- di Marcello Crinò -
«E’ difficile trovare, lungo i percorsi della civiltà, una terra che, a parità di superficie, abbia un carico di storia paragonabile – per antichità, densità e varietà – a quello dell'Isola che Diodoro Siculo ha definito “la più bella” (kalliste nesos) e che, a causa della molteplicità delle lingue che vi si sono parlate, ben merita anche l'appellativo di “Isola delle lingue”». Questo scrive della Sicilia Carmelo Geraci nell’introduzione al suo libro fresco di stampa “La triplice sponda. Popoli e lingue di Sicilia”, Gangemi Editore, Roma, 2019, pagine 240.
Carmelo Geraci, nato a Barcellona Pozzo di Gotto, vive ed opera a Roma, dove è stato magistrato della Corte dei Conti, ha svolto per lungo tempo un’impegnata attività di mediazione culturale nel campo della scienza giuridica, curando, con traduzioni, introduzioni e commenti, l'edizione italiana di opere fra le più significative del pensiero giuridico europeo e nordamericano (Kelsen, Merkl, Hauriou, Holmes, Maitland, Wade) e di opere di filosofia politica (Strauss, Sebba). In campo letterario, ha tradotto, introdotto e commentato “Viaggio intorno alla mia camera-Spedizione notturna intorno alla mia camera” di Xavier De Maistre (1999). Per quest'attività ha ricevuto il “Premio della cultura” della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1976), il “Premio nazionale della traduzione” (1996) e il siciliano “Premio Colapesce” (2001).
Il volume sulla Sicilia è il primo di due che tratteranno la storia della Sicilia dai primi contatti con il mondo miceneo fino all’avvento dei Borboni, con particolare attenzione agli influssi che le lingue via via parlate nell’isola hanno avuto sul dialetto siciliano.
Il libro si apre con un bel capitolo “Tra storia e mito: la Sicilia prima dei greci” dove vengono raccontati, seppur in maniera sintetica, i miti greci in relazione alla Sicilia. Nel capitolo dedicato alla Sicilia greca sono analizzate le modalità di colonizzazione greca in Sicilia, le monete coniate, i vari dialetti greci, le colonie da Naxos (734 a. C.) a Imera (648 a. C.). Si sofferma sulla Sicilia punica (fenicia), per passare alla Sicilia romana per chiudere con il corposo capitolo dedicato alla Sicilia bizantina. I Romani intervengono per la prima volta militarmente nell’isola nel 269 a.C. con la battaglia del Longano, svoltasi presso Mile, l’antica Milazzo. Una successiva battaglia avvenne nelle acque di Milazzo nel 260 a. C., con Caio Duilio che sconfisse i Cartaginesi. Geraci affronta il tema di quale lingua si parlasse allora in Sicilia. Le classi colte parlavano anche in latino, il popolo in greco. In epoca bizantina anche la minoranza colta abbandonò il latino e tornò al greco. Si sofferma sui culti, sulle catacombe e sulle monete.
Il capitolo finale dedicato alla Sicilia bizantina, il cui arco di tempo è compreso tra il 535 e il 965, mentre l’Impero bizantino si sviluppa dal 324 al 1453, dicevamo è il più corposo. In esso l’autore offre notizie storiche, anche in relazione alla Chiesa, parte integrante delle Stato. Si sofferma sul monachesimo greco (basiliano), sul ruolo dei contadini, della colta società bizantina, analizza le lingue mettendo a confronto i termini del dialetto isolano con il greco e il latino, parla del lascito dell’architettura, come le “Cube”, la viabilità dell’isola, l’ordinamento interno delle città, la situazione economico-sociale, l’agricoltura, le monete, la cultura, l’innografia, le vite dei santi siciliani. Non tralascia nulla nel suo affresco della Sicilia. In appendice fornisce un’utilissima cronologia dei principali avvenimenti siciliani e un’ampia bibliografia, riferita principalmente alle opere fondamentali o classiche, mentre gli studi di dettaglio sui singoli argomenti soni indicati nelle note a piè pagina di ciascun capitolo.
Il libro è inserito nella collana “Nuovo Millennio” diretta da un altro barcellonese, il professor Francesco Mercadante, filosofo del Diritto, già docente all’Università di Teramo e alla Sapienza di Roma.
8 maggio 2019