- di Giuseppe Cavarra -
Un tempo le strade delle nostre città risuonavano delle voci “gridate” dai prestatori d’opera e dai venditori ambulanti.
Tàstala e viri ch’è bedda! [Assaggiala e vedi quanto è buona]: così gridava per le strade della Sicilia il venditore d’acqua allo zammù (anice).
Cunzàmu li piatti! [Ripariamo i piatti]: così gridava l’arrotino per le strade di Noto (Siracusa).
Cu’ havi capiddi di vìnniri? [Chi ha capelli da vendere?]: così gridava il compratore di capelli da donna per le strade di Palermo.
Senza focu addùmanu [Senza fuoco accendono]: così gridava il fiammiferaio per le strade di Siracusa.
‘A missa niesci,‘a missa [La messa esce, la messa]: così gridava lo “scaccino” sulla porta della chiesa per annunciare ai fedeli che il prete, già sull’altare, dava inizio alle finzioni.
Oggi ch’è primu lùniri di misi, la diasilla all’Armi Santi [Oggi che è il primo lunedì del mese, il dies irae alle Anime Sante (del Purgatorio]: così gridava il cantastorie cieco per le vie di Palermo per ricordare ai passanti che, essendo il primo lunedì del mese, era bene far cantare un dies irae in suffragio dei loro defunti.
Voci, usi e costumi che il rombo delle motorette e delle macchine ha cancellato dalle strade delle nostre città.
8 dicembre