Nella piazza dei Catalani si trova il monumento a Don Giovanni d'Austria che il Senato messinese aveva decretato, nel 1572, di erigere a ricordo della vittoria da lui riportata sull'armata turca il 7 ottobre 1571 nelle acque di Lepanto, al comando delle flotte riunite della Lega Cristiana propugnata da Pio V.
Le navi pontificie, veneziane, genovesi, savoiarde, spagnole, siciliane si erano radunate a Messina ove le aveva raggiunte il figlio di Carlo V per assumerne il comando.
A Messina le navi erano ritornate dopo la vittoria conducendo con sé le spoglie dei vinti.
La statua è posta su un alto piedistallo marmoreo riccamente ornato di un fregio sul quale sono scolpiti arabeschi, parti di armatura, uno scettro, l'insegna del Toson d'Oro.
Quattro grandi targhe bronzee, incassate nel marmo che le incornicia, concorrono a formare l'equilibrata monumentalità dell'opera: in esse, scrisse il geografo Sebastiano Crinò, si legge più che in un libro.
Nel bronzo del prospetto sono incisi i dati relativi alla costituzione della Lega; ai giorni della partenza della flotta cristiana dal porto di Messina; al numero delle navi, dei soldati, dei nemici catturati; ai nomi dei senatori che decisero l'erezione del monumento.
Particolare eleganza è conferita a questa targa dai bordi sobriamente accartigliati; sotto di essa, nella fascia marmorea della base, è scolpito il distico:
Gesta fidem superant Zancle ne longa vetustas / deleat haec vultusfinxit in aere tuos.
Sulle altre tre facce del piedistallo è la narrazione dei principali episodi dell'impresa, in un rilievo appena accennato, pochissimo prominente, quasi prodotto da leggero tocco di un martellino da sbalzu anziché colato in uno stampo. Il bassorilievo di destra presenta la disposizione delle due flotte in battaglia, con il profilo insulare delle Curzolari, e costiero dell' Acarnania, della Morea, del golfo di Lepanto; mentre in quello posteriore lo scontro è al suo culmine: alcune delle navi turche sono in fuga, altre si rifugiano sotto costa, sconfitte. Nell'ultimo, a sinistra, l'armata vittoriosa, rientra nel porto di Messina, con largo schieramento dalla lanterna di San Raineri agli ancoraggi nell'ospitale conca. In alto si stende, in veduta a volo d'uccello, l'impianto urbano della città cinquecentesca.
È opera di scattante vivacità. L'eleganza delle forme, l'impeccabilità stilistica del modellato, l'avveduta ed equilibrata naturalezza dei volumi le donano titoli innegabili di alto pregio artistico. Distrutte nel tempo le testimonianze illustri dell'attività di Andrea Calamech a Messina, dove si espresse quasi per intero il suo estro creativo, sia di scultura (Sant'Andrea nel Duomo e, pare, alcu¬ni monumenti funebri) che di architettura (Ospedale Maggiore, Porta Reale; palazzo senatorio, palazzo dei principi Balsamo di Roccafiorita o anche Grano, chiese di San Gregorio, San Nicolò dei Gentilmeni, Santa Barbara), il superstite monumento al vincitore di Lepanto resta unico ed efficace documento della sua multiforme genialità e raffinatezza.