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Messina in nero, Messina libera

Scritto da  Apr 26, 2013

 

 

- di Alessandra Basile -

Messina iniziò a dipingere il suo   volto di nero il 12 ottobre del 1920, data in cui, in seguito a riunioni   informali di alcuni esponenti locali appartenenti al ceto delle professioni,   si costituì il Fascio di combattimento.
 
  Responsabile del movimento, il ragioniere Romano Macrì, che inviò un   telegramma di saluto a Benito Mussolini, dichiarando la costituzione del   Fascio e inserendo anche i nomi di coloro che ne presero parte.
 
  La prima manifestazione pubblica dell'avanguardia fascista avvenne subito   dopo le consultazioni comunali, quando il PSI messinese organizzò un   congresso regionale che si svolse dal 12 al 15 novembre. L'insuccesso   socialista alle elezioni comunali dei primi di novembre incoraggiarono le   azioni offensive del neonato movimento fascista. Per fortuna negli scontri in   piazza non ci furono vittime, né feriti, ma la reazione socialista si   tradusse in uno sciopero generale.
 
  Fino alla Marcia su Roma, comunque, il fascismo messinese non riuscì a   condizionare in maniera rilevante la vita politica della città. Rimase ciò   che era già alla vigilia delle elezioni del 1921, un movimento che faceva   della violenza contro gli avversari politici la sua forza e l'arma della sua   lotta politica. Nei mesi successivi si verificarono con maggior frequenza,   episodi gravi di violenza che causarono morti e feriti.
 
  Alla vigilia della Marcia su Roma, nell'agosto del 1922, il prefetto Pietro   Frigerio, personalità molto vicina al partito di Mussolini, applicò una   normativa governativa per il riordino del pubblico impiego. Oltre agli   ambienti massonici, fu colpita dall'atto anche la classe operaria. Ventisei   operai, infatti, vennero licenziati dalle Ferrovie dello Stato. Immediate le   reazioni della popolazione cittadina. L'opposizione al fascismo scese in   piazza con il Movimento del Soldino: i manifestanti si fregiarono di una   moneta raffigurante il sovrano, in segno di sfida a Mussolini e di deferenza   al re. Nel 1923 il prefetto Frigerio scrisse:"Non si può sperare di   rendere d'un colpo fascista la città. In un primo momento basta intonarla al   fascismo. Sarà un notevole successo se avremo la città simpatizzante e se   avremo neutralizzato il lavoro dei sabotatori del governo. Più in là in un   secondo momento che non può essere immediato avremo la vera affermazione   fascista".
 
  Il 22 giugno del 1923, la città si preparò a ricevere la visita di Benito   Mussolini. Il segnale più importante che diede inizio alla fascistizzazione   di Messina, fu il colloquio che Mussolini ebbe con monsignor Angelo Paino, da   pochi mesi arcivescovo della città. Alla fine dell'incontro Paino   dichiarò:"Ebbi dal duce più di quanto mi aspettassi, più ancora di   quanto richiedessi. Dovevo imporre un limite alle mie richieste, visto che   lui non sapeva porre un limite alle sue concessioni".
 
  In effetti il colloquio si tradusse in una forte accelerazione della   ricostruzione degli edifici ecclesiastici, distrutti o danneggiati, dal   sisma. A parte gli aspetti politici, il consenso unanime della città verso la   dittatura si basò sulla constatazione generale che, se ancora tanto restava   da fare nell'opera di ricostruzione della città, moltissimo era stato fatto,   al punto che agli inizi degli anni Trenta si potevano considerare conclusi i   due terzi circa dell'opera di ricostruzione.
 
  Grandi strutture pubbliche furono completate a cavallo fra gli anni Venti e   Trenta, in particolare l'università, il tribunale, il municipio, la Galleria   "Vittorio Emanuele", il Duomo con il campanile.
 
  L'opinione positiva nei confronti del regime, condivisa dalla maggioranza   della popolazione peloritana, si rafforzò con la nuova visita di Mussolini   nel 1937. La stampa locale enfatizzò il suo arrivo che avrebbe poi suscitato   l'entusiasmo cittadino.
 
  La Gazzetta quella mattina titolò "Oggi viene a Messina l'uomo più   grande del mondo intero". Mussolini, entusiasmò la folla,   promettendo che il governo si sarebbe impegnato a smantellare completamente   le baraccopoli ancora presenti in città, ma l'entrata in guerra dell'Italia   impedì il compimento dell'opera di ricostruzione. Così il Paese partecipò   alla seconda guerra mondiale (1939-1945) alleandosi con la Germania di   Hitler.
 
  Messina, per la sua posizione geografica e per il suo porto, divenne   inevitabilmente uno degli obiettivi militari primari delle forze inglesi. A   un mese dall'ingresso in guerra, la squadra navale di stanza a Messina si   scontrò nelle acque di Punta Stilo, con una squadra inglese. In seguito la   città fu vittima di attacchi alla struttura urbana, alle installazioni ferroviarie   e portuali, dai primi di gennaio del '41, con periodiche incursioni aeree e   diverse decine di morti tra la popolazione.
 
  Nel giugno dell'anno successivo iniziò l'esodo dei messinesi verso i centri   della provincia meno minacciati dagli attacchi aeronavali. Messina, negli   anni della seconda guerra mondiale, vide cancellarsi l'opera di ricostruzione   iniziata dopo il terremoto del 1908. Si calcolò che il 75% degli edifici   ricostruiti venne distrutto dai bombardamenti, con la morte di oltre un   migliaio di messinesi.
 
  Il 10 luglio del 1943, iniziò una nuova storia per Messina: le truppe   angloamericane sbarcarono in provincia di Siracusa e qualche giorno dopo la   caduta del fascismo, il 31 luglio, il commissario Catalano lasciò il suo   incarico e il prefetto Federico Solimena nominò al suo posto un funzionario   dell'amministrazione provinciale, Francesco Miceli, che guidò il comune fino   all' occupazione/liberazione angloamericana della città, che si realizzò il   17 agosto. Le truppe alleate entrarono in città senza dover fronteggiare   alcun combattimento o resistenza. L'esercito italiano era ormai in fase di   disfatta e i tedeschi pensavano solo a non restare lì imbottigliati e quindi,   desideravano solo fuggire verso "il Continente". Gli   angloamericani erano a tutti gli effetti ancora dei nemici, ma vennero   accolti come liberatori dalla popolazione, felice della fine della guerra.

Ultima modifica il Domenica, 23 Ottobre 2016 05:00
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