- di Marcello Crinò -
Sabato 14 aprile 2018 al Teatro Mandanici è stata di scena la grande opera lirica, con l’opera buffa Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini su libretto di Cesare Sterbini, tratto dalla commedia scritta nel 1775 da Beaumarchais. La prima rappresentazione avvenne al Teatro Argentina di Roma nel 1816. La versione presentata al Mandanici si è avvalsa della regia di Pierluigi Cassano con Stefano Giaroli maestro concertatore e direttore, sul palco il Coro dell’Opera di Parma e l’Orchestra sinfonica delle Terre Verdiane. Voci soliste il baritono Marzio Giossi (Figaro), la soprano Paola Cigna (Rosina), il tenore Alejandro Escobar (il conte D’Almaviva), il basso comico Giacomo Almagià (Bartolo), il basso Luca Gallo (Basilio), il baritono Lucas Moreira Cardoso (Fiorello), la soprano Silvia Fontanili (Berta). Completano il cast tecnico Carlo Guidetti ed Eugenio Orlandi alle scene, Arte Tecnica di Reggio Emilia ai costumi, l’organizzazione firmata Mutina Eventi – Fantasia in RE, la produzione di Carlo Guidetti, il coordinamento artistico di Carlotta Arata, il coordinamento musicale di Antonio Braidi, Marco Ogliosi alle luci, Gabriele Sassi capo squadra tecnica.
I barcellonesi hanno mostrato da sempre una grande passione per la lirica, ma rimanendone privi per quasi mezzo secolo, nel periodo in cui il Teatro Mandanici era in ricostruzione e le altre strutture cittadine raramente riuscivano a proporre la lirica, se non per poche esecuzioni di brani tratti da opere, o qualche opera intera all’Arena Montecroci (ricordiamo, per esempio, la messinscena della Carmen parecchi anni fa).
L’inizio dell’opera ha visto circa dieci minuti di introduzione musicale e durante l’esecuzione alcune arie famose, come la celebre La calunnia è un venticello…. Sul palcoscenico del Mandanici abbiamo visto una “casa in confusione”, in perpetuo movimento, con cambi a vista degli elementi scenici, e sullo sfondo la scenografia della piazza di Siviglia con archi moreschi in prospettiva.
Ironia e senso del grottesco che ben si addicono ad un’opera buffa che ha entusiasmato gli spettatori, circa ottocento, molti provenienti da fuori città, lasciando liberi solo i due settori laterali estremi, dove la visione non è ottimale.
Le peculiarità di questa messinscena sono state spiegate in un’intervista dal regista Pierluigi Cassano: “Una delle caratteristiche più interessanti di questo capolavoro è infatti la molteplicità dei livelli di lettura. C’è il gusto del divertimento puro e semplice fatto di battibecchi e tafferugli, ma anche il gioco più sottile degli equivoci e degli inganni. C’è la messa alla berlina di vizi universali come l’avarizia o la calunnia, ma anche elementi di satira sociale più moderni: Figaro, il popolano astuto, l’uomo ‘self-made’, è figlio della maschera di Arlecchino e però, ribellandosi nelle ‘Nozze’ al suo signore, sarà pure padre di quei giacobini che solo una decina d’anni dopo prenderanno la Bastiglia. E c’è il fatto che Il barbiere di Siviglia sia l’opera buffa per eccellenza, ma anche una parodia del genere medesimo, con gli interpreti che spesso si rivolgono direttamente al pubblico commentando in maniera metateatrale ciò che stanno facendo o cantando. Ci sono, soprattutto, quei pezzi d’assieme, che tanto piacevano a Stendhal e che a noi ricordano Pirandello o Beckett, in cui i personaggi sono travolti dalla catena degli eventi e perdono completamente il senno. Sicché, quando arriva l’immancabile lieto fine, permane, su tutta la vicenda, la sensazione agrodolce che, in fondo, l’eterno problema dell’incomunicabilità fra gli esseri umani resti insuperato e insuperabile.”
Prima dello spettacolo ha preso la parola il Direttore artistico del Teatro Mandanici, Sergio Maifredi, tracciando un bilancio in attesa dell’ultimo spettacolo della stagione, Il canto di Nessuno, in programma il 5 maggio. Maifredi ha parlato di settemilacinquecento spettatori per l’intera stagione teatrale, con una media di ottocento spettatori per sera, in un teatro di mille posti. Un teatro che sta proponendo tutti i generi, dal balletto alle operette, all’opera, alla musica. E la lirica, ha affermato, non è facile nei teatri di prosa, ma questo è l’inizio di una nuova strada che il Mandanici dovrà percorrere.