Login to your account

Username *
Password *
Remember Me
rfodale

rfodale

 

Ininterrottamente da oltre due secoli ormai, il 22 agosto di ogni anno, si celebra ad Antillo, con sincera devozione e grande partecipazione di fedeli, provenienti anche dai paesi limitrofi, la festa in onore della Patrona, S. Maria della Provvidenza. Si tratta di una festività religiosa (per i locali la “Festa” per antonomasia) particolarmente sentita ed attesa nella comunità antillese, soprattutto tra gli emigrati compresi quelli che, per vari motivi, ad agosto non possono rientrare nel paese natio.
A distanza di due secoli la tradizione rimane inalterata e, puntualmente, il 22 agosto non appena la Vara con la Sacra Immagine viene posta sul portale della Chiesa, la Piazza stracolma di fedeli viene invasa dal crepitìo assordante della “moschetteria” e da migliaia di tagliandini inneggianti a S. Maria della Provvidenza.
Ed è in questo clima di sincero fervore e di autentico tripudio popolare che, accompagnato dal locale Corpo Bandistico “Vincenzo Bellini”, prende il via il Corteo religioso in cui continuamente la componente religiosa si fonda armoniosamente con elementi folcloristici come i caratteristici slogan che acclamano S. Maria della Provvidenza: “Evviva, Evviva S. Maria di la Pruvvidenza/e cu ‘cchiù beni la voli ‘cchiù forti la ‘gghiami/Evviva la Gran Signora Maria”, gridati a squarciagola, ininterrottamente, dai fedeli che si assumono l’estenuante, ma ambito incarico di portare “a spalla” la Vara con il Simulacro lungo l’intero percorso della Processione. A mano a mano che il Corteo percorre l’itinerario prestabilito che attraversa le arterie principali del paese: le vie C. Battisti, Messina, Roma, Europa e le frazioni Staiti, Ferraro, Cicala, Canigliari, l’arrivo della Patrona nei vari quartieri viene accolto dalla consueta salva di colpi di mortaio. Solo quando è notte fonda, il Corteo religioso, preceduto dalla Croce e dagli stendardi dei vari Ordini Religiosi, fa il suo rientro in Chiesa tra gli ormai usuali colpi di mortaio e tra le ovazioni e gli applausi scroscianti dei devoti.
La folla, intanto, dopo aver fatto tappa in Chiesa per tributare l’ennesimo riverente saluto alla Sacra Effigie, si avvia, con calma, nei pressi della fontana Acquavena ed in altri punti panoramici della zona per assistere “o giocu focu”, l’attesissimo spettacolo pirotecnico che conclude i festeggiamenti in onore della Santa Protettrice di Antillo.

Quando qualche anno fà fu ventilata l’eventualità che si ponesse fine alla Processione delle Varette dei Venerdì Santo, ci fu una reazione unanime contro quei religiosi: che, giudicando tale rito alla stregua di una sfilata dl carri allegorici dl Carnevali avrebbero voluto troncare ogni manifestazione che potesse profanare la sacralità della liturgia. Quegli uomini di chiesaa non tenevano conto che nella religiosità del popolo ' siciliano - come dice Sciascia in "Feste religiose in Sicilia" - si mescolano sacro e profano, misticismo e materialisrno.


Le Processioni dei Misteri per altro son nate in epoca barocca sotto la spinta del' Controriforma ed esaltano la partecipazione della folla dei fedeli che diventano protagonisti dell'evento liturgico, rivelando tratti caratteristici del loro modo di essere e la loro indole profonda.
Cantare la visilla - come si fa a Barcellona - "ca manu a ricchi" al modo di un canto canto profano, significa certo snaturare tradizioonale canto liturgico, ma ciò rivela un tratto caratteristico dell’anima barcellonese, chiassosa e sanguigna, estroversa e teatrante, ben diverso dal modo di vivere la religiosità dei pozzo ottese.


Pozzo di Gotto infatti i riti della settiman Santa hanno mantenutoi intatti i tratti di una rclígiosità più composta e meno gridata, retaggio forse forse dei contesto di ` pietà collettiva ' in cui - secondo A.S.Barresi - Processione pozzogottese era nata nel XV secolo come montento di coagulo (delle rivendicazioni autonomistiche della comunità pozzogottese da Milazzo.
Attraverso le manifestazioni esteriori della festa si rivelano dunque i connota diversi delle due comunità che fino a poco più di centocinquant'anni fa facevano parte di due distinti comuni. Sicchè le due Processioni - che ancora oggi si svolgono autonomamente nei rispettivi territori di Pozzo di Gotto.


Barette Barcellona

GRUPPI STATUARI, PATROCINATORI, ARTISTI
I gruppi statuari o singole statue sono tredici per ciascuna delle due Processioni delle Varette. Essi sono stati realizzati in vari rnomenti ad opera di patrocinatori antichi e moderni, confratenità, maestranze o famiglie private.
Confralernità
- Pozzo di Gotto: S. Ausenzio (Ecce homo), SS. Sacramento (Crocifisso), Anime del Purgatoio(Addolorala).
- Barcellona: SS. Crocifiisso (Crocifisso), SS. Giovanni Battista (Urna con Cristo morto, Addolorata), Immacolata (Ecce homo).
Maestranze
- Pozzo di Gotto: Carpentieri, murifabbri, falegnami (Cena), Villici del contado, Sodalizzi cattolici (Cristo nel Getsemani), Circolo ricreativo (Pie donne).
- Barcellona: Bottai, agrumai,spiritari (Cena), Carpentieri, fabbricatori di carretti (Cristo nel Gelzcmani), Murifabbri (Cristo alla colonna), Quartalari e vasai (Cristo porta la Croce), Sarti e bottegai (Cristo alla cascata), Falegnami (Crocifisso), Appaltatori edili (Cristo deposto dalla Croce), Pescivendoli (Pietà), Macellai (Cristo portato nel sepolcro).
Famiglie
-Pozzo di Gotto : Cattafi, Pino, Cutropia, Stracuzzi, Isgrò, Miano, Pettineo, Rizzo, Basilicò, Bartolone, Cambria, Pantè, Caruso, D'Amico, Romano.
- Barcellona: Lo Presti, Fugazzotto, CCalarco, Moleti, ,Munafò, Biliardo, Alosi, Porcino, Bisignano, Rotella, Russo, Agrì, Sidoti.


Tra gli artisti ricordiamo Matteo Trovato di Barcellona che, su commissione di Padre Domenico Buda, cappellano di S. Giovanni, scolpì alcune delle statue più antiche che vengono processionate dagli inizi del 1800 (in particolare Cristo alla caduta) e Giuseppe Rossillo di Pózzo di Gotto che nel 1870 scolpì in legno dl cipresso il Crocifisso. "U Signuri a cascata" dei Cappuccini di Pozzo di Gotto è stata scolpita dal messinese Giuseppe Fiorello nel 1911. Riportò il I° Premio con medaglia d'oro alla Esposizione Internazionale di Roma per l'intensità espressiva dei volto dei Cristo e per la scelta della posizione del corpo schiacciato dalla Croce

 

 

 

 

SAN CONO NAVACITA, CON UNA SECONDA E TERZA APPARIZIONE, ORDINA
CHE IL SIMULACRO DELLA VERGINE VENGA RIPORTATO A CAPO D’ORLANDO

 

Quantunque il popolo di Naso, sbigottito pei terremoti, che, come abbiamo accennato, si succedevano quasi senza tregua, pensasse di dover restituire il prodigioso Simulacro della Vergine a Capo d’Orlando, pure non riusciva ad effettuare tanto, perchè non sentiva la forza di privarsi di un tale venerato tesoro.


Il dì 12 febbraio del medesimo anno 1529, sulla Torre d’Orlando, come già la prima volta, nelle sembianze di pietoso pellegrino, riappariva - d’improvviso - ai Raffa S. Cono Navacita: “Voglio, egli dice a loro, con accento dolce, ma risoluto, voglio che qui si veneri la Madonnina, che già ho portato. Per essa di edifichi un santuario su questo medesimo suolo!... Dette tali parole, spariva.… Si recavano subito a Naso i raffa per denunziare la nuova apparizione. Di tanto si dava partecipazione al Conte Girolamo Ioppolo, dimorante a Messina. Conferiva questi con quell’Arcivescovo, Mons. Velardi della Conca, dal quale otteneva la debita licenza per l’erezione del Santuario sulla Collina di Capo d’Orlando.

Nel porre, però, mano a tale opera, sorgeva serio litigio nel popolo: V’eran quelli, che volevano che il sacro edificio venisse fabbricato in modo d’avere il prospetto di fronte al mare e v’erano ancora degli altri, che lo volevano nella parte opposta.

Fu sì vivo ed insistente il dissenso, da venire sospeso, per ragioni di prudenza, ogni lavoro nell’attesa di poter raggiungere un accordo dalle parti contendenti. A togliere ogni controversia, però appariva, ancora una volta, ai Raffa, il dì 12 maggio 1600, nell’atrio del castello di orlando, S. Cono Navacita. Rivolgendosi a costoro, indicava chiaramente il sito, sul quale doveva elevarsi il Santuario, disponendovi tre pietre a determinare i confini.


La notizia di questa terza soprannaturale apparizione si divulga, in un baleno, da per tutto.


L’arciprete di Naso, Don Giovanni Vallerano, a perpetua memoria, redigeva, secondo le norme dei Sacri Canoni, un vero processo, descrivendo minutamente tali straordinari avvenimenti, che documentava con le testimonianze giurate dei Raffa e di altre persone degne di fede al Conte di Naso Girolamo Ioppolo, il quale si recava di persona al Capo di Orlando, dove dava ordine di ridurre in miglior forma il castello e disponeva nel contempo l’inizio della fabbrica del Santuario.

 

La "Festa del Convito" ha le sue origini nella civiltà greco-romana. Nell'anno 1298, regnando Federico 2° in Sicilia, avviene il riordinamento degli ordini religiosi e in particolare il culto per S. Nicola. Nel lontano XIV secolo si verificò in Roccavaldina un miracolo per intercessione del Santo che aumentò maggiormente la devozione per Lui.

Si narra infatti, che in questo secolo, anche se si sconosce l'anno esatto, che la Sicilia fu colpita da una terribile carestia, causata da una prolungata siccità Questa siccità si prolungò da Gennaio a Giugno per cui la popolazione rimase senza alimenti di base.

Vi furono grandi morie di persone e animali. Gli abitanti di Roccavaldina che avevano grande fede per S. Nicola, si riunirono tutti in preghiera per un'intera nottata e all'alba portarono in processione il quadro del Santo.

Quando la processione arrivò nel quartiere denominato "Basso Casale` i roccesi intravidero Uh bastimento nel Mar Tirreno e precisamente nel tratto Manforte Marina e Ponte Gallo. Incuriositi per la presenza del bastimento che si avvicinava verso la spiaggia, alcuni cittadini si avvicinarono per chiedere spiegazioni.

Il colloquio però divenne impossibile poichè tra i roccesi e i marinai non vi era una lingua comune. Il capitano allora tiro fuori un biglietto con la scritta: "Alla gente di Rocca" di questo documento riportiamo il contenuto.


Supplica
Dell'afflitta Università della Rocca
il suo Amatissimo Padre e
Protettore S. Nicolò per mano
degli innocenti ed afflitti fanciulli
di essa ne 1793
Gloriosissimo Santo de, miracoli, a
Protettore di questa vostra devotissima
Università della Rocca
Amatissimo 


Trovandosi questa vostra affettuosa devotissima Università troppo afflitta dalla scarsezza di viveri, e specialmente del frumento, per cui è provata nelle famiglie una sensibile pena, e vi è fondato timore di mali maggiori, vedendo il Popolo preclusa la strada di ogni umano soccorso, perché attentatissimamente, finora ha potuto ottenere a prezzi esorbitanti scarsa quantità di frumento per il sostegno della sua vita corporale, e dietro la più esatta diligenza ha sperimentato incredulilo il cuore dei ricchi, e dei mercadanti a non volergli dare in soccorso denari necessari per la compera di tale frumento, e conoscendosi indegno di essere da Dio esaudito, e da voi protetto per le gravi sue colpe e peccati, ha pensato di farvi pregare dagli innocenti fanciulli, che per cagione dei peccati più di tutti sentano la pena delle comuni afflizioni.


E' però merce questa affettuosissima supplica vi prega, che avendo voi riguardo alle lagrime di tanti innocenti, e teneri fanciulli che chiedono il pane, ed il necessario al sostegno della loro vita, e di tutta l'afflitta Università, vi compiaceste qual Protettore Amatissimo della stessa e pregar il misericordiosissimo Dio, che pei meriti vostri aprisse in soccorso di tutto il Popolo vostro divoto i tesori della sua divina Provvidenza. Degnatevi dunque a vista di questa supplica presentarvi dalle lagrime, e dalle mani degli innocenti, Santo presso Dio potentissimo, provvedere i giusti e peccatori, provvedete di pane, provvedete di danari, provvedete di tutti i necessari alimenti il popolo vostro.


Così esige la Vostra gloria e l'onor Vostro, giacché siete il Protettore, dato dall'Altissimo alla Rocca. Così spera, così dimanda il popolo afflitto. Così gridano colle voci, e colle lagrime tutti i fanciulli: Santo Nicolò: Pane Provvidenza.
Cossì impegnatevi che sia.
Fiat. Fiat 


I Roccesi, contenti di tale notizia, scesero in massa verso la spiaggia e videro che il bastimento era stracolmo di sacchi contenenti riso, per cui ogni persona prendeva un sacco e lo portava al paese. Giunti in paese, i Roccesi si convincevano che questo era un miracolo concesso da San Nicola e ricchi e poveri si riunirono in preghiera per ringraziare e organizzare festeggiamenti in onore del Santo. Per prima cosa si pensò di fare il sacrificio del giovenco ma, si narra che, per trovarlo dovettero andare nelle valli sotto Taormina. Trovato il vitello di colore nero e grasso lo addobbarono con ornamenti e lo portarono in processione per tutta la città. Dopo la processione venne fatto il sacrificio con tutto il rito pagano cioè con la testa che viene staccata al giovenco. Dopo di che il sacerdote afferratolo per le corna le mostrò ai presenti e successivamente la lasciò bruciare nel fuoco insieme alle budella. Oggi questo compito lo svolge il macellaio. I ricchi intanto organizzarono un grande banchetto pubblico con riso cotto nel brodo di carne del vitello sacrificato, senza sale in segno di sacrificio, insieme alla carne lessa del vitello. Ancora oggi questo rito si svolge con due cortei: il primo parte dalla Chiesa Madre con la statua di San Nicola in testa, seguito da una banda musicale per incontrarsi con l'altro corteo, in testa al quale sono le caldaie con le vivande ed un'altra banda musicale.


I cortei provengono il primo da Piazza Duomo, il secondo dal luogo dove sonostate cucinate le vivande. L’incontro dei due cortei è il momento più toccante della festa.


A questo punto i due cortei ne formano uno solo e tutti proseguono verso la Piazza dove si svolgera il “Convito”
ANNI:
1780 1953
1825 1969
1845 1980
1880 1986
1912 1991
1933 2000...


A1 primo Convito (1780) sedettero i più umili, serviti dai nobili in forma di umiliazione. Fu tanta la folla che vi partecipò, proveniente anche da paesi lontani, che si dovette cucinare altro riso che, per miracolo, sembrava non finisse mai.


Negli anni più recenti si sostituì al quadro la statua di San Nicola. Ancora oggi, dopo tanti secoli, la fede per San Nicola e la festa del Convito si sente viva e fervida. Questa festa si svolge in Roccavaldina nei primi giorni di Agosto, non prima di cinque anni dalla precedente e non dopo i cinquant'anni. La festa, antecedente all'anno in corso, si è realizzata nel 1991..

Lavoro di gruppo realizzato da:


Antonuccio Antonio
Antonuccio Dorotea
Cannone Antonio
Danzè Carmen

 

Ogni anno la seconda domenica di agosto si festeggia la patrona del paese, S. Lucia, organizzata dall'omonima confraternita a festa è vissuta in due momenti: le scene del martirio della Santa che viene raffigurata da una bambina che vestita di bianco viene portata a spalla da un uomo per il centro storico ed è simbolicamente collegata dai fianchi con una corda a due vacche, i giudei, nei costumi dell'epoca, sono coloro che tirano la fune.


Davanti alla bambina, vestito di rosso e con il viso coperto da una maschera lignea, c'è il "diavulazzu" che è insieme alla Lucia, il personaggio principale della scena che agitando una forcella rappresenta il diavolo tentatore.

Nella scena finale, le vacche scappano sciogliendo il nodo che li lega alla Santa e il diavolo si da alla fuga, il tutto espressine della vittoria del bene sul male.
A questo punto ha inizio la funzione religiosa con la processione per le vie del paese di S. Lucia Vergine e Martire, portata a spalla dai fedeli savocesi.

 

Chi non ha visto la festa dei giudei in S.Fratello, ignora una delle note più singolari e caratteristiche di cronaca siciliana, nei giorni solenni di mercoledì - giovedì e venerdì santo.


La festa dei giudei, a S.Fratello, è un retaggio degli antichi riti medievali., arrivati in Sicilia intorno al XIV secolo. Provenienti dall'Umbria, le cerimonie quaresimali , con le confraternite pronte a manifestare pubblicamente al "Cristo Crocifisso" il pentimento delle colpe commesse, sopravvivono, ancora oggi, nella zona dei Nebrodi nei giorni della settimana santa.


La festa dei giudei di S.Fratello è forse il più spettacolare ed il più etnologicamente significativo rito, essendo la testimonianza della capacità di un popolo di "far sua la festa" , di intuire dietro la celebrazione dei misteri il senso drammatico della vita.


Ricercatori, studiosi di folklore giudicano eccezionale questa festa che accosta il sacro ed il paga-no. I giudei di S.Fratello rappresentano, infatti, il contraltare del triste e transitorio periodo in cui la chiesa ricorda il sacrificio del Cristo Crocifisso.


I giudei derivano dalla celebrazione del dramma sacro della passione, in cui una volta comparivano tutti i personaggi del vangelo e sui quali il ruolo del giudeo, trasgressore del silenzio e della meditazione, ha preso il sopravvento. Ma c'è chi pensa (N. Buttitta, i " giudei " di S.Fratelo ) che il frequente trasferirsi e confluire di un rito in un altro, agevolato d'altronde dalla mobilità calendariale di molte feste, in alcuni paesi abbia trasportato il carnevale nella pasqua cristiana, come sembra essere avvenuto a S. Fratello.

Chi è il giudeo

sono abitanti del paese che per tre giorni; sotto il particolare abbigliamento assumono la stessa identità e ruolo di giudei.
I giudei sono gli uccisori di Cristo, che nella rappresentazione della passione, nelle ore in cui cristo viene condannato e crocifisso, essi demoniacamente si scatenano.


In passato più che attualmente i giudei erano per lo più contadini e pastori che sotto quel travestimento venivano a godere per tre giorni di certi privilegi, di certe, libertà. la parte più oppressa, più misera della popolazione di S.Fratello in quell'occasione, mettendosi nel ruolo di un popolo non meno oppresso e perseguitato dal potere e dalla povertà si levava a beffeggiare, ad insultare, a colpire e ad arridere al sacrificio della croce.
La festa dei giudei di San Fratello nel trascorrere del tempo è rimasta fedele al suo originario spirito religioso e non è mai caduta a semplice funzione di spettacolo. Anche se oggi coloro che si nascondono sotto la maschera sono per lo più giovani di ogni ceto sociale che, in maniera esibizionistica, amano farsi notare cantando canzonette, facendo salti, corse, sgambetti, saggi di equilibrismo, rumore di catene, squilli di tromba e, perché no, alzare un po il gomito mangiando prelibatezze pasquali fatte in casa.


Inizialmente, nel lontano medioevo, la sacra rappresentazione era meno vistosa e niente affatto libera come in età moderna.
I giudei non suonavano trombe, ma scorrazzavano per le vie, si limitavano, solo, a seguire il nazzareno - un popolano che ne interpretava il ruolo- fino ad una chiesetta detta del calvario, in fondo all'abitato (distrutta dalla disastrosa frana del 1922).


In epoca imprecisata.,- l'attore che impersonava il crocifisso venne a mancare ; la tradizione non si spense ma si trasformò, uscì dagli schemi originari delle sacre rappresentazioni e divenne più libera. Ed in tal modo si ripete ogni anno. "

 

Il  2 agosto è la festa di S. Basilio: la vara, ornata di fiori e basilico profumato, viene portata in spalla dai devoti che implorano le grazie gridando:

Razii, S.Basili! E chiamamilu cu vera firi! Viva Diu e San Basili! (Grazie S. Basilio! E chiamiamolo con vera fede! Viva Dio e San Basilio!).

La processione che si svolge sotto il solleone e si conclude intorno alle ore quindici, è caratterizzata sempre dai viaggi del Santo e da decine di TORCE portate dai devoti, che precedono e seguono la vara (Le torce sono ceri alti circa un metro ornati di basilico, fiori, nastri e foulards).
La sera S.Basilio viene riportato nella sua Chiesa ed i festeggiamenti terminano con i fuochi pirotecnici.

 

- di Giovanni Cammareri -

 

Capitolo primo, dalla strada delli Biscottari ch'era nei pressi della chiesa di santa Maria delle Grazie a quando la statua ufficiale del santo giungeva in città.

Calendario

« Novembre 2024 »
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30