- di Marcello Crinò -
Il compositore Placido Mandanici nacque a Barcellona Pozzo di Gotto in via Cumà, poi via Mandanici, il 3 luglio 1799. Il padre si chiamava Andrea, la madre Nunziata Chillemi. Fu battezzato nell’antico Duomo di San Sebastiano (demolito nel 1936) da don Carmelo Calderone e il padrino fu Matteo Perrone.
In quel periodo a Barcellona era stato da poco completato il nuovo monastero dei Basiliani (1769-1775), su un progetto ispirato dall’architetto Giovan Battista Vaccarini; nasceva il Monte di Pietà, su disposizione testamentaria di Giovanni Spagnolo (1793) e accanto ad esso sarà costruito il Teatro Comunale (1845), poi intitolato a Mandanici.
Probabilmente il nostro musicista acquisì la capacità di suonare esercitandosi sull’organo del Duomo di S. Sebastiano, dove era arciprete lo zio materno, don Placido Chillemi. Grazie a lui, e al barone Michele Nicolaci, un appassionato di musica che suonava il violoncello, cominciò ad accostarsi alla musica, e fu così mandato a studiare al Regio Collegio musicale del Buon Pastore di Palermo, oggi Conservatorio Bellini, dove studiò violoncello dal 1815 al 1820. Questo istituto era considerato un covo della Carboneria, e probabilmente contribuì a formare i suoi ideali di libertà e indipendenza.
Nel 1820, quando a Palermo scoppia la rivoluzione, Mandanici, già diplomato, si trasferisce a Reggio Calabria, dove inizierà a suonare come contrabbassista nell’orchestra del teatro cittadino.
Nel 1824 Mandanici raggiunge Napoli, che allora non era solo la capitale del regno borbonico, ma la capitale europea della musica, dove, dopo aver studiato pianoforte, si perfezionò in composizione e in contrappunto sotto la guida di Pietro Raimondi, di cui è considerato il maggiore e degno continuatore. Divenne quindi noto come compositore della musica dei balli, anche per conto del re delle due Sicilie, e come operista. Rimarrà a Napoli per dieci anni, fino a quando non raggiungerà Milano. A Napoli esordì nel 1825 col ballo Le Amadriadi, mentre per il teatro compose L’isola disabitata, da un dramma di Metastasio, e il melodramma Argene, seguito dall’altro melodramma La moglie di mio marito e il marito di mia moglie.
Alla fine del 1834 Mandanici lascia Napoli e si trasferisce a Milano, dove apre una scuola di canto e di composizione. In quel periodo produce il dramma giocoso La fedeltà alla prova o Gli amanti Alla prova, e Il segreto, su libretto di Felice Romani. Questi era lo stesso librettista di Vincenzo Bellini, per il quale scrisse Il pirata, un’opera abbastanza nota, ambientata nella spiaggia di Caldora, sulla costa messinese…
E siamo al 1837, quando alla Scala di Milano Mandanici mette in scena il melodramma Il rapimento e il ballo eroico Romanoff, ottenendo notevole successo. Ma il trionfo di Mandanici arrivò nel 1841 con l’opera buffa Il buontempone di Porta Ticinese, che a seguito dell’ottimo riscontro di pubblico, fu replicata per sette sere.
La sua fede per la causa risorgimentale lo portò a comporre la musica per un Canto di vittoria per le cinque giornate di Milano nel marzo 1848, e per questo motivo, col ritorno degli Austriaci a Milano, sarà costretto a riparare in un’altra città.
Dal 1848 sarà quindi a Genova, dove morirà prematuramente, colpito dal diabete, il 6 giugno 1852 e dove sarà seppellito nel cimitero monumentale di Staglieno. Fu assistito fino all’ultimo, oltre che dalla moglie Carolina Duchot, dal suo amico Michele Bertolami, originario di Novara di Sicilia, poeta e politico promotore dei moti siciliani del 1848, costretto a fuggire dalla Sicilia dopo il ritorno dei Borboni. Questi fu l’autore dell’epigrafe posta sulla tomba del musicista:
“Placido Mandanici nato in Sicilia il dì 3 luglio 1799
mancò in Genova il 16 giugno 1852
di note eloquenti vestì la mimica
nel melodramma ebbe limpida vena
portò nella casa del Signore alte inspirazioni
lo distinse vastità di dottrina
passione generosa dell’arte
rara perizia nell’ammaestrarne i discepoli
diritto di cuore, semplice di modi
ammonì rude talvolta, non adulò giammai
spirò benedicendo
santo di soffrire e di fede.”
Mandanici si trovò ad operare tra i giganti della musica del primo Ottocento: Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, Morlacchi, Mercadante, Ponchielli, Paganini, e con alcuni di questi ebbe ottimi rapporti d’amicizia. Questa contemporaneità con i grandi contribuirà senz’altro a non farlo emergere più di tanto. In epoca recente, nonostante l’impegno di tanti, la sua musica non è ancora conosciuta, se non in una ristretta cerchia di cultori. E’ rimasto un musicista minore, la cui opera, come scrive la Garzantina della musica, si muove “nel solco dell’opera napoletana”.
Nell’ultimo periodo della sua vita Mandanici compose la Messa di requiem, col desiderio che fosse eseguita al suo funerale. Non fu possibile eseguirla subito, ma il successivo 30 giugno.
La Messa di requiem è stata riproposta, in prima esecuzione moderna, nella nostra città nel corso del bicentenario della nascita, il 19 dicembre 1999, e in quell’occasione fu inciso il CD, che rappresenta l’unica incisione discografica del nostro musicista. L’esecuzione, nel Duomo di S. Maria Assunta, è stata realizzata dall'orchestra e dal coro dei conservatori di Genova e Messina, con la direzione d'orchestra del maestro Giuseppe Ratti, e Gianfranco Nicoletti e Nunzio Schilirò direttori del coro. Le voci soliste erano il soprano Rossella Bevacqua, il contralto Caterina D'Angelo, il tenore Antonio Bevacqua, il basso Bruno Pestarino. Il CD contiene un fascicolo con un testo critico di Alba Crea, dove l’illustre studiosa si sofferma sulla musica sacra di Placido Mandanici. Sarebbe utile rimettere in circolazione questo CD.
Sempre in occasione del bicentenario mandaniciano, ancora nel duomo di S. Maria Assunta, è stata eseguita, l’8 dicembre 1999, la Messa in Sol, scritta nel 1842 e dedicata a Gaetano Donizetti, il grande musicista cui Mandanici era legato da ottima e fraterna amicizia. Il merito di questa esecuzione è andato al maestro Giovanni Mirabile, che si è tanto adoperato per riscoprire la musica di Mandanici.
Il giorno della riapertura ufficiale del nuovo Teatro Mandanici, il 6 dicembre 2014, nello spettacolo d’apertura, “ConcertOpera”, prodotto dal Teatro di Messina, è stata eseguita la Sinfonia da Il Buontempone di Porta Ticinese, considerata l’opera più importante di Mandanici, andata in scena per la prima volta alla Scala di Milano il 16 giugno 1841 e per il successo ottenuto replicata per sette sere. Si tratta di un melodramma buffo in tre parti, su libretto di Calisto Bassi, dedicato alla contessa Giulia Samoyloff nata Pahlen. (Per la trama del melodramma e i giudizi critici dell’epoca cfr. il testo fondamentale di Gioacchino Grasso, Placido Mandanici, Ila Palma, Palermo, 1991, alle pp. 77-84).
Il plauso dei presenti è stato unanime per l’alta qualità artistica di questa sinfonia mai ascoltata in epoca moderna in versione orchestrale. Il merito va anche all’Associazione Diaphonia di Barcellona, che in meno di una settimana ha effettuato la trascrizione, revisione e messa in partitura della sinfonia. Di questa esecuzione esiste il video pubblicato su Youtube, realizzato da Gaetano Mercadante, che così va ad aggiungersi alla scarnissima discografia mandaniciana. L’esecuzione è stata affidata all’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, diretta da Gian Rosario Presutti.
Nel corso degli ultimi anni parecchie associazioni e musicisti si sono interessati per riscoprire e valorizzare il nostro musicista. Negli anni Sessanta fu anche istituito un Comitato Mandaniciano, che raccolse parecchi spartiti sparsi in Italia e all’estero, tutti oggi custoditi presso la Biblioteca Comunale.
Alcuni di questi spartiti sono stati utilizzati nel 2015 nel corso di un evento organizzato dalla Genius Loci, con brani eseguiti dal pianista Federico Lanzellotti e dal soprano Tiziana Filiti. Tra i componenti del Comitato Mandaniciano voglio ricordare due persone: Eugenio Aimi ed Enzo Manteria. Il primo, tuttora vivente, che mi ha fornito qualche anno fa del materiale. E’ stato lui, allora giovanissimo, a recuperare a Milano i primi spartiti di Mandanici. Enzo Manteria, segretario del Comitato, è scomparso nel 2007 a La Spezia, ma che varie volte è tornato nella sua città di adozione.
Mandanici è stato anche oggetto di un annullo filatelico e di un testo teatrale, Lamento per Placido Mandanici, curato dal Movimento per la Divulgazione Culturale dell’artista Giuseppe Messina, messo in scena all’Arena Montecroci nel 1999. Anche la Pro Loco Manganaro e la Corda Fratres in varie occasioni si sono interessate al musicista con conferenze ed esecuzioni di brani musicali.
Un brano di Mandanici, il Capriccio concertante, per quartetto d’archi, è ormai entrato nel repertorio di varie formazioni musicali, ma non è stato mai inciso. A Mandanici inoltre è intitolato un premio musicale nazionale che si svolge ogni anno nella nostra città, organizzato dall’associazione Placido Mandanici, nelle persone del violinista Antero Arena e della pianista Maria Assunta Munafò.
La morte di Mandanici fu riportata dalle riviste musicali dell’epoca, italiane e straniere e il suo nome inserito in vari dizionari musicali. Il primo biografo fu Gioacchino Bartolone (Barcellona Pozzo di Gotto, 2 settembre 1882 - Messina, 16 novembre 1968). Medico di professione, era un valente giornalista e personalità di spicco nel secondo dopoguerra in provincia di Messina; nel 1944 fece parte della sezione locale del Comitato di Liberazione Nazionale, presieduto dal prof. Alberto Cutropia. La biografia curata dal Bartolone fu pubblicata a Catania nel 1915 con il titolo Di Placido Mandanici. Musicista barcellonese.
Bartolone era figlio di Carmelo ed Emanuela Rossitto, probabilmente discendente dello storico Filippo Rossitto. Bartolone si sposò con Dora Terlizzi, cantante o attrice napoletana, figlia di Pasquale Terlizzi e di Violetta Vicoli. Dora era nipote materna del maestro concertatore Vicoli, che operava nel Teatro San Carlo di Napoli, amico di Giuseppe Verdi.
Queste informazioni, apprese recentemente assieme all’amico Gaetano Mercadante, grazie alla collaborazione di Loris, figlio di Gioacchino, oggi novantunenne, e della discendente Adalgisa Scibilia, delineano meglio il contesto socio-culturale in cui operò il nostro biografo. Il quale fu anche insignito del titolo di Cavaliere della Corona d’Italia, che restituì dopo il referendum Repubblica/Monarchia perché lo riteneva incompatibile con la nuova situazione politica. Negli ultimi anni della sua vita visse a Milazzo, dove per primo aveva portato la tecnica dei raggi X. La sua casa, sulla Marina Garibaldi, era meta di attori e cantanti, che lui ospitava prima della loro esibizione al Teatro Trifiletti. Ebbe quattro figli: Filippo, Carmelo, Sergio e Loris, prima citato.
Filippo fu un personaggio molto noto negli ambienti culturali, perché docente di filosofia all’Università di Messina e autore di numerosissime pubblicazioni. Fu grande amico del prof. Francesco Mercadante, dell’Università della Sapienza di Roma. Le famiglie barcellonesi Scibilia, Rossitto, Zumbo e Filiti sono riconducibili ai Bartolone, a partire dai genitori di Gioacchino: Carmelo ed Emanuela Rossitto.
Nel 1962, nel corso delle manifestazioni organizzate dal Comitato Mandaniciano per i centodieci anni della morte del musicista, Gioacchino Bartolone tenne una conferenza nell’Oratorio Salesiano di Barcellona su Mandanici uomo e musicista.
Dopo Bartolone si sono occupati in maniera specifica di Mandanici il musicologo Gioacchino Grasso (Barcellona P.G., 1927 – Gorizia, 2018), autore del volume Placido Mandanici, pubblicato nel 1991 da Ila-Palma, comprendente il carteggio e il catalogo completo delle opere, e Claudio Paradiso, autore della voce Mandanici nell’enciclopedia Treccani.it (on-line).
Da ricordare anche il ruolo svolto del professore Alberto Torre per la ricerca e la raccolta di documenti su Mandanici oggi custoditi nella Biblioteca Comunale. E vanno anche ricordati lo storico Nello Cassata, il giornalista e musicologo Edoardo Bavastrelli e il giornalista Melo Freni per l’intensa attività volta a pubblicizzare le iniziative su Mandanici.
Per conoscere invece la storia del Teatro intitolato al musicista, è fondamentale il libro di Salvina Miano Il teatro Mandanici e i teatri minori di Barcellona Pozzo di Gotto, pubblicato dall’Ismez nel 2011.
Nel 1954 la Regione Siciliana finanziò la realizzazione di un’erma bronzea con l’effige di Mandanici. L’opera fu eseguita dallo scultore palermitano De Lisi, che la inviò al Comune dove rimase misteriosamente in deposito nel seminterrato del Municipio per qualche tempo, finchè non fu rintracciata da Nello Cassata. Fu collocata in piazza San Sebastiano, proprio di fronte il prospetto del Teatro. Dopo l’incendio, avvenuto nel 1967, l’erma fu spostata in piazza Duomo e quando la piazza fu ristrutturata fu ricollocata, assieme all’erma di Rossitto e al busto di Cattafi, su una base diversa da quella originaria, snaturandone così il senso originario di erma.
Per quanto riguarda la famiglia di Placido Mandanici e i suoi discendenti abbiamo scarse notizie, ricavate in prevalenza dalla fonte bibliografica e da una ricerca archivistica portata avanti qualche anno or sono dall’amico Simone Cardullo, ex Ufficiale della Marina Mercantile.
Mandanici, sposato con Carolina Duchot (della quale non abbiamo alcuna notizia), ebbe due figli: Giovannina e Paolo, citati dal musicista in una lettera alla moglie del 1845 (Gioacchino Grasso, Placido Mandanici, Ila Palma, 1991, p. 146). A proposito di lettere, da una di esse apprendiamo pure che Mandanici si recò una prima volta a Genova già nel 1845. Sarebbe interessante capire meglio questo aspetto, poco indagato dai biografi.
La figlia Giovannina, nata a Napoli nel 1833, si sposò nella stessa città nel 1861 con Francesco Carlo Barresi, fratello del violinista Giuseppe (nato a Barcellona nel 1837 e morto a Napoli nel 1861). I due Barresi erano figli del dottor Rosario Barresi, sposatosi a Barcellona con la baronessa Margherita Lo Miglio (Salvina Miano, Il Teatro Mandanici e i teatri minori di Barcellona Pozzo di Gotto…, Ismez, 2011, p. 3, nota 10).
Uno dei figli di Giovannina e Francesco Carlo, il Cavaliere Colonnello Giuseppe Barresi-Mandanici, nel 1930 donò al Comune di Barcellona l’unica foto esistente di Mandanici, con la seguente dedica: “Al Municipio di Barcellona quest’effigie di mio nonno materno Maestro Placido Mandanici, devotamente offro. Colonnello Barresi-Mandanici”. Il Podestà, che il quel periodo era l’ingegnere Antonino Duci (cfr. il sito web del Comune, dove risulta Commissario Prefettizio), gli rispose con una lettera, datata 20 novembre 1930, indirizzata “città”, e da ciò si desume che il colonnello risiedeva, almeno in quel momento, a Barcellona, ringraziandolo e disponendo che il ritratto fosse appeso ad una parete all’interno del Teatro (Salvina Miano, Il Teatro Mandanici e i teatri minori di Barcellona Pozzo di Gotto, Ismez, 2011, p. 57).
Una copia della foto è stata recentemente collocata nel foyer del nuovo Teatro. Anche la copia ritrovata recentemente della biografia mandaniciana del Bartolone (pure questa collocata in un pannello nel foyer del Teatro Mandanici) riporta una dedica del colonnello Barresi- Mandanici, e in questo caso rivolta “All’amico Ciccio Nicolaci”.
Il colonnello Barresi inoltre scrisse un’annotazione su una copia della storia di Barcellona del Di Benedetto, per precisare che il suo avo non nacque ad Acquaficara, e i genitori non erano contadini (come scrisse il Di Benedetto, poi ripreso da altri), ma nacque in via Cumà, poi via Mandanici.
Il libretto di Argene, il secondo melodramma di Mandanici, in scena a Napoli nel 1832, fu scritto da un certo Rosario Barresi, che successivamente non risulta abbia prodotto altro (Gioacchino Grasso, Placido Mandanici, Ila Palma, 1991, p. 65). Il violinista Giuseppe Barresi, abbastanza noto ai suoi tempi (vinse il concorso per primo violino in un Teatro di Parigi), era figlio di Rosario Barresi (Salvina Miano, Il Teatro Mandanici e i teatri minori di Barcellona Pozzo di Gotto…, Ismez, 2011, p. 3), ma non abbiamo elementi per dire se fosse lo stesso Barresi librettista prima citato. Il marito di Giovannina Mandanici era forse un fratello di Giuseppe, e/o figlio di Rosario?
Il segretario del Comitato Mandaniciano, Enzo Manteria, tenne i contatti con i discendenti di Mandanici, nelle persone di Giorgio Bruno Barresi, figlio della contessa Maria Barresi Silvestri (figlia del colonnello), e delle zie Maria e Ada (Nello Cassata, Storia di Barcellona Pozzo di Gotto, Ila palma, Palermo, 1982, Vol. III, p. 85). La contessa Maria Barresi Silvestri, che viveva a Roma (lo apprendiamo dalla tesi di laurea di Maria Morganti Privitera, Placido Mandanici, vita e opere, Università di Messina, A.A. 1981-82, p. 87), nel 1963 donò al Comitato Mandaniciano copie di musiche e lettere di Mandanici, adesso custodite alla Biblioteca Comunale (Nello Cassata, Placido Mandanici musicista e patriota, in “Mezzagosto messinese 1963”, pp. 44-47; Nello Cassata, Storia…, p. 85-86). Questo è quanto sappiamo fino ad ora dei discendenti diretti del musicista dalla parte della figlia Giovannina. Dell’altro figlio, Paolo, al momento non conosciamo nulla.