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Piazza Municipio

-di Marco Giuffrida-

Grande.
Grande con le sue palme alte e la scalinata che porta all'edificio comunale.
A fronte mare.
Era il ritrovo di molti appassionati di aeromodellismo.
La domenica mattina, con il tempo bello, si poteva assistere alle evoluzioni di qualche esperto che, girando su se steso, tratteneva, per mezzo di due sottilissimi fili di acciaio, dei piccoli aerei a motore a scoppio, a cui faceva compiere le più incredibili evoluzioni.
Il "riferimento" di questa attività, lo conobbi e diventammo amici, era tale Donatello Romano.
Un incredibile giovanotto, alto, magro, con capelli e barba rossi e con la testa che era peggio dell'Etna per la quantità di idee che era capace di eruttare.
Si era costruito, perfino, uno scooter, utilizzando il motore e la struttura di un ciclomotore dei paracatudisti inglesi o americani. Aveva forgiato una carrozzeria che copriva tutto e che faceva assomigliare, questo mezzo, ad un panino. Uno di quei panini quasi ovali, all'olio, che cominciavano, assieme al pane comune, ad essere sfornati.
La domenica, dalle nove in avanti, Donatello era lì con i suoi modelli da far volare.
Li aveva portati, con il suo motorino color panna, i piccoli aerei smontati, legati in qualche modo sulle spalle, e, ancora, una gran borsa a tracolla con gli attrezzi ed una lattina di carburante, una miscela a base di benzina ed etere.
Parcheggiava in un angolo il suo mezzo giallo e trovava già lì, in Piazza Municipio, qualche volontario appassionato, pronto ad aiutarlo.
Stendeva i fili, li collegava all'ala del modello che rapidamente aveva ricomposto, poi, dopo avere riempito il serbatoio con una grossa siringa di vetro, faceva girare l'elica perché il combustibile arrivasse fino al cilindro.
Lui sapeva quale era il momento giusto.
Con, alcuni rapidi ed attenti colpi dati con le dita e un po' di fortuna, faceva girare l'elica ed il motore, scoppiettando, cominciava a girare.
Un rapido controllo alla carburazione e, posando il modello a terra, lo affidava a un volontario perché lo tenesse per la coda.
Lui correva alla manopola posata a terra da dove partivano i sottili fili d'acciaio.
Velocemente, con un'occhiata, controllava che non fossero ingarbugliati.
"Al mio via!" gridava al volontario, superando a malapena il frastuono acuto del motore che girava al massimo.
"Al via", ripeteva l'aiutante.
E, qualche secondo dopo, l'aereo si librava velocissimo nell'aria eseguendo, docile, tutti i comandi che, attraverso questi fili, venivano impartiti.
E Donatello girava su se stesso, seguendo, soddisfatto, le evoluzioni che faceva compiere alla sua "creatura".
La sua barba ed i suoi capelli rossi, ramati, scintillavano quando venivano raggiunti dai raggi del sole e lui sorrideva e si beava di ciò che era riuscito a costruire e, soprattutto, di come riusciva a far funzionare i suoi modelli.
Anche lui, volava e girava e volava e, chi sa quanto andava lontano con quella sua danza!
Era soddisfatto e felice e lo si capiva dall'espressione dei suoi occhi vivacissimi ed attenti
La gente, in circolo ed a debita distanza, osservava curiosa.
Con il suo aiuto ed i suoi consigli, noi più giovani ci cimentammo nella costruzione di "cose" più semplici e, soprattutto, prive del costosissimo motore:
Veleggiatori, libratori e piccoli modellini con il motore ad "elastico".
Usavamo le scale, che portavano al Municipio, come comoda rampa di lancio.
La brezza che arrivava dal mare consentiva delle stupende e lunghissime planate mentre accarezzava la chioma delle palme che circondavano Piazza Municipio.

Ultima modifica il Giovedì, 06 Ottobre 2016 17:14
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