di pudore, che fino a quel momento mi aveva accompagnato e bloccato. Comincio a scattare alcune foto. Non molte, perché nulla, in particolare, volevo documentare. Desideravo, solo, ricordare ciò che mai avrei ritenuto possibile vedere.
La trascuratezza e l’oblio sono in ogni angolo, in ogni viale, in ogni tomba. Peggio, forse, di ciò che i messinesi devono avere visto qui il giorno dopo il Terremoto o alla fine della guerra.
In ogni luogo solo, ferri arrugginiti, portali parzialmente divelti, targhe pendenti e mal fissate, muri corrosi, scrostati. Molte sono le Tombe di famiglia con i vetri rotti o danneggiati. E dove i vetri sono integri, ragnatele e sporco annebbiano la vista degli interni.
Salendo le scalinate si fa fatica a vedere i gradini perché nascosti dalle erbacce. Ed i gradoni, che accolgono tombe più modeste, sono assolutamente impraticabili perché sconnessi ed anche loro sono infestati da una vegetazione selvaggia.
Ho chiesto spiegazioni e mi è stato detto che, il Personale incaricato del buon mantenimento del Cimitero, non è retribuito da mesi e, per questo, è in sciopero. Ma è assolutamente evidente che, questa, è trascuratezza di anni e non di mesi.
Certo, ed è possibile, che lo stato di abbandono, possa dipendere dalla mancanza di parenti, di eredi, di “successori”.
Generazioni perdute e non solo! Forse, anche, l’emigrazione verso l’Estero e verso il Nord. Sicuramente, anche questo, ha avuto ed ha il suo peso ma, in qualche modo, credo, si sarebbe dovuto provvedere.
Sembra che “il Ricordo”, a Messina, non appartenga più ad alcuno o, quantomeno, appartenga a pochi soltanto.
Mi auguro che, presto, “chi può”, provando vergogna, si dia da fare per provvedere a mettere ordine e ridare dignità a questo Luogo Sacro, storicamente, affettivamente e “monumentalmente” importante e che, oggi, versa in uno stato di deplorevole ed assoluto abbandono.
Ho trovato, in mezzo a tanto sfasciume, una nota di utile e stridente modernità in questo ambiente austero ma reso caotico dall’incuria: il distributore, a gettone, di recipienti per prelevare l’acqua dalle fontanelle e poter riempire i vasi di fiori sulle tombe. Si, proprio come per i carrelli dei supermercati!
Il vento di Messina ci ha seguito ed accompagnato lungo tutto il nostro vagare. Poi, solo noi e soltanto noi, anime vive e sgomente, e pochissimi altri che, ad un certo punto, abbiamo incontrato. Tanto pochi da potersi contare sulle dita di una mano.
Solamente un Uomo, l’abbiamo osservato da lontano, dopo avere fatto mille sforzi, per superare il muro di erbe, arrampicato su una scaletta arrugginita, cercava di mettere ordine alla tomba di qualche suo Caro.
Siamo usciti da una porta laterale appagati, certo, dalla vista di qualcosa di veramente unico ed interessante, ma delusi ed amareggiati per tanta trascuratezza e tanto abbandono.
Si dice che, il Cimitero Monumentale di Messina, per bellezza ed importanza, sia il secondo d’Italia. Non stento a credere che sia vero. E’ davvero qualcosa di veramente unico, certo, per costruzione, posizione e per la capacità di coinvolgere raccontando le mille e mille Storie che lì sono raccolte.
Si, c’è tutta la Storia della Città, fra l’altro, ben raccordata a quella della Sicilia e dell’Italia intera. Basta volerla leggere. Basta volerla capire.
Spero di tornare a Messina.
Certamente vorrò rivedere il Cimitero e, spero, di riscoprirlo veramente “Giardino”.
Anche questa volta avrò da fermarmi davanti alla tomba di due miei zii dove posare un fiore. Ma, questo, ha poca importanza.
Spero di tornare, e tornerò, si, ci spero, perché lì, in quel Luogo, vi sono, soprattutto, i “miei” Concittadini che hanno Vissuto” la mia Città e, in questa “mia e nostra” Terra, hanno avuto la fortuna di restare.
Per sempre.