- di Aristide Casucci -
Si sa che, intorno all’anno mille, in estremo oriente, la stampa era già un fatto di larga diffusione e si conosce anche che, qualche secolo dopo, gli operosi cinesi avevano la possibilità di stampare, cioè trasporre su un supporto cartaceo mediante un’impronta predefinita ed inchiostrata.
Preparare l’impronta era naturalmente difficoltoso, specie se questa matrice dovesse essere fatta su una tavoletta di legno duro tutta intera. A questo punto il filosofo cinese Pi-Cheng propose di farlo con dei caratteri mobili e, pertanto, componibili fra loro.
Fu il rientro dei viaggiatori dall’Oriente che rivelò nell’Europa l’arte della stampa e i relativi procedimenti; bisognerà però attendere il 1400, quando Johann Gensfkleisch Gutemberg, tedesco di Magonza mise a punto un sistema di caratteri mobili che, opportunamente composti fra loro, formavano una matrice da inchiostrare in grado di trasferire l’impronta tramite una pressa.
Questa persona ebbe una vita abbastanza movimentata e solo a trent’anni, dopo essere stato bandito dalla sua città, si trasferì a Strasburgo per impiantare la sua stamperia a torchio. Si era intorno al 1428.
Questa nuova tecnica dilagò in Italia immediatamente e a Roma, intorno al 1465, era attiva una stamperia, la prima, intestata a Giovan Filippo de Lignamine, di origine messinese.
Ad onore della verità storica fraPalermo e Messina nacque una diatriba sul primato di quale di queste due città avesse introdotto per prima in Sicilia l’arte della stampa. Potremmo dire che sull’argomento ognuno rimase con le proprie convinzioni: fatto sta che l’avvio effettivo in Messina dell’arte della stampa si deve al tedesco Heinrich Alding anche se Giuseppe La Farina, nelle sue note storiche, indica Errico Scomberg, anch’egli tedesco.
Dopo di lui operarono in Messina altri stampatori: tali, Rigo Forti che forse si chiamava Stark, Giovanni Schade,Giorgio Ricker e Guglielmo Schomberg. Oltre a questi pare che due fratelli fiamminghi Andrea ed Olivino Bethecar,alla fine, acquistarono le attrezzature di Alding introducendo nell’illustrazione dei testi la Xilografia (incisione a rilievo fatto su legno duro).
Il secolo successivo, 1500, vide l’affermarsi in città della famiglia Spira che coprì, col suo lavoro, tre generazioni; dove Pietro Spira pare sia stato il primo a produrre più di venti volumi con soste fra le varie edizioni; ciò ci induce a pensare che verso la metà del 1500 di libri a Messina ne dovevano circolare parecchi. Convinzione supportata dalla gran quantità di volumi stampati a Messina, ritenuti eretici dal grande Inquisitore di Sicilia, che era anche Vescovo di Patti.
In sostanza in città la stampa e la diffusione dei libri venne, in poco tempo, estesa e risulta che allo Spira, le autorità cittadine, pagavano fior di danaro per invogliarlo ad “imprimere la bona stampa”.
Altro stampatore messinese attivo negli anni 1585 e seguenti risulta essere stato Fausto Bufalini che viene ritenuto, nell’ordine di importanza, il secondo della città e che venne invogliato dalla Giurazia (autorità) con la cessione di un locale e con un lauto stipendio. A questo stampatore si devono opere cinquecentesche di rara bellezza e contenuto se solo si vuole pensare che era sto capace di fondere perfino caratteri in greco oltre a Xilografie ornamentali realizzate con matrici in rame e con stemmi e cornici rare e, principalmente, con le iniziali ornate.
Il capolavoro assoluto del Bufalini viene ritenuta l’opera di Filippo Gotho Breve raguaglio, in cui è raccontato, fra l’altro, il giubilo della città per il ritrovamento dei corpi di San Placido e compagni e, naturalmente, la storia dei martiri stessi. Illustrazioni di tutto rispetto contraddistinsero la pubblicazione.